Breach - L'infiltrato -

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Thriller "dinamico".... come un dramma teatrale di Beckett ma assolutamente poco coinvolgente (molto meglio Beckett), e "mozzafiato"... quanto un cartone animato di "pingu". Ambientato per il 90% all'interno di uffici senza finestre, praticamente tutto si riduce ad una sequenza di dialoghi ed espressioni facciali.
Sciatto e noioso.
Voto: *1/2
 
breach2007.jpg


Anche io sono rimasto deluso, forse un po' meno di te però.
Certo, la scelta di "iniziare dalla fine", cioè di raccontarci subito, con la freddezza di un comunicato-stampa, l'esito dell'indagine, in un certo senso ci illude: perchè ci fa credere/sperare (visto che il film, a questo punto, sarà tutto in flashback) che le cose, nel percorso per andare da A a B (intendendo per B appunto l'enunciato iniziale) non siano così ovvie come sembrano; che scopriremo una lettura parallela, o contradditoria, insomma che qualcosa verrà a sorprenderci.
Per tutta la prima parte il film mantiene questa tensione: il personaggio di Robert Hanssen (Chris Cooper, bravissimo) è davvero impenetrabile, e lo spiazzamento del giovane aspirante agente Eric, è anche il nostro.
Poi però, caduta ogni "illusione" in un qualche sviluppo o guizzo della trama (ed evaporato il fascino del personaggio Henssen), verso i due terzi del film, l'interesse si affloscia, perchè effettivamente la regia non sembra avere idee autonome per tenerlo vivo.

**
 
Invece a me è sembrato un film validissimo, ed un cinema solidissimo che vorrei vedere più spesso.

Dopo L'inventore di favole, un altro buon film per Ray. L'ho visto ignaro di chi fosse il regista, e non facevo che pensare «Diamine se mi ricorda Shattered Glass!», segno evidente del fatto che Ray ha un polso narrativo (sovraintende anche alla scrittura, ed è un ottimo direttore d'attori) e soprattutto una capacità rappresentativa prospettica ben riconoscibili. Usando un polare meccanismo di genere, vestito da migliore dei mestieranti, continua a perlustrare l'interlinea morale sulla quale cammina la più grande fortezza del mondo, calandone il disfacimento delle garanzie istituzionali civili (il giornalismo del precedente film) e politiche (i servizi segreti di questo) nello smottamento privato delle grige pedine del gioco, una catena di amletica, marmorea e dirotta slealtà ai valori che le reggono (nazione, religione, famiglia). Un cinema del conflitto epidemico, raggrinzito, urgente ed assottigliato, che ricava la sua morale negando forza concludente ad ogni altra, ridotta ad allestimento che segnala in ogni sua parete, ogni suo cavo ed ufficio, la propria natura dilatoria.
 
***********SPOILER*************

bum! mi sembrava più centrato il tuo commento a The Departed icon_wink
E' vero, anche io per un'oretta ho pensato che fosse un gran bell'esempio di cinema medio. Poi ho capito perchè lo pensavo: perchè la messa in scena illudeva su un'ambiguità (che poi tradisce, anzi che -pensando a ritroso- non c'è mai stata), e perchè il personaggio di Hanssen appare inizialmente indecifrabile, e non c'è niente di meglio per rendere un personaggio "interessante" che presentarlo come assolutamente impenetrabile.
In realtà la storia ci racconta che quell'"interlinea morale" a cui tu ti riferisci -e che anche a me era sembrato di vedere - non esiste: i buoni sono tutti buoni, i cattivi tutti cattivi. Non ci sono sfumature: la complessità di Henssen è in realtà pura e semplice ipocrisia (vedi il rapporto assolutamente falso/sfruttatorio con la moglie), la sua molla quella della rivalsa, della vendetta contro il mancato riconoscimento da parte dei propri datori di lavoro. La sua colpa è tanta e tale da renderlo il cattivo a tutto tondo contro il quale non si possono avere scrupoli; presentarlo in chiesa o inginocchiato nel confessionale non basta, di per se, a renderlo una figura complessa: perchè questi momenti non vengono giustificati, non vengono integrati a sufficienza per poter formare un personaggio complesso: al massimo, può sembrarci schizofrenico.
La morale è che l'America è un grande Paese, perchè i cattivi sono cattivi senza possibilità di redenzione, anche quando sono all'interno del sistema; e che comunque il sistema è in grado di espellerli, e prima o poi lo fa; e che quando il capo (Laura Linney, str...a ed insopportabile come sempre, e quindi perfetta) ti dice che una persona con cui lavori, e che stimi, è anche un delinquente, il capo alla fine ha sempre ragione. Viva l'America, viva il migliore dei mondi possibili...
Quando l'interesse per la storia comincia a scomparire, scompare anche l'interesse per il film: ed è il momento in cui ci si accorge che la regia è assolutamente inesistente, e reggeva solo sulla storia ed i personaggi.
 
