(Disposizioni transitorie e finali)
I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922, valgono come parte del nome.
L'Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge.
La legge regola la soppressione della Consulta araldica.
CASSAZIONE CIVILE
I predicati di titoli nobiliari (purché "esistenti" prima del 28 ottobre 1922 e riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, ed, in quanto costituenti veri e propri elementi di individuazione e di identità della persona, a queste condizioni "cognomizzati") fanno parte del nome, e, soltanto come "parte" (il cognome appunto) di esso "valgono" (sono cioè validi ed efficaci) nell'ordinamento.
Tale "incorporazione" del predicato di titolo nobiliare "cognomizzato" nel nome, essendo stata costituzionalmente sancita (anche, ma soprattutto) in ossequio al principio di eguaglianza, comporta d'altro canto, che il predicato medesimo, nell'ordinamento giuridico italiano, non può "valere di più", in quanto tale, di quel che "valgono" le "ordinarie" parti del nome e, più specificatamente, del cognome "ordinario" (art.6, comma secondo cod. civ.); e ciò in quanto, altrimenti opinando, resterebbe frustrata la equilibrata ratio emergente dal combinato disposto del comma primo e secondo dell' art.14 Cost.: da un lato, l'abolizione giuridica - mediante il "non riconoscimento" dei titoli nobiliari - di privilegi derivanti dalla nascita o dall'appartenenza ad una determinata classe sociale; dall'altro, la riaffermazione del valore del "nome" come fondamentale diritto inerente alla identità della persona in quanto tale, con la conseguente assimilazione, quanto a "valore" giuridico, del predicato di titolo nobiliare "cognomizzato" al nome, e, quindi, di entrambi sul piano della tutela giurisdizionale.
I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922, valgono come parte del nome.
L'Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge.
La legge regola la soppressione della Consulta araldica.
CASSAZIONE CIVILE
I predicati di titoli nobiliari (purché "esistenti" prima del 28 ottobre 1922 e riconosciuti prima dell'entrata in vigore della Costituzione, ed, in quanto costituenti veri e propri elementi di individuazione e di identità della persona, a queste condizioni "cognomizzati") fanno parte del nome, e, soltanto come "parte" (il cognome appunto) di esso "valgono" (sono cioè validi ed efficaci) nell'ordinamento.
Tale "incorporazione" del predicato di titolo nobiliare "cognomizzato" nel nome, essendo stata costituzionalmente sancita (anche, ma soprattutto) in ossequio al principio di eguaglianza, comporta d'altro canto, che il predicato medesimo, nell'ordinamento giuridico italiano, non può "valere di più", in quanto tale, di quel che "valgono" le "ordinarie" parti del nome e, più specificatamente, del cognome "ordinario" (art.6, comma secondo cod. civ.); e ciò in quanto, altrimenti opinando, resterebbe frustrata la equilibrata ratio emergente dal combinato disposto del comma primo e secondo dell' art.14 Cost.: da un lato, l'abolizione giuridica - mediante il "non riconoscimento" dei titoli nobiliari - di privilegi derivanti dalla nascita o dall'appartenenza ad una determinata classe sociale; dall'altro, la riaffermazione del valore del "nome" come fondamentale diritto inerente alla identità della persona in quanto tale, con la conseguente assimilazione, quanto a "valore" giuridico, del predicato di titolo nobiliare "cognomizzato" al nome, e, quindi, di entrambi sul piano della tutela giurisdizionale.