Arieccoci qua...Ultimi d'Europa ancora una volta

Tuner ha scritto:
PS il declino dell'Italia è iniziato nei primi anni 80, non un anno fa e nemmeno otto anni fa.
Il declino dell'Italia è iniziato da prima, da molto prima, direi almeno dalla fine degli anni '60 - primi anni '70...
Bisogna però intendersi: su cosa si intende per declino, e soprattutto, declino rispetto a COSA...
Comunemente si pensa che il periodo economico migliore del nostro Paese siano stati gli anni '50 e la prima metà degli anni '60: gli anni del famoso "miracolo economico", più volte rievocato anche in anni recenti ( sotto forma di "nuovo miracolo italiano"...:icon_rolleyes: ).
Dal punto di vista macro-economico, quegli anni, è vero, sono stati di grande sviluppo, come peraltro è ovvio per un Paese che usciva DISTRUTTO dopo una (sciagurata... :icon_twisted: ) guerra persa... Lo sviluppo, però, si basava pressoché unicamente su due fattori favorevoli: energia a costi bassissimi ( il petrolio costava niente... ) e mano d'opera ( principalmente quella dei contadini trasferitesi nelle aree industriali, particolarmente quelli meridionali emigrati al nord ) che lavorava a prezzi stracciati e in condizioni simili a quelle, tanto deprecate, dei lavoratori cinesi di oggi...
Tra la fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70 questi due fattori favorevoli si dissolsero pressocchè simultaneamente: le prime lotte sindacali riuscirono a ribaltare i rapporti di forza nelle fabbriche e a strappare condizioni contrattuali più favorevoli, mentre la crisi del petrolio ( l'embargo successivo alla guerra del Kippur ) fece dare l'addio per sempre all'era dell'energia a prezzi stracciati...
L'economia del Paese avrebbe avuto bisogno, in condizioni così mutate, di una forte guida politica che permettesse una necessaria ristrutturazione, ma così non fu: i governi di allora, in piena crisi di legittimazione, per paura di soccombere di fronte all'opposizione, scelsero di accontentare tutto e tutti: i lavoratori con la scala mobile, gli industriali con i massicci aiuti statali e tutti i cittadini con le più scandalose concessioni clientelari ( pensioni baby, false pensioni di invalidità, lavori pubblici inutili, lavoratori assunti solo per scaldare sedie, massiccia evasione fiscale tollerata etc. etc. ).
Il conto di tutto questo lo si pagava in un modo semplicissimo: stampando carta moneta, con la conseguente iper-Inflazione di quegli anni ( del 25 -30% all'anno, altro che i dati attuali... ).
Negli anni '80, per combattere l'inflazione, si smise di stampare carta moneta e si iniziò, invece, a stampare BOT e CCT... :icon_twisted: Conseguenza: la moltiplicazione per otto volte del debito pubblico in meno di dieci anni... :icon_twisted: In pratica il conto dell'acquisto del consenso sociale ( ed elettorale... ) venne semplicemente spostato avanti nel futuro ( lasciandolo sulle nostre spalle... ), rimanendo del tutto inalterato il meccanismo costruito nei dieci anni precedenti...
Nei primi anni '90 il bubbone scoppiò con la famosa svalutazione del settembre 1992: da allora, tra alterne vicende, si cerca ( perchè OBBLIGATI dai mercati internazionali... ) di far fronte al disastro costruito negli anni precedenti, anche se la gente, al contrario, SOLO DA POCHI ANNI, ha iniziato ad avvertire la gravità della situazione, ritenendo, erroneamente, che adesso sia iniziato il declino...
In definitiva: non c'è NESSUN declino, perché non c'è stata MAI nessuna vera salita... Il miracolo degli anni '50 e '60 era frutto di circostanze irripetibili, il ( falso ) benessere degli anni '80 era pagato a credito con i soldi NOSTRI degli anni 2000...
L'Italia non è stata MAI una grande potenza economica, ma solo una media-piccola... E, in quanto tale, più esposta, nella situazione attuale di globalizzazione dei mercati, alla concorrenza dei Paesi emergenti...
Sarebbe necessario un ripensamento complessivo della nostra presenza economica nel mondo, una ricollocazione globale del nostro Paese che tenga conto della situazione OBIETTIVA in cui ci troviamo...
Ma la vedo dura, molto dura...:sad:
 
