L'ignoto spazio profondo

gahan

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Un'odissea nello spazio del 2005: Herzog filosofeggia sulla virulenta corsa umana per stabilizzarsi, sulla fagocitazione delle risorse e la necessità di trovare nuovo suolo da trivellare in cerca di nuovo oro, qualunque sia il suo colore. Però la Terra è una sola, e a quanto pare di posti disponibili per rimediare ai nostri casini non ce ne sono... Meglio trattarla bene o sarà lei stessa ad espellerci fra qualche centinaio di anni. Immagini di repertorio, un alieno (Brad Dourif) dalle sembianze umane in mezzo ad una cattedrale (dice che gli alieni fanno schifo e ha tutto l'aspetto - "avrei potuto dirglielo", un po' intontito - per confermarlo) quasi nel deserto e riprese subacque: su questo, musica soprattutto wolof e sarda. La ricetta è semplice, le teorie scientifiche ridicole e spiegate molto in fretta, è tutto un po' troppo chiaro, un po' di noia c'è; però Herzog sa come creare quel senso di angoscia che alla fine fa ripensare a tutto (soprattutto le interminabili sequenze con l'equipaggio della Galileo che mangia e corre al tapis roulant in assenza di gravità) come se fosse un documento anticipato del nulla che seguirà la nostra esistenza, e davvero viene da pensare a questo documentario fantascientifico a basso budget come ad un piccolo capolavoro sregolato.

Voto: ****
 
Ultima modifica:
Herzog è un grande, ma il fatto di essere un film di Herzog non fa automaticamente di un film un grande film.
Qui c'è un'ideuzza di partenza, nemmeno troppo originale, e poi la broda viene diluita (con immagini di repertorio dello Shuttle e qualche apposita sequenza digitalizzata di un certo lirismo – alla Sokurov) fino a raggiungere l'ora e mezza minima sindacale necessaria a farne un lungometraggio.
Era proprio necessario? C’è da chiedersi quali fossero le motivazioni.

I B-movies degli anni ’50 riciclavano ampiamente per motivi di budget scene scartate da altri film, da cinegiornali ecc…. se proprio vogliamo trovare una ragion d’essere di questo film, lo potremmo considerare un omaggio alla SF di quegli anni… ma non so…
Bello il personaggio di Dourif e bella la sua ambientazione nella “nuova-Washington-che-non-è-mai-stata”.
La colonna sonora relentless, senza pietà, dei tenores di Orisei è (per i miei gusti) decisamente più irritante che ipnotica.

**
 
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