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Old Boy

gahan

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25 Febbraio 2004
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Nell'anno in cui Tarantino era presidente di giuria nella Cannes che incoronava Moore, a quale film poteva andare il Gran Premio? Park Chan-Wook ringrazia anche se magari poteva portarsela lui a casa, la Palma d'Oro. Questo secondo capitolo è quantomai lontano da Sympathy for Mr. Vengeance, un percorso registico meno angusto e difficile da seguire ma con una carica diversa e concorrente: è a prima vista un Kill Bill al maschile, con un martello cava-denti al posto della katana. Un ubriacone viene rapito vicino ad una cabina telefonica, si ritrova chiuso in un misero appartamentino con per uniche compagne la televisione ed una parete da prendere a pugni per quindici anni. Quando esce, l'artefice della reclusione vuol farsi trovare e lui vuol trovarlo. Non c'è molto di più da annunciare, perché vale la pena guardare il resto di questa ordinaria storia di vendetta con i propri occhi: una contaminazione funzionale al marcio spettacolo dell'uomo contro tutti (potranno funzionare contro armate con bastoni quindici anni di allenamento immaginario contro una parete? Sì...) alla ricerca di una risposta che dovrebbe metter la parola fine. Ma anche la risposta non basta malgrado lo si affermi: la vendetta è ineluttabile. Punto comune, assieme al ribaltamento della rivalsa: anche qui la vittima designata del vendicatore originario tornerà a sua volta e sarà infine vincitrice, un altro Mr. Vendetta. Anche qui, solo per un attimo perché oltre alla rabbia vendicativa, il passato lontano, rimosso e negato entra a costituire una sfera emotiva ulteriore che mancava nel precedente: la vendetta è un piatto da servire freddo, è un gioco lungo quindici anni che vale un omicidio, cura e attesa ben pagata non a scopo di semplice ritorsione ma come tramite per la vera vendicazione, far provare il proprio dilaniamento a chi l'ha causato. Non la furia di Oh Dae-su, ma il calcolo lento e feroce di Yoo Ji-Tae. Ecco allora la compartecipazione, la compassione richiamata nel titolo degli altri due. Più immediato, gioca su questi due livelli (azione pura, in uno stile ormai di moda e a volte perdonabilmente sovraccarico, e dramma) mescolandoli con un simbolismo stavolta più legato al narrato e ai dialoghi. Un lavoro di regia e scrittura molto diverso stilisticamente, ma non nella sostanza. [TV-ZONE]

Voto: ***
 
Ultima modifica:
non capisco se lo scrivere "piccolo" debba distogliere l'attenzione dallo scrivere "troppo"... ;)
comunque, al di là della frenesia digitatoria, è veramente un film notevole, ed il paragone con Kill Bill (magari incrociato con il Salvatores di Denti ;)) regge, anche se questo ha tutta un'altra adrenalina, direi l'adrenalina del primo Tarantino, non certo dell'ultimo...
***
 
Ultima modifica:
lo scrivere piccolo risponde alla necessità della citazione, credo. Però se fosse più grande non sarebbe male. Farei certamente meno fatica.
Ad ogni buon conto, e concentrandoci sul film, confesso di essermi accostato ad esso con molta circospezione. E, forse per questo, ne sono rimasto favorevolmente colpito sia per il linguaggio visivo utilizzato, sia per il finale davvero vincente.
Buono.

***
 
Grande. Sia per la sua visione della vendetta(chiaramente sbagliata ma istintivamente irrinuciabile), cosi spietata e sentita, sia per come tecnicamente viene affrontata, splendido l'uso della M.D.P,(memorabile la carrellata del pestaggio) e degli effetti speciali. Grande anche perkè, Park Chan-wook, adatta un fumetto per il grande schermo e lo trasforma(sopratutto nel sorprendente finale) in un qualcosa che ricorda la tragedia greca, risultando Scioccante e toccante al tempo stesso. Visivamente impeccabile(una fotografia Essenzialmente ''sensazionale') come già detto, ma da annottare l'avvolgente colonna sonora(riuscitissimo l'utilizzo delle 4 stagioni di Vivaldi). Un capolavoro del nuovo ed affascinante cinema coreano(vedi kim ki duk, meno tarantiniano ma essenzialmente più crudele). Indimenticabile.

****
 
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