Ultima modifica:
Tuner ha scritto:
...sembrerebbe vero, tuttavia, che sia un box nei corrdoi od il reparto di un grande store del centro commerciale il settore telefonia cellulare è sempre gremito.
Vien da pensare che la gente se li mangi, i cellulari, oppure che la crisi dei consumi di cui si parla non sia poi così tremenda.:icon_rolleyes:

PS il declino dell'Italia è iniziato nei primi anni 80, non un anno fa e nemmeno otto anni fa.

Però così dai ragione ai politici che si sono susseguiti che hanno sempre indicato nel fattore cellulari un dato di benessere :D
 
Condivido sostanzialmente quanto affermi, con la sola differenza in questi due punti:
roddy ha scritto:
Lo sviluppo, però, si basava pressoché unicamente su due fattori favorevoli: energia a costi bassissimi ( il petrolio costava niente... ) e mano d'opera ( principalmente quella dei contadini trasferitesi nelle aree industriali, particolarmente quelli meridionali emigrati al nord ) che lavorava a prezzi stracciati e in condizioni simili a quelle, tanto deprecate, dei lavoratori cinesi di oggi...
I meridionali che venivano al nord per lavoro venivano in maggioranza assunti dalle grandi aziende, FIAT in primis, ed avevano un regolare contratto di assunzione, con i contributi puntualmente versati. C' erano sicuramente anche le "boite", come si dice a Torino, piccole officine dove si lavorava in nero, ma questo trattamento era riservato solo agli apprendisti di 14%18 anni, poi venivano regolarizzati.

roddy ha scritto:
Il conto di tutto questo lo si pagava in un modo semplicissimo: stampando carta moneta, con la conseguente iper-svalutazione di quegli anni ( del 25 -30% all'anno, altro che i dati attuali... )
Dal cambio 1 dollaro = 625 Lire degli anni 60 al momento del passaggio in Euro, la Lira ha perso sicuramente molto valore, anche nei confronti delle altre valute europee, ma se non ricordo male le svalutazioni della nostra moneta non erano effettuate annualmente, e con una percentuale decisamente inferiore di quanto dici.
 
Ricordiamoci comunque sempre che c'è una enorme industria che fattura più di tutte le aziende italiane messe insieme
E si chiama MAFIA/Criminalità organizzata che ha un indotto di centinaia di migliaia di 'dipendenti' in tutta Italia

ciao
 
bumbaro ha scritto:
Condivido sostanzialmente quanto affermi, con la sola differenza in questi due punti:

I meridionali che venivano al nord per lavoro venivano in maggioranza assunti dalle grandi aziende, FIAT in primis, ed avevano un regolare contratto di assunzione, con i contributi puntualmente versati. C' erano sicuramente anche le "boite", come si dice a Torino, piccole officine dove si lavorava in nero, ma questo trattamento era riservato solo agli apprendisti di 14%18 anni, poi venivano regolarizzati.
In quegli anni anche chi era assunto con contratti regolari, lavorava in condizioni che oggi ci sembrerebbero inconcepibili ( parlo, ovviamente, di operai o, comunque, lavoratori manuali ): salari bassissimi, orari massacranti, nessun diritto ( si poteva essere licenziati senza preavviso e senza alcun motivo ), in assenza o quasi di misure di sicurezza ( le cosiddette "morti bianche" sul lavoro erano all'ordine del giorno ) o di difesa della salute del lavoratore ( non molti arrivavano sani alla pensione... ).

bumbaro ha scritto:
Dal cambio 1 dollaro = 625 Lire degli anni 60 al momento del passaggio in Euro, la Lira ha perso sicuramente molto valore, anche nei confronti delle altre valute europee, ma se non ricordo male le svalutazioni della nostra moneta non erano effettuate annualmente, e con una percentuale decisamente inferiore di quanto dici.
Chiedo scusa: per un lapsus ( ora corretto... ) avevo scritto iper-svalutazione invece di iper-inflazione ( come era mia intenzione ).
 
