Peder
Digital-Forum Silver Master
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- 4 Giugno 2007
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In un mondo che va sempre più verso una digitalizzazione delle informazioni e dei dati sensibili e che ha sempre più bisogno di appoggiarsi a strumenti adatti a gestire tale quantità di documenti (informatica pervasiva), il reato più odioso, terribile e dalle conseguenze inimmaginabili non può che essere lo spionaggio informatico e l'intrusione nelle vite delle altre persone.
Non è un reato di poco conto, proprio perché dall'accesso illecito ai dati altrui può scaturire tutta una serie di reati "tradizionali"... che possono portare a conseguenze identiche se non addirittura peggiori di quando non c'era tutta questa grande quantità di dati digitalizzati.
Chi non utilizza la rete Internet e pensa di non farne parte, si sbaglia di grosso.
Sul web sono inserite delle informazioni relative anche a persone che non hanno mai avuto un computer in vita loro.
Ci sono elenchi e archivi relativi ai più svariati settori:
- elenchi telefonici;
- abbonamento televisivo;
- bollo auto;
e tante altre materie.
In questi elenchi sono inclusi tutti, anche quelli che non si sono mai collegati una sola volta a Internet, proprio perché il sistema che gestisce quei siti web deve essere in grado in qualsiasi momento di confrontare la richiesta di un servizio da parte di un nuovo utente con l'eventuale disponibilità in questi elenchi e archivi delle informazioni relative a questa persona.
Questo argomento è quindi di vitale importanza.
Insegnare ai ragazzi (nelle scuole, ma anche negli Oratori e nelle Parrocchie, senza dimenticare le famiglie) a rispettare i dati altrui e a "fermarsi" prima che la propria curiosità sfoci in un atto illecito ed illegale (dalle conseguenze incalcolabili) diventa quindi una priorità fondamentale di tutte le categorie di insegnanti ed educatori.
La vittima dell'intrusione può essere magari meno "scaltra" ed "esperta" di questi pirati informatici, ma quello che bisognerebbe insegnare è che ciò che oggi capita alle loro vittime, un giorno potrebbe capitare a loro o comunque a dei loro parenti, amici o colleghi, giovani o anziani che siano; e che anche se questo non dovesse succedere, l'intrusione già effettuata è già stata qualcosa di estremamente sbagliato, perché non ha permesso di far riconoscere nella vittima un altro "se stesso".
Chi spia e ficca il naso nella vita dell'altro ha già perso in partenza, perché non riconosce nell'altro gli stessi suoi diritti e nega alla base uno dei principi fondamentali su cui si deve basare una società che voglia fregiarsi del titolo di "società civile".
Un atteggiamento di questo tipo è già una sconfitta.
La sconfitta di ogni tipo di insegnamento.
Definitiva per chi non retrocede da questi atteggiamenti (denotando quindi una incredibile, inarrivabile, irrimediabile imbecillità).
Invece non per la società che è ancora in tempo per fermare questo scempio e tornare ad insegnare il diritto, il rispetto, la tolleranza, la "compassione" (intesa non come atteggiamento di superiorità nei confronti degli altri, bensì come immedesimarsi nell'altro).
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Non è un reato di poco conto, proprio perché dall'accesso illecito ai dati altrui può scaturire tutta una serie di reati "tradizionali"... che possono portare a conseguenze identiche se non addirittura peggiori di quando non c'era tutta questa grande quantità di dati digitalizzati.
Chi non utilizza la rete Internet e pensa di non farne parte, si sbaglia di grosso.
Sul web sono inserite delle informazioni relative anche a persone che non hanno mai avuto un computer in vita loro.
Ci sono elenchi e archivi relativi ai più svariati settori:
- elenchi telefonici;
- abbonamento televisivo;
- bollo auto;
e tante altre materie.
In questi elenchi sono inclusi tutti, anche quelli che non si sono mai collegati una sola volta a Internet, proprio perché il sistema che gestisce quei siti web deve essere in grado in qualsiasi momento di confrontare la richiesta di un servizio da parte di un nuovo utente con l'eventuale disponibilità in questi elenchi e archivi delle informazioni relative a questa persona.
Questo argomento è quindi di vitale importanza.
Insegnare ai ragazzi (nelle scuole, ma anche negli Oratori e nelle Parrocchie, senza dimenticare le famiglie) a rispettare i dati altrui e a "fermarsi" prima che la propria curiosità sfoci in un atto illecito ed illegale (dalle conseguenze incalcolabili) diventa quindi una priorità fondamentale di tutte le categorie di insegnanti ed educatori.
La vittima dell'intrusione può essere magari meno "scaltra" ed "esperta" di questi pirati informatici, ma quello che bisognerebbe insegnare è che ciò che oggi capita alle loro vittime, un giorno potrebbe capitare a loro o comunque a dei loro parenti, amici o colleghi, giovani o anziani che siano; e che anche se questo non dovesse succedere, l'intrusione già effettuata è già stata qualcosa di estremamente sbagliato, perché non ha permesso di far riconoscere nella vittima un altro "se stesso".
Chi spia e ficca il naso nella vita dell'altro ha già perso in partenza, perché non riconosce nell'altro gli stessi suoi diritti e nega alla base uno dei principi fondamentali su cui si deve basare una società che voglia fregiarsi del titolo di "società civile".
Un atteggiamento di questo tipo è già una sconfitta.
La sconfitta di ogni tipo di insegnamento.
Definitiva per chi non retrocede da questi atteggiamenti (denotando quindi una incredibile, inarrivabile, irrimediabile imbecillità).
Invece non per la società che è ancora in tempo per fermare questo scempio e tornare ad insegnare il diritto, il rispetto, la tolleranza, la "compassione" (intesa non come atteggiamento di superiorità nei confronti degli altri, bensì come immedesimarsi nell'altro).
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