Anneliese Michel iniziava la sua malattia nel 1968 in quel di Würzburg per morire nel 1976 a ventitre anni. Nel 1973 usciva L'esorcista. Tornare alla vicenda reale aiuta sia a capire quanto questa sia diversa da quella romanzata, sia a rimandarci - come se ce ne fosse bisogno... - agli anni del modello filmico che tutti abbiamo in mente quando si parla di esorcismo. Scott Derrickson, sceneggiatore de La terra dell'abbondanza di Wenders, apre dall'ingresso del medico legale nella stanza dove la ragazza, qui diciannovenne, è morta per farci dire con le parole di questi che non può esser stata morte naturale, e da qui il processo per omicidio colposo a padre Moore (Tom Wilkinson). In realtà, come sarebbe logico aspettarsi, ad esser accusati e poi condannati nella realtà furono anche i familiari. Da questa apertura, secca e sobria, partono i due momenti paralleli dei flashback legati alla possessione di Emily (Jennifer Carpenter) e del presente nel processo funestato dalle presenze maligne che aleggiano sopra di esso, sopra il sacerdote ed il suo avvocato Erin Bruner (Laura Linney). Proprio pensando a Laura Linney potremmo vedere questo "legal horror" come un misto fra Schegge di paura e The Mothman Prophecies. La confezione ha doti pregevoli specie nel realismo che insegue nel farci vedere la ragazza in preda alle convulsioni: lividi, contorcimenti, occhi spiritati e forza anormale ma niente teste che girano, arrampicamenti sui muri o vomito a volontà. E questa "artigianalità" (ci ha ricordato una scena, anch'essa molto ben fatta, di Two Sisters) va ad aiutare il tema del film: il conflitto fra fede e scienza. Emily era epilettica e pazza o era davvero dominata dai sei demoni? La vicenda reale parla di una ragazza malata, la cui condizione fisico-psichica fu peggiorata da una famiglia fortemente religiosa; proprio come Emily, Anneliese vedeva volti spettrali ovunque ed era convinta di esser dannata. Questa parte del film, concentrata nei flashback, è molto potente ed asciutta nonché, come dicevamo sopra, sanamente "alternativa" nel creare il terrore rispetto al medio horror che circola di questi tempi, anche tecnicamente molto arido di idee. I problemi arrivano quando si tratta di sceneggiare la storia, che rimane comunque centrata sul processo i cui elementi sono piuttosto banali: il trio Wilkinson/Linney/Scott, tre ottimi attori, deve portare avanti un intrigo processuale piano e buonista, con dei dialoghi poveri culminanti nelle imbarazzanti arringhe finali di accusa e difesa che precedono un altrettanto poco credibile finale figlio di una svolta mistica infelice. Un film riuscito a metà, tuttavia interessante. [TV-ZONE]
Voto: ** ½
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