lucamax ha scritto:
Ricordiamoci comunque sempre che c'è una enorme industria che fattura più di tutte le aziende italiane messe insieme
E si chiama MAFIA/Criminalità organizzata che ha un indotto di centinaia di migliaia di 'dipendenti' in tutta Italia

ciao

Non solo...Abbiamo anche l'azienda il cui datore di lavoro si chiama "nero", che stando ai dati della relazione del ministero del lavoro, costituisce l'85% del sommerso in Italia. Il restante 15% è fatto da evasione fiscale "tradizionale".

Pertanto ritengo demagogico parlare di lotta all'evasione fiscale, quando la priorità assoluta dovrebbe essere quella dell'emersione del lavoro nero (cosa che le tanto vituperate leggi del compianto prof. Marco Biagi, e del prof. Treu prima, hanno fatto). Il lavoro nero è la principale causa di mancate entrate nelle casse dello stato. :evil5:
 
Il problema del lavoro non si risolve puntando sulla precarietà, ovvero fornendo scuse alle improduttivissime imprese italiane, aziende certamente non competitive, ma non a causa delle retribuzioni eccessive, bensì per l'organizzazione e per l'oggetto d'impresa.
Dare modo alle nostre imprese fallimentari, clientelari e consociative, condotte da faccendieri e non da industriali, di sfruttare la manodopera temporaneamente finisce per aumentare la sensazione di precarietà dei cittadini eleggendola a sistema di potere.
Il risultato perverso è che, da una parte il prodotto resta comunque non competitivo sui mercati, mentre l'azienda accumula ugualmente perdite. L'effetto, non secondario, è che peggiora anche la propensione ai consumi delle famiglie.
Non è la fiscalità eccessiva, problema peraltro reale, che rende il lavoro oneroso per le imprese e gli stipendi inadeguati ai prezzi, è l'inadeguatezza del sistema produttivo Italia.
E' proprio l'oggetto d'impresa che è spesso fuori dai tempi, è una classe imprenditoriale non all'altezza della situazione.
 
La precarietà è tale solo se supera una determinata quota nell'età del lavoratore. Altrimenti va definita pura flessibilità dovuta alle dinamiche di un mercato del lavoro in continuo movimento! Scordatevi il posto fisso che il mago Otelma vi prometteva ipnotizzandovi con il suo pendolino magico: è ora di vivere il mondo con la giusta dinamicità che l'evoluzione storica ha introdotto. E sarebbe ora anche di rivedere i contratti di certi culattoni raccomandati che fanno poco o che, peggio ancora, non fanno niente.
Il vero problema, secondo me, è l'entrata tardiva dei giovani nel mondo del lavoro. Da un lato il sistema educativo-scolastico ottocentesco, d'impostazione tutt'ora fascista (l'assetto principale della riforma Gentile rimane predominante), non è in grado di rispondere alle reali esigenze della società globale di oggi. Via la cattedra! Via le aule tradizionali! Per carità, sono cento e passa anni che esiste questo sistema, ormai ovunque superato nel resto d'Europa con eccellenti risultati.

Dare modo alle nostre imprese fallimentari, clientelari e consociative, condotte da faccendieri e non da industriali, di sfruttare la manodopera temporaneamente finisce per aumentare la sensazione di precarietà dei cittadini eleggendola a sistema di potere.
E' proprio l'oggetto d'impresa che è spesso fuori dai tempi, è una classe imprenditoriale non all'altezza della situazione.
Siamo nel '53 o nel 2008? :badgrin: :D

Non è la fiscalità eccessiva, problema peraltro reale, che rende il lavoro oneroso per le imprese e gli stipendi inadeguati ai prezzi, è l'inadeguatezza del sistema produttivo Italia.
Due problemi risolvibili. Io sono tuttavia del parere che riducendo il carico fiscale si possa incentivare l'ammodernamento del sistema produttivo. Ma poi rimane il problema della manodopera, che è strettamente collegato al problema che citavo prima.
 
