Ho letto, ribadisco che contesto la parte della pubblicità ingannevole, ti dò ragione sulla pratica aggressiva. Ma ci vorrebbe un civilista per spiegare tutto bene.
Non entro nel merito specifico della vicenda, perchè andrebbero letti tutti gli atti e documenti del procedimento (compresi gli atti difensivi di Sky, che non conosco). Voglio però solo chiarire, se può essere utile allo sviluppo della discussione, che la nozione di ingannevolezza del mesaggio pubblicitario è stata oggetto di numerose precisazioni in passato da parte della stessa AGCOM, e poi ribadite in linea di massima dalla giurisprudenza amministrativa (oltre che da quella civile in sede di azioni risarcitorie).
In particolare, con la delibera n. 21256/2010, l'Autorità ha stabilito che "L'ingannevolezza di un messaggio
non può essere esclusa dalla possibilità che il consumatore sia posto in condizione, prima di aderire ad un'offerta e di consolidare il proprio vincolo con il professionista, di conoscere in dettaglio tutti gli aspetti che caratterizzano l'offerta in quanto la verifica che l'Autorità è chiamata a compiere riguarda il messaggio pubblicitario in sé, e, pertanto, la sua idoneità a condizionare le scelte dei consumatori, indipendentemente dalle informazioni che l'operatore renda disponibili a «contatto» già avvenuto e ad effetto promozionale ormai prodotto."
In buona sostanza, secondo l'Ordinamento non si può fare carico al consumatore, soggetto "debole" per definizione, l'onere di attivarsi per acquisire ogni informazione utile al fine di percepire "l'identità reale" del messaggio pubblicitario, che deve avere una verità chiara, intrinseca ed oggettiva. Il consumatore, infatti, è soggetto passivo del messaggio pubblicitario (e direi, passivo non solo giuridicamente e commercialmente, ma anche fisicamente), e non ha doveri per così dire interpretativi, e tento meno ULTERIORMENTE informativi rsipetto a quanto gli viene comunicato.
Pensate che il TAR del Lazio, con una recentissima sentenza (10.01.2019 n. 337) ha sancito che "La trasparenza e correttezza delle informazioni fornite
va riscontrata sin dal primo contatto con il consumatore e deve riguardare ogni aspetto del messaggio,
a maggior ragione quelli salienti. La tutela offerta dal codice del consumo, in materia di pubblicità ingannevole,
ha natura preventiva ed è finalizzata ad evitare che gli effetti dannosi, anche soltanto ipotetici, possano prodursi in danno della generalità dei consumatori, dotati di media accortezza e non solo nei confronti di quelli dotati di maggiore avvedutezza o di particolari cognizioni merceologiche." Questo dice la giurisrpudenza, ben nota all'AGCOM: prevenzione, immediatezza del messaggio, dovere di completezza. Altro che dovere di autoinformazione da parte dei consumatori! Quindi, tornando alla decisione del 2010 recante la nozione di pubblicità ingannevole, si può dire che l'Autorità ribadisce il principio secondo cui il messaggio pubblicitario che − veicolando informazioni suggestive od incomplete in sede di primo contatto con il consumatore − appare idoneo a generare un inganno su una caratteristica essenziale del servizio promosso. resta comunque illecito ai sensi del Codice del Consumo anche qualora sia inserito in una comunicazione promozionale che − nel suo complesso − sia strutturata in modo che, dopo il primo contatto, il consumatore venga in ogni caso messo in grado di conoscere l'informazione omessa. Si tratta peraltro di un principio che − oltre ad essere molto comune nelle decisioni dell'Autorità Garante − appare condiviso anche dalla giurisprudenza che si occupa di inganno pubblicitario sotto il profilo della concorrenza sleale.
Inoltre, che il giudizio di ingannevolezza di un messaggio promozionale debba essere condotto tenendo anche conto − oltre che del tipo di oggetto promosso nonché delle modalità e condizioni di presentazione del messaggio − anche del
livello di avvedutezza e diligenza del destinatario della comunicazione commerciale è principio del tutto pacifico. Anzi, la regola è addirittura codificata nell'art. 20, comma 3 del Codice del Consumo, per il che nel definire il destinatario del messaggio occorre avere riguardo anche alle categorie di soggetti meno avveduti che possano essere interessati all'acquisto del prodotto o del servizio promosso.
Sulla nozione di pubblicità aggressiva, poi, è illuminante una decisione dello scorso anno del TAR del Lazio, secondo la quale l'art. 24 del Codice del Consumo, nel descrivere la pratica commerciale aggressiva, pur indicando alcune possibili modalità, collega la ricorrenza dell'illecito ad una valutazione finalistica, ravvisabile ogni volta che " nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso" la condotta del professionista, creando un indebito condizionamento, "limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".
Questo è lo stato dell'arte. Vedremo gli sviluppi.