Quattro capitoli per altrettante coppie alle prese con l'evoluzione delle loro storie, legate da brevi raccordi. La coppia Veronesi/Muccino si ritrova dopo Che ne sarà di noi (e, ahinoi, non vuol proprio saperne di dividersi: del prossimo anno sarà Tutto e subito) e, miracolo, ci fa sperare per i primi venti o giù di lì minuti in un qualcosa di ispirato; troppo poco, perché dopo questi venti minuti avvertiamo già la stanca e quel che segue registra una sceneggiatura fiacchissima, fatta interamente di personaggi preconfezionati e delle loro storielle preconfezionate con in sottofondo le pedanti musiche di Paolo Buonvino. Le risate arrivano per puro merito degli attori buttati dentro, fedeli a sé stessi facendo in pratica tutto da soli perché a dirigerli non c'è nessuno. Tralasciando il solito Muccino ansimante ma meno irritante di altre volte, fulminato da Jasmine Trinca, abbiamo: Rubini/Buy, Littizzetto/Abbrescia - stesso duo di Se devo essere sincera e, se dobbiamo esser sinceri, hanno anche un po' stufato - ed il solito Verdone che, per quanto ci riguarda, porta a casa il premio di migliore della compagnia per quanto non si sforzi affatto.
Voto: * ½

: , può far valutare milioni di euro una crosta: parlo, ovviamente, di arte moderna... ), mentre quello cinematografico è perfettamente conscio di avere un potere infinitamente inferiore, visto che il suo giudizio è in grado di influenzare una platea ridottissima di potenziali spettatori: spettatori che, peraltro, dopo un paio di eventuali "bufale" eviterebbero di prendere ulteriormente in considerazione il suo parere...: