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Il segreto di Vera Drake

gahan

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Il giudizio sul film passa inevitabilmente attraverso quello su Vera e quello che Leigh ha voluto veicolare con l'espressione di Imelda Staunton, perché da come si classifica lei dipende la valutazione del resto. Quanto segue è solo una lettura personale, dalla quale ci è impossibile prescindere. Nella sua vita quotidiana mentre scende e sale le scale rivolgendosi sempre a tutti con un «caro»/«cara», Vera Drake somiglia ad una nonna buona fiera della sua bontà e, come alcune nonne buone e fiere, ha anche qualcosa che sa esser sbagliato da mascherare con il tè offerto. Quando la polizia irrompe nella festa in salotto, il suo sguardo chiede incredulo quale sia la sua colpa, ma la conosce già: Vera sa e si vergogna già. E qui è il problema: cosa dovremmo ricavare da ciò nell'ottica sociale evidentemente ricercata? Sul tema dell'aborto non molto, oltre al parallelo che sottolinea le diverse tribolazioni a seconda del ceto, la clinica contro l'esser stesa sul bordo di un asciugamano: le ragazze chiamate alla scelta non sono che pedine anonime che sfilano sotto le mani della protagonista. Quello che Leigh riesce a far davvero bene è, come al solito, elaborare i meccanismi familiari supportato dall'ottimo cast; quando Vera arriva in tribunale a consegnarsi immobile al suo destino, però, lo sguardo intoccabile della Staunton (comunque in una prova di per sé notevole) ha allungato fino a stancare ed esaurito il suo perché. Alla fine, ma anche prima, ci è antipatica.

Voto: **
 
Il quadro dell'Inghilterra anni '50 ricorda un po' le ricostruzioni di Terence Davies ("Voci lontante sempre presenti"... "Il lungo giorno finisce"...).

Ma mentre per Davies lo sguardo è sostanzialmente quello della nostagia per un'epoca coincisa con l'infanzia, qui il punto di vista è quello di adulti della working-class che sgobbano, si arrabattano con tutti i lavori possibili, stringono i denti per uscire dalla crisi, il tutto però mantenendo ben centrale il senso della solidarietà tra umili, come se sentissero che solo restando uniti ce la si può fare.

Vera Drake, il personaggio centrale, sintetizza bene la sua epoca e la sua "classe sociale" : Vera è troppo occupata a sgobbare, tirare avanti la famiglia, aiutare i vicini, sempre di corsa e sempre con un sorriso disinteressato, per interrogarsi su quello che fa...
La ragione per cui non si interroga sul bene e sul male è semplicemente perchè non ne ha tempo, il tempo che ha lo dedica interamente al "fare", ed al "fare" a fin di bene... ci penseranno gli altri, saranno i borghesi con molto tempo libero da dedicare all'etica e alla morale (da fare agli altri, chiaramente...) a farle notare cosa non va... sorvolando chiaramente sul fatto che se la loro società è sopravvissuta, è grazie a persone come Vera e la sua famiglia.
Un bel personaggio, che è impossibile non sentire vicino, una grande attrice, un grande regista.
Leone d'oro al Festival di Venezia, e per un motivo.
***
 
Una interpretazione davvero ottima da parte di tutti gli attori, diretti in modo magistrale. Un dramma intimo e familiare con toni pacati ma intessissimi che mi ricorda davvero tanto "Segreti e Bugie" (non mi ricordavo che era lo stesso regista...).
Sul tema dell'aborto è interessante la contrapposizione tra Vera Drake, che li procura, ma non si interroga sul significato e sulle conseguenze di quello che fa, ed il resto della società che perbenisticamente considera l'aborto clandestino quasi un male necessario, che non è il caso di estirpare, ma che non può essere "legalizzato", perchè si sovvertirebbe l'ordine morale.

A me è piaciuto molto!: ***
 
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