Innanzitutto, definirei una tale iniziativa decisamente limitante e restrittiva alla libertà artistica (anche se, ormai, tutti suonano la stessa musica, è rimasta poca libertà - ma questo è un altro discorso) di qualunque emittente radiofonica.
Attualmente, prendendo come riferimento i grandi network, sento che le percentuali di musica italiana trasmessa sono in ogni caso rilevanti, e l'imposizione di un limite come tale non sarebbe altro che una forma di censura. Inoltre, costringerebbe le emittenti a trasmettere canzoni che, molto probabilmente, non sarebbero di qualità sempre eccelsa - dalle mie parti si chiamano riempitivi. Si volesse ascoltare tanta musica italiana, le scelte non mancherebbero... mai sentito parlare di Radio Italia, Radio Zeta, Radio Margherita? Attuando la proposta, verrebbero meno format ben consolidati come quelli di Virgin e Freccia (zero musica italiana).
Riguardo alle ragioni che hanno impulsato la proposta, ritengo che se la musica italiana avesse una qualità più alta rispetto a quella proposta dai brani internazionali, essa sarebbe già stata spinta in misura maggiore: il problema sta nel fatto che la produzione musicale italiana (almeno nel mainstream, che è quanto più possa interessare in questo discorso) è in stallo da diversi anni. Solo (o quasi) in Italia la musica pop suona nella stessa maniera di dieci anni fa: all'estero si sperimentano nuovi sound, emergono nuovi artisti con ottima cadenza - mentre in Italia tentiamo di risorgere Loredana Bertè (con successo, ahimé). La musica italiana dovrebbe ritenersi fortunata di ritrovarsi in uno status di popolarità, nonostante gli artisti emergenti che escono fuori siano troppo, troppo pochi ma anche, spesso, troppo scarsi dal punto di vista musicale. O troppo sottovalutati, al contrario. Le idee, da un punto di vista compositivo, mancano, e ciò è assai evidente, anche se bisogna dire che con quest'Ultimo (pun not intended) brano di Mahmood si è fatto un piccolo salto in avanti. Musica fresca, con nuovi contenuti che non riconducano alla solita canzonetta d'amore, orecchiabile e con melodie sufficientemente originali (anche se mi pare evidente l'influenza di Survive di Don Diablo).
Tornando al nocciolo del discorso, il modello francese è quanto di più anacronistico possa esistere in un 2019 in cui la radio passa per un punto cruciale della propria evoluzione, per via dell'avvento dello Spotify di turno e del passaggio a modalità di fruizione alternative all'FM, e una conseguente maggior enfasi sul contenuto, e non sulla copertura sul territorio. Ecco, per dare forma al proprio progetto editoriale non aiutano paletti di questo genere. E la costrizione ad inserire musica che, probabilmente, non piacerà. Se la musica italiana è meno di quella che qualcuno vorrebbe, è perché alla gente, in media, va bene così.