Il primo febbraio del 1982 la nascita dell'emittente
che per festeggiare va per un giorno su Second Life.
Linus: "Libertà e poche regole"
"Siamo obbligati a stare attenti, a capire dove va il mondo anticipando mode, stili e costumi"
di ERNESTO ASSANTE
ROMA - Venticinque anni fa iniziava a trasmettere quella che oggi è la radio privata numero uno in Italia, Radio Deejay. Sono passati tanti anni ma Deejay non è invecchiata, anzi: il successo crescente della sua programmazione, dei suoi personaggi, è la conferma di una vitalità rimasta intatta, che ha permesso alla piccola emittente di un quarto di secolo fa di trasformarsi nel grande network di oggi. Il 1° febbraio 1982 partivano le trasmissioni di Deejay, Linus è al timone dal 1994 e anno dopo anno Deejay è cresciuta, ha conquistato pubblico, ha imposto personaggi e star, mode e musiche. E oggi guarda al futuro.
Linus, perché avete deciso di festeggiare nel mondo virtuale di Second Life?
"Perché è divertente andare a esplorare una realtà nuova. E poi mi piaceva l'idea di festeggiare i 25 anni della radio immaginando il vecchio testone che era il marchio della radio, un po' brizzolato ma con una nuova prospettiva. La immagino come una scommessa, il mezzo "antico" in grado di sposare le forme più moderne della comunicazione".
Dopo 25 anni riesce a immaginarsi senza la radio?
"Nel mio caso gli anni sono più di trenta, ho iniziato a trasmettere nel '76... Sono fortunato, se non l'avessi mi mancherebbe nella maniera più assoluta, ho lo straordinario privilegio di alzarmi la mattina, aprire le finestre e dire quello che penso".
Una radio che le assomiglia?
"Credo che chi fa un lavoro come il mio proietti su chi sta intorno la propria personalità. Ognuno fa quello che è, io sono come questa radio, credo divertente e abbastanza intelligente, senza essere troppo impegnata, un prodotto né banale né retorico, due aggettivi che odio sentirmi appiccicato. Poi io non sono mai contento di quello che faccio e per questo tendo a guardare più in là ogni giorno".
Di cosa si fida di più, dell'istinto o dei dati?
"Ho la scrivania piena di fogli con numeri, ricerche e statistiche. Poi, però ti deve guidare il naso, l'istinto. E la gente ti segue più volentieri. La mia radio è una radio "sporca", poco rispettosa di regole e clock, ma con una personalità decisa".
Ricorda momenti in cui ha pensato di aver sbagliato tutto?
"No, non ricordo momenti come questi. Momenti difficili sì, quelli in cui avevo paura di aver perso la direzione: ho preso in mano la radio nel '94 a metà esatta della sua storia, era una radio di un certo tipo e io in qualche modo l'ho fatta diventare un'altra cosa. In questo passaggio ci sono stati momenti complicati, il 1998 per noi fu molto difficile, ma tenendo duro, e alle volte facendo l'opposto di quello che mi veniva chiesto, le cose hanno funzionato".
Difficile "invecchiare" restando "giovani"?
"La radio ha un marchio che ci obbliga a essere attenti, non solo nella scelta dei dischi, ma nel capire da che parte va il mondo, anticipando mode, stili, fenomeni di costume. Non possiamo prescindere dalle novità. Viviamo in una grande fiera delle illusioni, però io ho il dovere di stare sempre attento".
E per i prossimi venticinque anni?
"Ho un ruolo difficile, tenere la maglia del giocatore e allo stesso tempo allenare la squadra. La mia fortuna è che ho i due emisferi del cervello separati ma funzionanti: forse io non sono fortissimo in nessuno dei due ma questo equilibrio funziona. Va anche detto che la nostra forza è la nostra forza, cioè: finché siamo così forti, negli ascolti e nel fatturato, siamo totalmente liberi, nessuno smonta un giocattolo che funziona, questa libertà è il volano del successo e io credo reggerà ancora per tanto tempo".
