24 febbraio 2006 - Nel Bacino del Mediterraneo produzione, consumi e scambi internazionali di prodotti ittici sono andati via via aumentando nell'arco degli ultimi 25 anni.
E' l'analisi principale che emerge dal nuovo Rapporto Ismea 'Verso un sistema di regole comuni per la pesca nel Bacino del Mediterraneo', che ha l'obiettivo di delineare un quadro dell'andamento del settore e dare una linea di previsione dei consumi, fino al 2030, sulla base delle ultime statistiche elaborate dalla Fao.
Dal rapporto, presentato nel convegno ''Mediterraneo: regole comuni per un mare comune'', emerge che il consumo di pesce nell'area mediterranea e' piu' che raddoppiato negli ultimi 25 anni, raggiungendo gli 8 milioni di tonnellate nel 2002, con un'incidenza sul totale mondiale pari al 7,3%. Un dato quest'ultimo che interessa sia i Paesi mediterranei appartenenti alla Ue (Puem) che i Paesi mediterranei Terzi (Pmt), ma se si considerano singolarmente i due raggruppamenti, all'interno del Bacino, sono i Puem, con 5,6 milioni di tonnellate, ad assorbire la fetta maggiore dei consumi totali dell'area, con ben il 70%, mantenendo comunque, negli ultimi decenni, un trend positivo in entrambi i casi. Nel dettaglio, sono poi Spagna, Francia, Italia, Egitto e Turchia i Paesi che assorbono i maggiori quantitativi di pesce.
Il consumo pro-capite di pesce per i Paesi dell' area mediterranea si attesta sui 16,2 chilogrammi annui, in linea con il dato mondiale (16,3 kg). Forti consumatori si confermano i Paesi mediterranei appartenenti all'Unione Europea. Al primo posto l'isola di Malta, con 50,2 kg di prodotto pro-capite, e la Spagna, con 47,5 kg, seguite da Francia e Cipro che ne mangiano ogni anno rispettivamente 31,3 kg e 28,5 kg a testa. Per tutti gli altri Paesi del gruppo Puem, il livello dei consumi annui di prodotti ittici si spinge oltre i 20 kg, superando ampiamente il valore medio mediterraneo e mondiale. Il consumo di pesce nei Paesi mediterranei extra Ue, invece, e' molto basso. I Ptm mangiano quantita' (8,3 kg nel 2002) pari alla meta' di quelle medie mondiali.
Le proiezioni Fao indicano, tra il 2005 e il 2030, nell'ipotesi di stabilita' dei consumi (determinante quindi solo la crescita demografica), un aumento del 15% nell'area mediterranea rispetto al livello rilevato nel 1999, equivalente a una espansione pari a poco piu' di un milione di tonnellate, con crescita nulla nei Puem e del 53% nei Ptm. Nell'ipotesi, invece, di crescita dei consumi a un'intensita' analoga a quella rilevata nel ventennio 1976-1999, cioe' lo scenario ritenuto piu' probabile, entro il 2030 i consumi aumenteranno nei Puem del 13,5% e nei Ptm del 68%, con un incremento complessivo di circa 2 milioni di tonnellate. Mantenendo questi ritmi, i consumi mondiali aumenteranno del 156%, in valore assoluto un incremento pari a circa 150 milioni di tonnellate.
''I dati dimostrano chiaramente che il pesce e' diventato in gran parte, certamente nei Paesi della sponda nord del Mediterraneo, una risorsa di lusso''. Cosi' Alessandro Gianni di Greenpeace.
Secondo il responsabile campagna Mare dell'organizzazione ''questa domanda e' una delle cause dell'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche. Con il 75% delle popolazioni al limite dello sfruttamento, il settore pesca perde ogni anno, a livello globale, decine di milioni di euro''. Secondo l'Unep, ricorda Greenpeace, solo in Italia nel 2000 si sono persi 8.000 posti di lavoro nella pesca. Tra le misure da prendere per gestire meglio il problema, secondo Gianni ''e' necessaria la creazione di una rete di aree marine protette, anche nelle acque internazionali, per salvaguardare le zone particolarmente critiche per la conservazione delle popolazioni ittiche''.
