Miro77
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Dietro quel rosso vivo, rappresentata da quel cavallo rampante, c'è una nazione intera. La Ferrari è il mito della velocità, l'altare della modernità italiana, il tempio rumoroso delle domeniche nostrane. Per decenni nella Rossa, milioni di appassionati hanno trovato il viatico per la gloria e la vittoria: nei motori s'è vista rinnovata l'idea dell'eterno progresso, nei piloti la figura dell'uomo capace di dominarlo. Gli italiani delle ultime quattro generazioni ne hanno fatto occasione di riscatto e di orgoglio di fronte al mondo intero. A Veglie, a pochi chilometri dal circuito sperimentale di Nardò, è sorto 36 anni fa il primo Ferrari Club del Mezzogiorno d'Italia. Ma per sorte burocratica, il Club vegliese festeggia lunedì prossimo i suoi primi trenta anni: il riconoscimento ufficiale infatti arrivò il 17 aprile del 1976. Per la prima volta, direttamente da Maranello e nel pieno dello splendore ferrarista degli anni Settanta - tra la gloria e la tragedia di Niki Lauda e l'ascesa di Luca Cordero di Montezemolo -, un centro abitato del Sud riceveva l'autorizzazione ad esporre il Cavallino Rampante per le sue strade. Certo per molti abitanti la Ferrari era un mistero, di fronte alla popolarità dei campioni di calcio e ciclismo. Quando passando per Via Niceforo Foca, al civico numero 8, si ritrovavano davanti quel bizzarro cavallo nero su uno sfondo giallo pensavano di trovarsi nel posto giusto per comprare della carne equina. Salvatore Ingrosso, ideatore del club e fondatore dello stesso assieme ad altri cinque amici, all'inizio ci rimaneva un po' così. Come poteva essere confuso il mitico Cavallino Rampante per l'insegna di una macelleria equina? Si trattava pur sempre di una simbolo nobile, che aveva fatto la storia d'Italia ben prima dell'affermazione della casa automobilistica modenese. Era infatti il simbolo impresso sulla carlinga del pilota aeronautico della Grande Guerra, Francesco Baracca, che lo aveva ripreso dallo stemma della Cavalleria Reale Amedeo di Savoia (1692). Enzo Ferrari lo adottò nel 1923, dopo aver incontrato la madre dell'aviatore, ma decise di modificarlo leggermente: ne alzò la coda e lo mise sull'Alfa Romeo che pilotava come personale portafortuna. Fu la prima rivoluzione del Drake: fino ad allora le auto non portavano alcun disegno sul telaio, ma solo il numero della vettura. Per Enzo Ferrari, e grazie a lui, il cavallino divenne emblema del made in Italy, della forza ma anche dell'intelligenza del Bel Paese. All'incredibile equivoco vegliese, Ingrosso ed i suoi soci ci fecero l'abitudine, ma anche i loro concittadini hanno dovuto fare i conti con il Club e riconoscerne l'importanza. Il Ferrari Club di Veglie infatti non si ferma alla sola passione sportiva per le gare di Formula 1, ma si inserisce a pieno titolo anche nell'impegno sociale: sicurezza stradale soprattutto, ma anche scuole di pilotaggio e seminari negli istituti scolastici elementari e medi, progetti urbanistici e organizzazione di eventi mondani e culturali. Inoltre grazie ai suoi ferraristi doc, Veglie è apparsa sulle riviste specializzate di tutto il mondo, è uscita dai suoi confini per farsi apprezzare ovunque, seguendo splendori e miserie della Rossa. La prossima Pasquetta sarà perciò speciale per gli appassionati di automobilismo e per gli abitanti del piccolo centro salentino: al Ferrari Club di Veglie viene riconosciuta un'intensa attività sociale ed una grande passione sportiva. Anche per questo, da qualche anno, al numero 8 di via Foca nessuno può ormai confondere il Ferrari Club, il più prestigioso del Sud, con una macelleria di carne equina. Stefano Lopetrone
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