
Emozioni enormi in questo film: non riuscirei nemmeno a descriverlo come documentario, perché mi sono sentito immerso in una storia romanzata vera e propria. Sono riuscito a vedere immagini che son sicuro son già passate su Super Quark e a commuovermi: quando il piccolo cammello viene rifiutato dalla mamma ho guardato i suoi occhioni spauriti e ho sentito la classica fitta al cuore, come se stessi trattenendo le stesse lacrime che trattiene lui. Questa è una storia su un cammello, ma è un resoconto di una vita che noi non conosciamo più, una vita naturale e splendida come i costumi tradizionali di questa famiglia nomade del deserto del Gobi. Una vita che si difende e alla fine trionfa: è appunto una cerimonia tradizionale a far riavvicinare il piccolo alla mamma. Se c'è un po' di schematismo (la direzione ha un po' un'aria di tesi: è anche per questo che dicevo sarebbe difficile dire che questo è un documentario naturalistico) nel difenderla contro il moderno, nei gesti quotidiani di questa gente c'è una dignità sincera. In più c'è più spirito che catastrofismo quando alla fine spunta la parabola a portare la televisione anche in questo angolo vergine di paradiso. Forse è più preoccupante che anche il piccolo Ugna si ritrovi, ancor prima di avere la tv, un cappello dell'Adidas...
Voto: ***