Ci è difficile comprendere le critiche mosse al film di Hirschbiegel (The Experiment), perché dipingon tutte quello che ci è sembrato - e proprio per quanto gli viene rimproverato - un film estremamente coerente e mai falso o compiaciuto. Con una cifra stilistica che, più che televisiva, è tipica del cinema tedesco, vediamo assieme il bunker della caduta del Führer, dei vertici del suo regime (fra chi non vede il futuro senza nazional-socialismo e chi, come Himmler, pensa già a come saluterà Eisenhower) e delle persone umanamente a lui vicine con fuori la Berlino che sta per arrendersi ai sovietici: è la frenesia di un uomo che trema ed urla resistendo ed arrendendosi al tracollo, ripresa da vicino per quello che probabilmente è stata. Umanizzazione? Sì, perché pretendere che si dipinga il più grande criminale della storia come se non fosse stato umano sarebbe stupido ed insensato. Così come stupido ed insensato sarebbe chiedere che da un film così strutturato debba venir fuori una ideologica condanna dell'uomo e della Storia. Tanto più che da questa umanizzazione esce fuori sì immedesimazione (strettamente filmica, però; e la cosa riesce più in generale in tutta l'opera e non solo sulla figura principale), ma nessuna pietà; questa, semmai, è tutta racchiusa nei bellissimi bambini addormentati eliminati con meticolosa cura da Magda Goebbels: per tutti il medesimo rituale, poi un sospiro e l'inquadratura va sui piedini e la coperta che si alza a coprire i loro volti dopo che la mamma dà l'ultimo bacio sulla fronte. Agghiacciante e silenzioso. Un tocco registico lieve ma intenso, così come quello che registra in successione i vari suicidi a partire da quello dei due neo-sposi, l'incendio ai loro cadaveri; tutto con a testimoniarne l'orrore visivo le sole macchie di sangue nella stanza che la giovane segretaria si ritrova a guardare per uscir subito dopo terrorizzata. Le interpretazioni, delle quali quella di Ganz è la più egocentrica (e non poteva essere altrimenti), son pregevolmente fedeli al registro utilizzato: menzione particolare ai coniugi Goebbels (Ulrich Matthes e Corinna Harfouch) ed allo Speer di Heino Ferch. In apertura e chiusura, quasi per pudicizia verso le presagite critiche, è la vera Traudl Junge a portare in prospettiva il momento storico ed umano che lei stessa ha vissuto: basta questo.
Voto: ****
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