(AGI) - Roma, 16 mar - La Cassazione 'nobilita' la satira e in una sua sentenza scrive: "E' sulla manifestazione del pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si e' addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili delle persone al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioe' verso il bene". Ma se si supera questo scopo con altre annotazioni sul personaggio che si intende caricaturare con elementi sgradevolmente inutili, allora la satira si trasforma in diffamazione. La prima sezione penale della Suprema Corte, preso atto che la prescrizione del reato ha chiuso per sempre la vicenda portata al suo esame, ha annullato senza rinvio la sentenza di assoluzione di un giornalista pronunciata dalla corte d'appello di Roma dopo che l'avvocato Lucibello aveva 'denunciato' tre articoli apparsi sul suo conto nel 1996, quando molto si parlava della sua amicizia con l'allora magistrato Antonio di Pietro. La Cassazione non ha tralasciato pero' di 'bacchettare' la decisione presa dai giudici di Roma, osservando che degli elementi considerati nella sentenza come commenti satirici (la 'forfora' o lo 'sguardo del bottegaio') tutto si puo' dire tranne che abbiano svolto il compito che deve essere attribuito alla satira. Si trattava infatti di notazioni "del tutto superflue - scrivono gli alti giudici - e pur non avendo valenza intrinsecamente diffamatoria, nella loro sgradevolezza inutile assumevano tale carattere".