Il regista Ang Lee si è posto una sfida non molto facile: una storia di amore omosessuale ambientata tra i cowboys (sia pure contemporanei).
Il tema in effetti può sembrare un po' contrastante con l'iconografia tradizionale del cowboy, ma direi che la scommessa è senz'altro vinta, grazie ad una regia classica, estremamente sobria, e ad una sceneggiatura che usa le ellissi in modo sapiente consentendo di seguire, quasi senza percepire soluzioni di continuità, l'evolversi della storia in oltre venti anni (a partire dal 1963).
Grazie alla bravura di regista e protagonisti (eccezionali), la storia è raccontata con tale sensibilità che ci si dimentica del "tema omosessuale", e diventa semplicemente una storia di amore contrastato a cui ognuno può correlarsi, così come ognuno può riconoscersi nei protagonisti dei grandi melodrammi della storia del cinema (a me è venuto in mente Breve incontro di David Lean).
E questo direi proprio che entra di diritto tra i grandi melodrammi.
Leone d'oro a Venezia, meritato.
Al cinema.
***1/2
Il tema in effetti può sembrare un po' contrastante con l'iconografia tradizionale del cowboy, ma direi che la scommessa è senz'altro vinta, grazie ad una regia classica, estremamente sobria, e ad una sceneggiatura che usa le ellissi in modo sapiente consentendo di seguire, quasi senza percepire soluzioni di continuità, l'evolversi della storia in oltre venti anni (a partire dal 1963).
Grazie alla bravura di regista e protagonisti (eccezionali), la storia è raccontata con tale sensibilità che ci si dimentica del "tema omosessuale", e diventa semplicemente una storia di amore contrastato a cui ognuno può correlarsi, così come ognuno può riconoscersi nei protagonisti dei grandi melodrammi della storia del cinema (a me è venuto in mente Breve incontro di David Lean).
E questo direi proprio che entra di diritto tra i grandi melodrammi.
Leone d'oro a Venezia, meritato.
Al cinema.
***1/2