Considerazioni economiche

foxxya

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Il digitale terrestre introduce due nuovi aspetti:
1) aumenta il numero di canali su rete nazionale
2) introduce il concetto che la qualità delle trasmissioni o meglio dei contenuti nella TV sarà legata ad un abbonamento, sebbene poi la trasmissione televisiva si avvalga anche della pubblicità (in effetti la soluzione ad abbonamento sarebbe come pagare per ricevere tot minuti giornalieri di pubbllicità :doubt: )

Una piccola e semplice considerazione logica sull'economia di questo cambiamento mi lascia piuttosto perplesso.
Vi spiego: il pubblico di teledimendenti italiani a mio parere è pressocchè stabile.
Non c'è un aumento demografico eccezionale tale da incrementare i telespettatori.
Il mezzo era già diffuso sul territorio e se da un lato qualche persona non teledipendente sarà invogliata a provar eil digitale, dall'altro altri noto come si stiano alterando, in special modo gli anziani che stavano già bene con l'analogico e non capiscono nulla delle sigle nuove (a dire il vero ho anche constatato un caso di truffa a degli anziani amici di famiglia...dopo aver capito di esser stati truffati da un impiantista-antennista con un abbonamento sky non voluto, ora si sono mossi per disdirlo).
Dall'altro lato aumentano il numero delle televisioni su rete nazionale, cosa che invoglia società ad investire capitali di denaro.
Le stesse tv già esistenti su scala nazionale stanno investendo denaro per primeggiare anche sul digitale (tralasciando le polemiche politiche già discusse su altri forum-blog su cui non serve dire nient'altro).
Dall'altro lato abbiamo un'alternanza di tv a pagamento e di tv libere, e la mancanza dell'introduzione del concetto di separazione fra proposte a canone e proposte gratuite con pubblicità.
Quindi, dato che la trattazione degli introiti da pubblicità è di per se monopolistica o oligarchica in Italia, si crea un piccolo paradosso.
Da un lato aumenta l'offerta con più canali su rete nazionale, cosa che dovrebbe garantire concorrenza e ridurre i costi dei prodotti (si ok, è paradossale dire questo visto che l'analogico aveva costi zero per i cittadini italiani).
D'altro canto la presenza di forti investimenti implica anche il dover rientrare con proporzionati guadagni, pena la mancata crescita od anche il fallimento di progetti aziendali.
Dato che non sembra esserci minimamente la possibilità che aumentino in modo considerevole il numero di telespettatori dall'oggi al domani, rimangono due soli termini per bilanciare la sostenibilità economica del digitale:
1) canoni che rimangono elevati per chi vorrà usufruire del digitale di qualità
2) maggiori costi sulla pubblicità, scaricati alle aziende interessate.
E' bene ricordare che i costi per pubblicità scaricati ad aziende che vendono prodotti nel territorio italiano, si scaricano per esigenze di bilancio sui prodotti venduti agli italiani.
Ciò che pareggia questo scompenso è derivante dal fatto che le televisioni non a canone debbono versare una parte di contributi e tasse allo Stato (tasse che sono state ridotta all'1% del fatturato nel 1999 per le tv nazionali).
E' bene notare tuttavia che ora con il DDTV la situazione è logicamente un po' più caotica, dato che sistema a canone ed a pubblicità si mescolano.
La quantità di guadagni che una TV nazionale può fare dalla vendita di spazi pubblicitari dipende dalle agenzie che trattano la materia.
Ora non so se queste stiano aumentando, e spero non vi sia la sola Pubblitalia.
E' difficile capire quale equilibrio si instaurerà nel novello sistema digitale, e per capirlo si può considerare anche la questione dei residui d'archivio.
Per residuo d'archivio intendo quella vasta videoteca detenuta da una televisione costituita comprando licenze territoriali di distribuzione di un certo film o documentario, basandosi solo sull'utile conseguito dalla pubblicità.
Ad ogni trasmissione si svaluta ed invecchia la qualità del prodotto, ma allo stesso tempo vi sono introiti di ulteriore pubblicità.
Se a tali introiti si affianca un canone di abbonamento, gli utili aumentano in modo considerevole.
Il residuo d'archivio anche se parzialmente vecchio e non costituito dalle ultime uscite di film, tuttavia può essere definito anche come un capitale capace di generare un flusso di denaro medio derivante da pubblicità.
Al tempo stesso il minutaggio disponibile per "pubblicare via etere" tale capitale sepolto in archivio, capace di generare un flusso medio denaro da pubblicità è strettamente rigido e legato ad alcuni fattori: il numero di canali a disposizione della televisione, il rapporti massimi di trasmissione di contenuti e inframezzamento da pubblicità così come previsti da legge, le ore totali di una giornata in relazione ai flussi di pubblico presenti.
Quindi aumentare i canali televisivi può diventare soprattutto avere più tempo disponibile per far uscire tale residuo d'archivio dall'altro buio in cui è relegato (magari anche attraverso la compravendita o l'affitto della licenza di distribuzione di un dato film su territorio nazionale).
D'altro canto è ovvio che senza innovazione nella programmazione televisiva, non vi sarebbe un incentivo per il pubblico a diventare telespettatori, ma come detto all'inizio del post sul digitale si sta instaurando l'idea che la qualità dei contenuti (per esempio le prime visioni di telefilm e film) debbano essere legati all'acquisto di un abbonamento a canone mensile, magari con pubblicizzazione del prodotto sui canali in chiaro della stessa televisione.

:eusa_think: queste sono le mie perplessità :eusa_think:
 
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