Tim Burton torna allo stop-motion, ed i pupazzi animati con maniacale cura fotogramma per fotogramma ce lo riconsegnano in tutta la magia che ultimamente, quando si aveva a che fare con materiale umano, stava faticando a colpirci con lo stesso vigore dei primi tempi. A distanza di dodici anni, La sposa cadavere esce dritta da Nightmare before Christmas e ne conserva lo scheletro tecnico ed estetico (e quello, d'altronde, non è mai venuto meno), aggiustato solo marginalmente dal digitale: i personaggi che animano questa favola hanno le fattezze varie degli abitanti della cittadina di Halloween, a cominciare dai Victor/Victoria/Sposa cadavere, longilinei tributari di Jack e Sally. Ma quel che più conta è che in loro è dolce ritrovare tutto il Burton di Beetlejuice e di Sleepy Hollow, opere che più di altre richiamano il rapporto mondo umano/mondo dei morti racchiudendo figurativamente i dualismi ed i luoghi intimi cari all'autore: la veste animata riesce a riproporre questi punti imprescindibili con lo stesso ricco fascino senza risultar scontati o puro esercizio di stile. Se visivamente Nightmare before Christmas potrebbe quasi essere uscito ieri, la storia è talmente adorabile, frizzante, emotiva e spassosa che sembra prescinderne pur rimanendo incredibilmente burtoniana: nella leggenda ebraica, esotericamente affascinante, si innestano i richiami ed i tributi di Burton a sé stesso ed al cinema - il buon Elfman offre il solito solido la nei numeri musicali, in un colorato e festoso mondo dei defunti che è un grande saloon -; ed ancora quell'universo di stati d'animo che da quel mondo si originano, teneramente uniti in poesia nel volo delle farfalle che si innalzano al plenilunio. Nulla di nuovo, dopo che abbiam visto Jack e Sally abbracciarsi sul monte ricurvo con la luna alle loro spalle; ma anche qualcosa che tanto sentivamo di dover riassaporare così intatto e puro come sua fedele continuazione, nella forma di queste commoventi creature con la pelle di schiuma e silicone.
Voto: *** ½