Tu chiamami Peter

Un plauso a Geoffrey Rush: il film è lui e le poche idee che sorreggono la sua interpretazione, fra le quali la migliore è quella di farlo trasformare di tanto in tanto, oltre ai personaggi di Sellers replicati in modo impressionante (un plauso, dunque, anche a Veronica Brebner ed alla sua squadra di trucco), nella prima moglie, nella mamma, in Kubrick e negli altri che parlano attraverso la sua voce raccontando la realtà come Peter vorrebbe fosse se si potesse riavvolgere e ridoppiarla. Fa un po' tristezza sapere che ad una grande figura come quella di Sellers si sia dedicata una produzione HBO/BBC, con quanto ne consegue: nasce appunto come un prodotto televisivo ed infatti non è passato per le sale americane, arrivando direttamente in tv. Questo bio-pic diretto da Stephen Hopkins (Spiriti nelle tenebre, Under Suspicion) è tutto costruito sull'interrogativo esistenziale sul quale insiste esplicitamente il Sellers riprodottovi; la sceneggiatura che ci gira attorno alterna discreti momenti ad altri di puro passaggio, anche superflui, caratterizzandosi per il poco peso dato agli attori che non sono Rush e facendo così di gente come Emily Watson, John Lithgow e Stanley Tucci (pessimo il suo Kubrick) degli apostrofi vicini alla macchietta. Un film deboluccio che si tiene assieme grazie a Rush, proprio come certi film debolucci che erano tenuti assieme da Sellers.

Voto: **