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da Puntocom di oggi
Dtt: avanti c'è posto per tutti
«Ma le frequenze si pagano»
javascript: MostraImmagine('149012','532','389','20060324');L'AgCom ha varato il piano di assegnazione delle frequenze. «Mi pare normale visto che il piano del 2003 aveva previsto lo switch off nel 2006, cosa che non avverrà e dunque è logico che si sia pensato a riaggiornare». Ma poi, Maurizio Giunco, presidente dell'associazione che raccoglie le televisioni locali (nella foto a destra) passa all'attacco e ne ha per tutti. «Bisogna fare una verifica seria sulla disponibilità del 40% della capacità trasmissiva degli operatori nazionali. Nutro dei seri dubbi che siano davvero così disponibili come vanno dicendo. Se fosse vero vorrei sapere a chi bisogna telefonare». La frecciata va dritta a colpire Mediaset. «Non vorrei fare polemiche» si schermisce Giunco ma poi riattacca «Se io fossi un futuro operatore di rete comincerei con discutere sui prezzi». Il riferimento è a quanto affermato dal responsabile per i contenuti digitali di Mediaset, Federico Di Chio, che aveva stimato tra i 3 e 4 milioni di euro l'affitto di un "canale" Dtt. E qui la contestazione è durissima «Mica si possono chiedere 4 milioni di euro per servire un'Italia che non ti vede» polemizza, ma in seguito spiega «in vecchie lire le frequenze si pagavano 1 milione per ogni testa. Quindi se illumino 50 milioni di persone posso ragionevolmente chiedere 4 milioni di euro, ma... per il momento mi devi far pagare per chi vede il Dtt adesso» e ovviamente la cifra è lontanissima dai 50 milioni di italiani. Insomma non è ipotizzabile pagare per la porzione di territorio coperta ma solo per chi riceve e vede il segnale, ovvero per i possessori di decoder. La logica secondo Giunco dovrebbe essere la stessa che vige nel mercato della rete dove i banner pubblicitari si pagano in rapporto al numero di utenti che visitano un sito.
E Giunco sul successo del Dtt è decisamente scettico «È un sistema di cui non si sente il bisogno. Servirà pure a garantire una sorta di pluralismo ma costringe la gente a spendere per il decoder. E si è capito che non avrà il successo dei cellulari». La vera ragion d'essere del Dtt è l'uso a pagamento nelle sue varie forme «questo è il nuovo business, ma siamo chiari sui concetti».
Ma soprattutto «la verità è che chi vuole, nell'emittenza ci entra da proprietario senza affittare i segmenti da nessuno. A meno che non ci sia chi aspetta che glieli regalino. E su questo siamo compatti: non è neppure tema di discussione. È un'ipotesi che neppure prendo in esame perché, io come gli altri, le frequenze le ho pagate. E le frequenze sono dello Stato tanto quanto le spiagge: se uno ha pagato la concessione non è che poi se la fa sfilare perché qualcuno la vuole regalare all'imbianchino».
Perché si chiede in conclusione Giunco la tv dovrebbe essere gratis? E perché non le licenze commerciali allora? «Oggi non c'è alcuno sbarramento a chi vuole entrare nel settore, come hanno fatto L'Espresso, Telecom e H3G, pagando s'intende!».
A. M.
da Puntocom di oggi
Dtt: avanti c'è posto per tutti
«Ma le frequenze si pagano»
javascript: MostraImmagine('149012','532','389','20060324');L'AgCom ha varato il piano di assegnazione delle frequenze. «Mi pare normale visto che il piano del 2003 aveva previsto lo switch off nel 2006, cosa che non avverrà e dunque è logico che si sia pensato a riaggiornare». Ma poi, Maurizio Giunco, presidente dell'associazione che raccoglie le televisioni locali (nella foto a destra) passa all'attacco e ne ha per tutti. «Bisogna fare una verifica seria sulla disponibilità del 40% della capacità trasmissiva degli operatori nazionali. Nutro dei seri dubbi che siano davvero così disponibili come vanno dicendo. Se fosse vero vorrei sapere a chi bisogna telefonare». La frecciata va dritta a colpire Mediaset. «Non vorrei fare polemiche» si schermisce Giunco ma poi riattacca «Se io fossi un futuro operatore di rete comincerei con discutere sui prezzi». Il riferimento è a quanto affermato dal responsabile per i contenuti digitali di Mediaset, Federico Di Chio, che aveva stimato tra i 3 e 4 milioni di euro l'affitto di un "canale" Dtt. E qui la contestazione è durissima «Mica si possono chiedere 4 milioni di euro per servire un'Italia che non ti vede» polemizza, ma in seguito spiega «in vecchie lire le frequenze si pagavano 1 milione per ogni testa. Quindi se illumino 50 milioni di persone posso ragionevolmente chiedere 4 milioni di euro, ma... per il momento mi devi far pagare per chi vede il Dtt adesso» e ovviamente la cifra è lontanissima dai 50 milioni di italiani. Insomma non è ipotizzabile pagare per la porzione di territorio coperta ma solo per chi riceve e vede il segnale, ovvero per i possessori di decoder. La logica secondo Giunco dovrebbe essere la stessa che vige nel mercato della rete dove i banner pubblicitari si pagano in rapporto al numero di utenti che visitano un sito.
E Giunco sul successo del Dtt è decisamente scettico «È un sistema di cui non si sente il bisogno. Servirà pure a garantire una sorta di pluralismo ma costringe la gente a spendere per il decoder. E si è capito che non avrà il successo dei cellulari». La vera ragion d'essere del Dtt è l'uso a pagamento nelle sue varie forme «questo è il nuovo business, ma siamo chiari sui concetti».
Ma soprattutto «la verità è che chi vuole, nell'emittenza ci entra da proprietario senza affittare i segmenti da nessuno. A meno che non ci sia chi aspetta che glieli regalino. E su questo siamo compatti: non è neppure tema di discussione. È un'ipotesi che neppure prendo in esame perché, io come gli altri, le frequenze le ho pagate. E le frequenze sono dello Stato tanto quanto le spiagge: se uno ha pagato la concessione non è che poi se la fa sfilare perché qualcuno la vuole regalare all'imbianchino».
Perché si chiede in conclusione Giunco la tv dovrebbe essere gratis? E perché non le licenze commerciali allora? «Oggi non c'è alcuno sbarramento a chi vuole entrare nel settore, come hanno fatto L'Espresso, Telecom e H3G, pagando s'intende!».
A. M.