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Direi anzitutto, decisamente, di sgombrare il campo dall'equivoco: questo film non c'entra assolutamente nulla con The prestige, l'affiancamento può solo essere un misunderstanding (più che altro da parte di chi non li ha visti) dovuto al fatto che i film sono usciti - più o meno - nello stesso periodo e che, in qualche modo, hanno come protagonisti degli illusionisti.
Ma The prestige era un film molto più teorico, decisamente incentrato sul dualismo tra (da una parte) l'illuminismo-pragmatismo del gioco di prestigio e (dall'altra) il sovrannaturale della magia, con una risoluzione geniale che di fatto piegava la magia ad essere puro gioco di prestigio... The illusionist è sostanzialmente un melodramma, una storia d'amore con botto e trucco finale.
L'obiezione iniziale di Tuner, cioè la dinamica evidentemente "magica" di ciò che avviene sul palcoscenico dei teatri - e che non viene giustificato in alcun modo - ha qualche buona ragione o meglio ce l'avrebbe se lo scopo del film fosse appunto un film teorico a la "The Prestige". Ma così non è, e di questo al regista non potrebbe interessare meno. Anche le ambizioni, sinceramente, mi sembrano inferiori...
In quanto "melodramma col botto" il film funziona discretamente; il finale non arriva ingiustificato, o calato dall'alto, ma con un vero gioco di prestigio ricostruito a rebours dall'ottimo Giamatti e dallo spettatore che idealmente si trovano insieme, nell'ultima scena, sulla banchina del binario, a ridere di gusto.
**1/2