(ANSA)
E' l'analisi principale che emerge dal nuovo Rapporto Ismea 'Verso un sistema di regole comuni per la pesca nel Bacino del Mediterraneo', che ha l'obiettivo di delineare un quadro dell'andamento del settore e dare una linea di previsione dei consumi, fino al 2030, sulla base delle ultime statistiche elaborate dalla Fao.
Dal rapporto, presentato nel convegno ''Mediterraneo: regole comuni per un mare comune'', emerge che il consumo di pesce nell'area mediterranea e' piu' che raddoppiato negli ultimi 25 anni, raggiungendo gli 8 milioni di tonnellate nel 2002, con un'incidenza sul totale mondiale pari al 7,3%. Un dato quest'ultimo che interessa sia i Paesi mediterranei appartenenti alla Ue (Puem) che i Paesi mediterranei Terzi (Pmt), ma se si considerano singolarmente i due raggruppamenti, all'interno del Bacino, sono i Puem, con 5,6 milioni di tonnellate, ad assorbire la fetta maggiore dei consumi totali dell'area, con ben il 70%, mantenendo comunque, negli ultimi decenni, un trend positivo in entrambi i casi. Nel dettaglio, sono poi Spagna, Francia, Italia, Egitto e Turchia i Paesi che assorbono i maggiori quantitativi di pesce.
Il consumo pro-capite di pesce per i Paesi dell' area mediterranea si attesta sui 16,2 chilogrammi annui, in linea con il dato mondiale (16,3 kg). Forti consumatori si confermano i Paesi mediterranei appartenenti all'Unione Europea. Al primo posto l'isola di Malta, con 50,2 kg di prodotto pro-capite, e la Spagna, con 47,5 kg, seguite da Francia e Cipro che ne mangiano ogni anno rispettivamente 31,3 kg e 28,5 kg a testa. Per tutti gli altri Paesi del gruppo Puem, il livello dei consumi annui di prodotti ittici si spinge oltre i 20 kg, superando ampiamente il valore medio mediterraneo e mondiale. Il consumo di pesce nei Paesi mediterranei extra Ue, invece, e' molto basso. I Ptm mangiano quantita' (8,3 kg nel 2002) pari alla meta' di quelle medie mondiali.
Le proiezioni Fao indicano, tra il 2005 e il 2030, nell'ipotesi di stabilita' dei consumi (determinante quindi solo la crescita demografica), un aumento del 15% nell'area mediterranea rispetto al livello rilevato nel 1999, equivalente a una espansione pari a poco piu' di un milione di tonnellate, con crescita nulla nei Puem e del 53% nei Ptm. Nell'ipotesi, invece, di crescita dei consumi a un'intensita' analoga a quella rilevata nel ventennio 1976-1999, cioe' lo scenario ritenuto piu' probabile, entro il 2030 i consumi aumenteranno nei Puem del 13,5% e nei Ptm del 68%, con un incremento complessivo di circa 2 milioni di tonnellate. Mantenendo questi ritmi, i consumi mondiali aumenteranno del 156%, in valore assoluto un incremento pari a circa 150 milioni di tonnellate.
''I dati dimostrano chiaramente che il pesce e' diventato in gran parte, certamente nei Paesi della sponda nord del Mediterraneo, una risorsa di lusso''. Cosi' Alessandro Gianni di Greenpeace.
Secondo il responsabile campagna Mare dell'organizzazione ''questa domanda e' una delle cause dell'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche. Con il 75% delle popolazioni al limite dello sfruttamento, il settore pesca perde ogni anno, a livello globale, decine di milioni di euro''. Secondo l'Unep, ricorda Greenpeace, solo in Italia nel 2000 si sono persi 8.000 posti di lavoro nella pesca. Tra le misure da prendere per gestire meglio il problema, secondo Gianni ''e' necessaria la creazione di una rete di aree marine protette, anche nelle acque internazionali, per salvaguardare le zone particolarmente critiche per la conservazione delle popolazioni ittiche''.
(ANSA)