A pochi giorni dal suo 92° compleanno, è morta Lea Massari.
"Capelli fulvi o castani, lentiggini ribelli e naso capriccioso, occhi profondi con una perenne aria di sfida, voce roca e inconfondibile, corpo armonioso ma non vistoso, è l'antidiva per eccellenza in un cinema italiano che, nel cuore degli anni '50 celebra ancora le 'maggiorate' ".
Il primo film che ricordo di lei è La corsa della lepre attraverso i campi…
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Sono le parole di Giorgio Gosetti su l'ANSA nel tratteggiare fisicamente quella che è stata - borghesemente a buona ragione - definita un'antidiva. Che poi in sè anche questo termine vale quasi come un ossimoro riferito proprio a lei che ha fatto dell'indipendenza e della fierezza delle sue scelte una questione quasi personale,in una sorta di sua direzione uguale e contraria" alla Faber: se ne è d'altra parte sempre infischiata delle etichette buone solo per appiccicare apodittiche conclusioni per chi si accontenta di fole e chiacchiere.
Indimenticabile icona de L'Avventura, aveva 91 anni (ANSA)
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«Io fino a oggi sono stata una persona innamorata di due sole cose: della rissa e dell’amore. E così ho passato la vita ad alzar barricate, a battermi con forsennati come me: innamorati della rissa e dell’amore come me» Sono le parole rilasciate ad Oriana Fallaci nel 1964 che la intervistò per l'Europeo sul set di Le soldatesse di Valerio Zurlini e riportate da Cecilia Ermini sul Manifesto: "Frasi che rilette oggi"- commenta Ermini - sintetizzano perfettamente una vita e una carriera cinematografica votate al rifiuto delle convenzioni, delle regole produttive, delle carriere pre-confezionate".
Qui una sua intervista dagli archivi della Svizzera Italiana
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"Possibile che lei abbia detto d’aver fatto una carriera mediocre?" le chiese Valerio Cappelli per il Corriere della Sera nel 2009
«È così, io non sono nata per fare l’attrice, non è un mestiere che ho voluto, non l’ho cercato, ho fatto un lavoro che non mi interessava, per questo è stato facile dire basta».
Alla faccia della carriera mediocre...modesta e schiva di suo, studiava architettura quando Piero Gherardi,scenografo amico di famiglia la persuase prima a fare la modella e poi a tentare la carriera cinematografica segnalandola a Mario Monicelli che la fece debuttare in "Proibito",tratto da Grazia Deledda,accanto ad Amedeo Nazzari e Mel Ferrer. Fu proprio in coincidenza del suo debutto che decise di autoassegnarsi, dall'anagrafico Anna Maria Massatani, il nome d'arte di Lea Massari in onore del fidanzato Leo,morto in un incidente d'auto poco prima di convolare con lei a nozze.
Con quest'ombra che l'ha sempre accompagnata di una malinconia invitta, raggiunse il successo popolare con 'I sogni nel cassetto' nel 1957,di Renato Castellani.Ritenuto (ahi le etichette!) un film del neorealismo di stampo rosa,fu letto in modo abbastanza superficiale in considerazione degli spazi tragici annidati nel film quasi da pendant alle vicende personali di Lea.
Nessuno nel ricordarla ha evitato di mettere in primo piano l'aver girato 'L'avventura' con Antonioni: paradossalmente per un'attrice come lei in sottrazione fu più congeniale essere notata per la sua assenza improvvisa nel suo ruolo nel film, a sancire quello che poi abbracciò in una sorta come si disse di "arte della fuga",dell'eclissarsi.
La vera avventura la visse nel dietro le quinte del film come,pur riluttante,confessò: «È stata un’esperienza che mi ha segnato profondamente, i produttori ci lasciarono senza soldi e io, scaduto il contratto di un mese, lavorai per altri tre mesi e mezzo gratis, lo sciopero della troupe, il maltempo. Le navi non potevano attraccare, bevevamo l’acqua dei pozzi, la poca buona che c’era andava nella casa abitata da Antonioni, Monica, più l’aiuto regista e sua moglie, erano in un castellotto dove non mancava niente.