(Repubblica.it)
che per festeggiare va per un giorno su Second Life.
Linus: "Libertà e poche regole"
"Siamo obbligati a stare attenti, a capire dove va il mondo anticipando mode, stili e costumi"
di ERNESTO ASSANTE
ROMA - Venticinque anni fa iniziava a trasmettere quella che oggi è la radio privata numero uno in Italia, Radio Deejay. Sono passati tanti anni ma Deejay non è invecchiata, anzi: il successo crescente della sua programmazione, dei suoi personaggi, è la conferma di una vitalità rimasta intatta, che ha permesso alla piccola emittente di un quarto di secolo fa di trasformarsi nel grande network di oggi. Il 1° febbraio 1982 partivano le trasmissioni di Deejay, Linus è al timone dal 1994 e anno dopo anno Deejay è cresciuta, ha conquistato pubblico, ha imposto personaggi e star, mode e musiche. E oggi guarda al futuro.
Linus, perché avete deciso di festeggiare nel mondo virtuale di Second Life?
"Perché è divertente andare a esplorare una realtà nuova. E poi mi piaceva l'idea di festeggiare i 25 anni della radio immaginando il vecchio testone che era il marchio della radio, un po' brizzolato ma con una nuova prospettiva. La immagino come una scommessa, il mezzo "antico" in grado di sposare le forme più moderne della comunicazione".
Dopo 25 anni riesce a immaginarsi senza la radio?
"Nel mio caso gli anni sono più di trenta, ho iniziato a trasmettere nel '76... Sono fortunato, se non l'avessi mi mancherebbe nella maniera più assoluta, ho lo straordinario privilegio di alzarmi la mattina, aprire le finestre e dire quello che penso".
Una radio che le assomiglia?
"Credo che chi fa un lavoro come il mio proietti su chi sta intorno la propria personalità. Ognuno fa quello che è, io sono come questa radio, credo divertente e abbastanza intelligente, senza essere troppo impegnata, un prodotto né banale né retorico, due aggettivi che odio sentirmi appiccicato. Poi io non sono mai contento di quello che faccio e per questo tendo a guardare più in là ogni giorno".
Di cosa si fida di più, dell'istinto o dei dati?
"Ho la scrivania piena di fogli con numeri, ricerche e statistiche. Poi, però ti deve guidare il naso, l'istinto. E la gente ti segue più volentieri. La mia radio è una radio "sporca", poco rispettosa di regole e clock, ma con una personalità decisa".
Ricorda momenti in cui ha pensato di aver sbagliato tutto?
"No, non ricordo momenti come questi. Momenti difficili sì, quelli in cui avevo paura di aver perso la direzione: ho preso in mano la radio nel '94 a metà esatta della sua storia, era una radio di un certo tipo e io in qualche modo l'ho fatta diventare un'altra cosa. In questo passaggio ci sono stati momenti complicati, il 1998 per noi fu molto difficile, ma tenendo duro, e alle volte facendo l'opposto di quello che mi veniva chiesto, le cose hanno funzionato".
Difficile "invecchiare" restando "giovani"?
"La radio ha un marchio che ci obbliga a essere attenti, non solo nella scelta dei dischi, ma nel capire da che parte va il mondo, anticipando mode, stili, fenomeni di costume. Non possiamo prescindere dalle novità. Viviamo in una grande fiera delle illusioni, però io ho il dovere di stare sempre attento".
E per i prossimi venticinque anni?
"Ho un ruolo difficile, tenere la maglia del giocatore e allo stesso tempo allenare la squadra. La mia fortuna è che ho i due emisferi del cervello separati ma funzionanti: forse io non sono fortissimo in nessuno dei due ma questo equilibrio funziona. Va anche detto che la nostra forza è la nostra forza, cioè: finché siamo così forti, negli ascolti e nel fatturato, siamo totalmente liberi, nessuno smonta un giocattolo che funziona, questa libertà è il volano del successo e io credo reggerà ancora per tanto tempo".
(Repubblica.it)