Il lavoratore necessario alle aziende italiane "serie" e proiettate nel futuro è già specializzato e produttivo, oppure, nel 99% dei casi un giovane laureato. La flessibilità serve per lavori di manovalanza produttiva e d'ordine. I primi non servono quasi più, i secondi li fanno ormai i software gestionali.:evil5:
 
Tuner ha scritto:
Non è la fiscalità eccessiva, problema peraltro reale, che rende il lavoro oneroso per le imprese e gli stipendi inadeguati ai prezzi, è l'inadeguatezza del sistema produttivo Italia.
Quoto al 100%... Per avere una riprova, basti pensare agli effetti di un "celebre" provvedimento di sgravio fiscale di qualche anno fa, con cui si permettevano notevoli risparmi in conseguenza di un aumento degli "investimenti"...
Conseguenza di quel provvedimento: una stagnazione ( anzi: una recessione sostanziale ) come l'Italia non ha mai visto nel dopoguerra contestualmente ad un boom nell'acquisto di auto di lusso ( fatte passare come "investimento" ) che ci portò ad essere, in quegli anni di crisi, il secondo mercato mondiale ( dopo la Germania ) per BWW, Mercedes, Porsche e Audi... :icon_rolleyes: ;)
 
Tuner ha scritto:
Il lavoratore necessario alle aziende italiane "serie" e proiettate nel futuro è già specializzato e produttivo, oppure, nel 99% dei casi un giovane laureato. La flessibilità serve per lavori di manovalanza produttiva e d'ordine. I primi non servono quasi più, i secondi li fanno ormai i software gestionali.:evil5:
Non è propriamente così. Anche se i dati ci dicono che solo una minima parte dei nuovi occupati ha un contratto a tempo determinato, c'è da dire che stando ad una relazione, mi sembra dell'Istat, buona parte dei lavoratori flessibili sono emersi dal pentolone che citavo prima...

Dai tuoi discorsi sembra quasi che preferisca che l'85% dell'economia (sottratta al fisco) rimanga sotto la mano del sig. Nero. Il sistema produttivo è arretrato solo in alcuni settori, in altri siamo all'avanguardia in tutta Europa...Il bicchiere lo puoi sempre vedere mezzo pieno o mezzo vuoto insomma. ;)
 
A parte che fai un'affermazione infondata perchè non ho mai detto nulla del genere, nei settori davvero produttivi ed all'avanguardia il Sig. Nero non c'è. Nei settori che possono dare un futuro all'Italia, si investe già nella persona, ovvero nella professionalità, in altri termini si forma il personale.
Il Sig. Nero sfrutta manovalanza per lavori poco qualificati.
Il compare del Sig. Nero, con il pretesto della formazione sfrutta manodopera per mansioni di basso livello. Lavoro precario è purtroppo sinonimo anche di turnover elevato e bassa professionalità.

alex86 ha scritto:
Dai tuoi discorsi sembra quasi che preferisca che l'85% dell'economia (sottratta al fisco) rimanga sotto la mano del sig. Nero.
 
Ho fatto una deduzione, non un'affermazione ;) Mi fa piacere che abbia ricevuto una smentita ;)
 
Povertà, Italia come la Romania
Allarme Ue: a rischio un bambino su 4

Il tasso di bambini a rischio povertà in Italia è al 25%, esattamente come in Lituania, Romania, Ungheria. A lanciare l'allarme è la Commissione europea nel suo rapporto 2008 sulla protezione e l'inclusione sociale. Sotto accusa anche gli aiuti sociali, che secondo il rapporto hanno "scarsa incidenza" sulla povertà infantile. Peggio di noi stanno solo Lettonia e Polonia. La popolazione bisognosa nel Belpaese è pari al 20%.

E' un quadro a tinte fosche quello che emerge dal rapporto appena diffuso da Bruxelles: la povertà avanza e interessa dunque soprattutto la popolazione più indifesa, in particolare i bambini.