Sono stati tre mesi drammatici a Panarea, poi a Palermo abbiamo rifatto tre scene terribili, in bikini, era gennaio. Un freddo terribile. E ho preso una specie di colpo apoplettico, poi un blocco intestinale per l’acqua ghiacciata. Fui salvata per miracolo da due dottori. Il film bisognava finirlo per forza, non si poteva fare altro».
Scopri la biografia di Lea Massari: dagli esordi con Antonioni al successo internazionale. Vita privata, film principali e carriera.
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"Da “Una vita difficile” di Dino Risi con Alberto Sordi, dove è una moglie meravigliosa e sempre dalla parte giusta dell’italiano medio che troverà coraggio solo alla fine del film" (parole di Marco Giusti,padre di quel Blob che spesso la omaggia nella sequenza famosa della tavolata con i monarchici mentre la radio annuncia la vittoria della Repubblica), passando per il Mauro Bolognini de "La giornata balorda",partecipa a quella straordinaria esperienza collettiva che fu "Le 4 giornate di Napoli",di Nanni Loy,un film di grandissimo valore recitativo quanto storico. Per 'Una vita difficile' e 'I sogni muoiono all'alba'(tratto da un testo di Indro aka Schizogene* Montanelli) consegue il David di Donatello.
Alcuni anni più tardi sul set di “Allonsanfan” la Massari rammentò la storia della non inclusione a “8 ½”: “Fellini mi aveva fatto un provino imponendomi un seno finto enorme, una gonna di pesante panno beige, una parrucca nera alla Sofonisba. Tutto andò benissimo e Fellini disse che era bellissima. Ma ancora vorrei chiedergli perché il film non me lo fece fare”.
In compenso debutta in tv con Sandro Bolchi,maestro degli sceneggiati tratti da grandi opere letterarie, ne I Promessi Sposi e in Anna Karenina (esaltatissima dalla critica),ma - a mio sommesso avviso - è ne 'I fratelli Karamazov' nel ruolo di Grushenka che raggiunge lo zenit: primi piani,piani sbilenchi, piani lunghi,non c'è nulla da fare,il suo volto illumina la scena
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Accanto a Corrado Pani,Salvo Randone.Umberto Orsini, Lea sfavilla con una sensualità impareggiabile: irradia magnetismo e sprigiona erotismo con il solo alzare il sopracciglio,increspar le labbra o muovere a un sorriso beffardo.
Con quella voce rauca,ma seducentissima le toccò essere doppiata per un certo periodo da attrici quali Adriana Asti, Valeria Valeri, Lydia Simoneschi, Rita Savagnone: decisione incomprensibile...
Sul finire degli anni '60, per non dover soggiacere ad un "cinema a conduzione coniugale", lei(parole di Marco Giusti) che " non aveva alle spalle un marito o un amante potente produttore che la imponeva ai registi", scelse di lavorare all'estero, segnatamente in Francia,dove fu acclamatissima.
Girò con attori del calibro di Michel Piccoli,Yves Montand,Jean Louis Trintignant, e con registi comme Claude Sautet,Michel Deville, René Clément,Claude Pinoteau,Pierre Granier-Deferre,Louis Malle.
Con quest'ultimo girò nel 1971 il film che - a suo stesso dire - più amò: 'Un soffio al cuore' che le costò l'assurda e delirante accusa penale di oscenità e di corruzione di minore,per via di una scena in cui da madre ha un rapporto incestuoso col figlio.
