13 apr 2006 - Lo scorso 7 febbraio la Giunta Regionale del Veneto ha approvato la Delibera n. 243, denominata “Linee guida per una regolamentazione uniforme dell’igiene urbana veterinaria nel territorio della Regione Veneto”. Tale Delibera, in attuazione dell’Accordo Stato-Regioni del 6 febbraio 2003, contiene le disposizioni a cui ogni Amministrazione Locale dovrebbe rifarsi per l’emanazione dei rispettivi Regolamenti di igiene urbana veterinaria.
Sebbene il fine dichiaratamente perseguito sia la “corretta convivenza tra le persone e gli animali da compagnia, nel rispetto delle esigenze sanitarie, ambientali e del benessere animale”, in alcuni punti le linee guida vanno in direzione esattamente opposta. Ecco perché, con l’assistenza dell’avvocato Massimo Rizzato del Foro di Vicenza, le associazioni animaliste LAV ed ENPA l’hanno impugnata avanti il TAR Veneto.
Tra i punti più contestati, la delibera prevede l’obbligo di autorizzazione del Sindaco, sentita la ULSS Veterinaria locale, per detenere in un’abitazione più di cinque cani o dieci gatti.
Dichiara Carmen Caballero, Coordinatrice Regionale LAV: “Questa norma è unica nel panorama legislativo italiano e limita arbitrariamente i diritti di ogni cittadino; si colpiscono anche tutte le persone che hanno deciso di ospitare nelle proprie case cani o gatti abbandonati, o che hanno subito maltrattamenti. Come dovranno comportarsi i cittadini in caso di diniego dell’autorizzazione? E, soprattutto, che fine faranno tutti quei cani e gatti in esubero, dato che le strutture pubbliche e private convenzionate hanno già ora gravissimi problemi di sovraffollamento? Un conto è la verifica caso per caso accertando le situazioni specifiche di benessere animale e igieniche, un conto è fissare un limite sulla carta e senza senso”.
La delibera, inoltre, fissa misure minime estremamente ridotte per i box e i recinti adibiti al ricovero dei cani: da 1 a 2,5 metri quadrati, in relazione alle dimensioni del cane. Queste misure erano previste dall’Accordo Stato – Regioni solo nei casi di “commercio, allevamento addestramento e custodia a fini commerciali”, poiché, in queste ipotesi, gli animali sono tenuti nei box per brevi periodi.
Osserva Anna Descovich, Delegata LAV di Vicenza: “In base alle linee guida, ora queste misure sarebbero applicabili alla generalità dei casi. Pensiamo a tutti quei cani che sono già tenuti in condizioni precarie all’interno di strutture di ricovero, magari proprio all’interno di canili privati: queste situazioni verrebbero per così dire legalizzate o, nei casi più disperati, addirittura peggiorate. E ciò sulla base delle indicazioni della Giunta Regionale. Insomma: questa Delibera pare irragionevole e insufficiente. Aspettiamo di sentire cosa ne pensano i giudici”.
In ultimo la critica delle associazioni animaliste alla Regione è fondata, prendendo atto del ritardo di ben tre anni per il recepimento, sullo strumento adottato. Non una Legge – come fatto dall’Emilia Romagna, per esempio – ma semplici Linee Guida per i Comuni che non sono obbligati a recepirle. Eppure il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del febbraio 2003 attua un Accordo firmato da Stato e Regioni, con il Veneto peraltro capofila in ambito veterinario del coordinamento regionale. Un brutto esempio piratesco condito da una mancanza di ascolto e di acquisizioni dei pareri dell’ambito animalista.
Fonte
Sebbene il fine dichiaratamente perseguito sia la “corretta convivenza tra le persone e gli animali da compagnia, nel rispetto delle esigenze sanitarie, ambientali e del benessere animale”, in alcuni punti le linee guida vanno in direzione esattamente opposta. Ecco perché, con l’assistenza dell’avvocato Massimo Rizzato del Foro di Vicenza, le associazioni animaliste LAV ed ENPA l’hanno impugnata avanti il TAR Veneto.
Tra i punti più contestati, la delibera prevede l’obbligo di autorizzazione del Sindaco, sentita la ULSS Veterinaria locale, per detenere in un’abitazione più di cinque cani o dieci gatti.
Dichiara Carmen Caballero, Coordinatrice Regionale LAV: “Questa norma è unica nel panorama legislativo italiano e limita arbitrariamente i diritti di ogni cittadino; si colpiscono anche tutte le persone che hanno deciso di ospitare nelle proprie case cani o gatti abbandonati, o che hanno subito maltrattamenti. Come dovranno comportarsi i cittadini in caso di diniego dell’autorizzazione? E, soprattutto, che fine faranno tutti quei cani e gatti in esubero, dato che le strutture pubbliche e private convenzionate hanno già ora gravissimi problemi di sovraffollamento? Un conto è la verifica caso per caso accertando le situazioni specifiche di benessere animale e igieniche, un conto è fissare un limite sulla carta e senza senso”.
La delibera, inoltre, fissa misure minime estremamente ridotte per i box e i recinti adibiti al ricovero dei cani: da 1 a 2,5 metri quadrati, in relazione alle dimensioni del cane. Queste misure erano previste dall’Accordo Stato – Regioni solo nei casi di “commercio, allevamento addestramento e custodia a fini commerciali”, poiché, in queste ipotesi, gli animali sono tenuti nei box per brevi periodi.
Osserva Anna Descovich, Delegata LAV di Vicenza: “In base alle linee guida, ora queste misure sarebbero applicabili alla generalità dei casi. Pensiamo a tutti quei cani che sono già tenuti in condizioni precarie all’interno di strutture di ricovero, magari proprio all’interno di canili privati: queste situazioni verrebbero per così dire legalizzate o, nei casi più disperati, addirittura peggiorate. E ciò sulla base delle indicazioni della Giunta Regionale. Insomma: questa Delibera pare irragionevole e insufficiente. Aspettiamo di sentire cosa ne pensano i giudici”.
In ultimo la critica delle associazioni animaliste alla Regione è fondata, prendendo atto del ritardo di ben tre anni per il recepimento, sullo strumento adottato. Non una Legge – come fatto dall’Emilia Romagna, per esempio – ma semplici Linee Guida per i Comuni che non sono obbligati a recepirle. Eppure il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del febbraio 2003 attua un Accordo firmato da Stato e Regioni, con il Veneto peraltro capofila in ambito veterinario del coordinamento regionale. Un brutto esempio piratesco condito da una mancanza di ascolto e di acquisizioni dei pareri dell’ambito animalista.
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