Ma con standard simili al nostro sono anche, oltre a Paesi dell'Est, anche Stati com la Spagna, la Grecia, il Lussemburgo, il Portogallo. Tutti si trovano, come si legge nel rapporto, "nel gruppo dei Paesi che registrano livelli relativamente elevati di povertà infantile".

"Anche se il numero di bambini i cui genitori sono disoccupati è basso, questi Paesi sono caratterizzati da livelli molto elevati di povertà tra i lavoratori in seno alle famiglie e da una scarsa incidenza degli aiuti sociali".

Questi Stati, avvertono dunque a Bruxelles, "dovrebbero adottare delle strategie globali per sostenere meglio i redditi delle famiglie e facilitare l'accesso a lavori di qualità".

Tra i bambini britannici e spagnoli a rischio povertà sono 24 su cento, tra i greci si scende a 23. Più fortunati i piccoli danesi e finlandesi, tra i quali solo 10 su cento sono a rischio, ma anche i ciprioti (11%), i tedeschi e gli sloveni (12%), i francesi e gli olandesi (14%), i belgi, gli austriaci e gli svedesi (15%).

Anche nel ricco Lussemburgo sono tanti i bambini che vivono in condizioni di bisogno: a rischio povertà sono il 20% dei piccoli, per una situazione peggiori di Bulgaria e Repubblica Ceca (16%). Ma, come spiega la stessa Commissione, si tratta di dati basati sul potere d'acquisto effettivo in ciascun Paese esaminato. Quanto al totale della popolazione in situazione più difficile economicamente, più vulnerabile, nel Belpaese raggiunge il 20%, identico livello di lituani e spagnoli.

|TGFIN|
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:icon_rolleyes: :doubt:
 
...basta andare in Romania per capire che non è assolutamente vero, purtroppo per i bambini rumeni.
(ci sono anche altri paragoni fra stati molto disomogenei per ricchezza pro capite e sviluppo che fanno letteralmente sbellicare dalle risate chiunque li abbia visitati)
Pessima figura di Bruxelles, posto che il documento sia proprio in questi termini.

alex86 ha scritto:
Povertà, Italia come la Romania
 
Tuner ha scritto:
...basta andare in Romania per capire che non è assolutamente vero, purtroppo per i bambini rumeni.
(ci sono anche altri paragoni fra stati molto disomogenei per ricchezza pro capite e sviluppo che fanno letteralmente sbellicare dalle risate chiunque li abbia visitati)
Pessima figura di Bruxelles, posto che il documento sia proprio in questi termini.
E' la definizione "ufficiale" di povertà che è una str...ta mega-galattica...
La cosiddetta "International Standard of Poverty Line" prevede che venga definita "povera una famiglia di due persone che ha reddito minore o uguale al reddito medio procapite della collettività considerata"...
Per cui si tratta di un criterio "relativo", non assoluto... Anche in Svizzera o nel Liechtenstein ci sono, secondo questa definizione, famiglie povere, anche se, ovviamente, guadagnano molto di più, per esempio, di una famiglia rumena "ricca"... :eusa_wall:
 
Tuner ha scritto:
Pessima figura di Bruxelles, posto che il documento sia proprio in questi termini.

Un po' tutti i media dicono la stessa cosa... Anche se sappiamo bene non sempre si sono dimostrati affidabili al 100%. Sarà Bruxelles che avrà sbagliato a dare i numeri ( :D ) o sarà che i veri dati dei paesi dell'Europa dell'est omettono le situazioni peggiori perché non sono neanche censite?

Bruxelles, 25 feb. - (Adnkronos/Aki) - Allarme poverta' in Italia: il tasso di bambini a rischio poverta' si e' attestato al 25% nel 2005, tra i livelli piu' alti dell'Europa a 27 paesi, al pari di Lituania, Romania e Ungheria. Peggio hanno fatto solo Lettonia e Polonia. In generale nel Belpaese il totale della popolazione bisognosa ammonta al 20%. E' questo il quadro a tinte fosche che emerge dal rapporto congiunto 2008 della Commissione europea sulla protezione e l'inclusione sociale.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/t...g=197&ID_articolo=296&ID_sezione=404&sezione=
 
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