Lea Massari in Soffio al cuore (1971)
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I benpensanti tuonarono sangue e fu intentata una campagna accanitoria nei suoi confronti,senza - verosimilmente - neanche aver visto il film: in sè la vicenda raccontata e anche soprattutto la delicatezza del girato non giustificava affatto la grancassa e i toni scandalistici sollevati. Soprattutto, a fronte della sensualità e erotismo che Lea suscitava anche senza mostrare neppure una caviglia scoperta in altre opere, il modo in cui veniva trattato il tema (stranamente neppure primario nel film,ma quasi en passant) certamente non autorizzava quel ricorrere a procedimenti che finirono invece per confermare,nel cuore di Lea,quanto questo paese fosse ancora culturalmente e mentalmente arretrato.
Cionondimeno ,spinta dalla conoscenza del regista,Lea Massari accettò una parte per certi versi più ingrata ne 'La prima notte di quiete',con Alin Delon,a firma Valerio Zurlini: un film maledetto che nel suo maledettismo e mal di vivere diventò negli anni un vero e proprio cult movie.
Diventò via via più selettiva nelle sue scelte artistiche: girò nel 1977 'Antonio Gramsci - I giorni del carcere',di Lino Dal Fra, con Riccardo Cucciolla,col quale un anno prima aveva partecipato a 'La linea del fiume'. Con Omero Antonutti e Giancarlo Sbragia gira "Quaderno probito',tratto da Alba de Cespedes. La regia è di Marco Leto,troppo spesso sottovalutato, un regista di grande cultura,acutezza e qualità: con lui decide di portare sullo schermo 'Una donna spezzata',di Simone de Beauvoir,in cui Lea è anche co-sceneggiatrice.
Francesco Rosi nel 1978 con la trasposizione del romanzo di Carlo Levi,'Cristo s'è fermato ad Eboli' la vuole insieme a Gian Maria Volontè,prova che le valse il Nastro d'Argento'.
Nel 1985 con un cast veramente notevole tutto al femminile recita in 'Segreti,segreti',di Giuseppe Bertolucci:con lei Stefania Sandrelli,Mariangela Melato,Giulia Boschi,Lina Sastri,Alida Valli,Rossana Podestà,Sandra Ceccarelli.
Di lì a breve, a 57 anni, decise di ritirarsi dalle scene,isolandosi in campagna,periferia romana,dedicandosi agli animali.
"Animalista convinta e cacciatrice pentita" - riferisce Davide Turrini ne Il Fatto - " Massari si è battuta per le cause e la vita di tutti gli animali quando ancora non si erano affermate associazioni del settore e non c’erano ovviamente web e social. “Trent’anni fa a Dubrovnik, in Jugoslavia, con mio marito, cacciavamo la lepre”, ricordò negli anni novanta in una celebre intervista a Claudio Sabelli Fioretti. “Per me era la prima volta, perché non avevo mai sparato alla lepre. Sentii un fruscio e sparai d’istinto. Credevo fosse una lepre, invece era un coniglietto. Mi morì mentre lo stringevo in petto e io sono morta con lui. Mi sentivo una stronza”. Nella stessa intervista Massari difendeva la scelta di non mangiare più carne, di combattere contro macelli, allevamenti intensivi, circhi e perfino contro la vivisezione: “L’animale è l’uomo. Anzi più di un uomo. Non ha i suoi difetti, l’invidia, l’interesse. E’ un uomo divinizzato”.
Se ne è andata così sommessamente come ha vissuto,riservatissima nei suoi ultimi 35 anni,un'artista che - parole di Fabio Secchi Frau - "è l'esplosione in uno scatto delle sopracciglia, è lo scandalo nascosto... è proprio lei, quel soffio al cuore"
*"quarto nome imposto al neonato, che segue quelli del nonno materno e di quello paterno: Indro, Alessandro, Raffaello, Schizogene. Schizogene: ancora un dispetto del professor Sestilio Montanelli, un nome coniato dal greco che significa “generatore di separazione”, ovvero, più volgarmente, ’seminatore di zizzania’