andag ha scritto:
la complessità di Henssen è in realtà pura e semplice ipocrisia (vedi il rapporto assolutamente falso/sfruttatorio con la moglie)
Infatti il punto è esattamente questo. Hanssen non è un outsider cattivo, non è un comunista. Anzi. L'America è un paese costruito totalmente sull'ipocrisia, marcio all'interno, dove chi difende i valori tradizionali (Hanssen, campione di conservatorismo maccartiano) è in realtà un nemico "interno" dei valori civili. Hanssen è un mostro creato dall'interno del sistema, un risultato delle sue aberrazioni sottostanti. A riprova, il capo Linney, che è insopportabile, viene mandato anche lei affangulo quando il personaggio di Phillippe abbandona il sistema corrotto e va a fare l'avvocato.
 
purtroppo della complessità che dovrebbe avere Hanssen per poter dare forza al personaggio, e anche per potergli dare quel valore simbolico che tu dici (e che fino ad un certo punto si lascia intuire), alla fine resta ben misera traccia: la sua dicotomia non è approfondita, ma puramente superficiale e abbastanza gratuita. La sceneggiatura si affretta a liquidarlo come personaggio totalmente negativo, anzi nell'intervento in cui la Linney "convince" definitivamente Eric, Hanssen viene descritto in termini di male assoluto: il mal non è affatto "interno", come dici tu: il male è sempre ben separato dal bene e non è possibile fare confusione; i cattivi sono ben individuabili (anche se a volte si infiltrano e sono ben cammuffati, e ci vuole un po' di tempo), il fatto che si trovino all'interno del sistema è puramente incidentale. E l'America è un grande paese, perchè ci saranno sempre dei buoni integralmente buoni che elimineranno i cattivi (i quali saranno, sempre, integralmente cattivi). Questo dice il film, e lo dice con un linguaggio registico - la cosa appare in tutta la sua abbagliante evidenza quando la storia non ha più niente da dire/dare- che è in effetti piuttosto fiacco.
 
andag ha scritto:
Questo dice il film
Ma lo dirà a te e a qualche tuo amico, perché non lo dice neanche un po'. L'interesse di questo film, chiaramente, non sta nel delineare una complessità di Hanssen in termini di moventi logici per quello che ha fatto, di retroscena che ci mostrino ombre di giustezza del suo agire contro gli USA "grande paese": appunto per questo quello che ha fatto ci viene detto subito, è pacifico, stabilito, l'epilogo mette semplicemente in scena quello che sapevamo già. Il suo fascino malato è invece delineato appunto tutto verso l'interno, che è anche il nucleo interno della pellicola, in come Hanssen rispecchia in maniera fredda (ma nascostamente ambivalente, quindi negativa ed in negativo) quei valori tutti americani, (anti-)democratici, militaristici, fondamentalistico-religiosi, arrivando quasi a conquistare, a plagiare come un figlio il giovane O'Neill e a farne capitolare il matrimonio. Hanssen è un cattivo, ma è un cattivo come potevano essere cattivi i tutori della libertà contro il comunismo McCarthy o Hoover. Non c'era nulla di logico in quello che han fatto quei signori, e non c'è nulla di logico in quello che ha fatto Hanssen. Uno che vendeva le informazioni ai sovietici perché tanto era sicuro che Dio (cui i sovietici non credevano) era comunque dalla parte degli USA, religiosi e pii negli ideali (nonché porno-maniaci, marci dentro) come lui.
 
'Sto film, per me, è una palla mostruosa.
Oltre che noioso, è prolisso; oltre che statico, è assolutamente inutile, oltre che barboso, è ridondante; perfino nella noia che produce.
...piuttosto, mi rivedo The Life Aquatic di Wes Anderson.:badgrin:
 
E non è che a noi che tu ti sei annoiato ce ne freghi qualcosa.
 
...era per dare un metro di misura "noto". :badgrin:
PS ...se modifichi i post poi non si capiscono le repliche.
 
Mi chiedo quale arcana e diabolica replica avevi escogitato per controbattere a "E non è che a noi ce ne freghi qualcosa", incomprensibile a post modificato.
 
gahan ha scritto:
Ma lo dirà a te e a qualche tuo amico
e forse anche a sòreta, vedi altro thread... e vedi anche un altro film, a quanto pare.
Salvo poi darsi del cog...
 
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