Leggendo questo articolo sulla contrattazione dei diritti tv dei prossimi anni sul sito www.juventibus.com ho tratto alcune riflessioni che peraltro da tempo erano nella mia mente.
,Ma per quale motivo per SkyItalia si dice, ma non son sicuro, cambiare gli orari della Serie A ed uniformarli a quelli della Premier per esempio sarebbe un danno?
Cioè Sky su quale supposizione pensa che gli abbonati calerebbero se le partite venissero trasmesse col format della Premier League?
Probabilmente ci sarebbe un calosolo appunto con la sovrapposizione delle partite della Premier, però vedete qual è l'unico modo per aumentare a dismisura l'audience delle partite della Serie nei mercati asiatici e americani, quello dit rasmetterle in orari consoni a quei paesi.
Quindi sarà sempre una coperta corta. C'è d anotare comunque che le partite trasmesse con l'orario consono italiano sono spesso in comeptizione e parlo sorpattutto dei big match con quelle della Liga e sappiamo che le aprite del reale del Barcellona sulpautv straniere hanno quasi sempre la precedenza, quindi io penso che sarebbe corretto comunque uniformarsi agli orari inglesi, percèh ormai quei mercati asiatici e americani sono fodnamentali epr la crescita del nostro campionato e di cosneguenza del merchandising.
Italia-Resto del Mondo sui diritti TV
di Davide Terruzzi
I motori sono accesi, le grandi manovre sono iniziate. La vendita collettiva dei diritti tv è un tema che non appassiona quanto un episodio da moviola, ma è vitale per il futuro dei nostri club, sempre dipendenti dagli introiti garantiti dalle televisioni. Sky e Mediaset versano attualmente nelle casse delle società di Serie A 865 milioni netti a stagione, una cifra considerevole che pone il nostro campionato al secondo posto nella speciale classifica degli incassi televisivi tra le principali leghe. Solo la Premier guadagna maggiormente: il nuovo contratto, entrato in vigore all'inizio di questa stagione, garantisce quasi 2 miliardi di euro ad anno.
Insomma, il nostro calcio non se la passa male tra le mura domestiche, ma le preoccupazioni e i pensieri sono già rivolti per la vendita dei diritti collettivi per il prossimo triennio. La Lega, su proposta di sette club tra cui la Juventus, ha ascoltato nei giorni scorsi le proposte di Sky, Mediaset e dell'advisor Infront. I rappresentanti del canale di Murdoch hanno richiesto l'introduzione di un pacchetto esclusivo di partite (i big match) da vendersi separatamente, facendo presente che pagano quasi il doppio rispetto a Mediaset (561 milioni contro 268) per trasmettere quasi gli stessi incontri. Una proposta che non può piacere agli uomini del Biscione che hanno fatto intendere di essere pronti a ritirarsi qualora passasse la proposta dei rivali-colleghi. E poi c'è Infront, l'advisor della Lega. Che poi qualcuno potrebbe parlare di quella Infront presieduta da Bogarelli, ex uomo Finivest e fondatore di Milan Channel, che ha come vice Locatelli, altro uomo storicamente legato alla società di Berlusconi, quella Infront che gestisce le attività commerciali di alcuni club - Genoa Palermo Lazio Milan Cagliari - che hanno tirato la volata a Maurizio Beretta. Potrebbe, appunto, perché se questi sono dati di fatto, i sospetti di favori rappresentano chiacchiere senza prove. C'è Infront, si diceva, che ha avanzato la sua proposta. 900 milioni a stagione per il triennio 2015-2018, 930 milioni per il 2018-2021. Un totale di 5,5 miliardi. Garantiti dal fondo Bridgepoint, principale azionista della società internazionale presieduta dal nipote di Blatter. Con la possibilità di aprire un canale ufficiale della Lega su cui trasmettere le partite - esperimento non riuscito all'estero e che torna di moda a ogni giro - qualora le società decidessero di mettersi in proprio. Con una richiesta specifica: estendere l'attuale contratto tra Lega e Infront fino al 2021.
Una proposta che potrebbe ingolosire la maggior parte delle società che potrebbero contare per i prossimi anni su cifre uguali o leggermente superiori rispetto a quelle percepite attualmente. La paura è che le due emittenti, Sky e Mediaset, facciano cartello e abbassino le cifre dell'accordo di fronte anche a un calo cospicuo dei rispettivi abbonati. Altri attori sulla scena non sembrano spuntare, per mesi si è a lungo vociferato dello sbarco in Italia di Al Jazeera, uno sbarco che sembra essere destinato a non avvenire mai. La palla, ora, sembra nelle mani di Sky: quanto è disposta a mettere sul tavolo? L'interrogativo, vero, pare essere però un altro. Perché la Lega deve avvalersi della consulenza - che costa 35 milioni per il triennio 2012-2015 -, di un advisor quando può tranquillamente contrattare con gli attori televisivi che si riducono a tre: Sky, Mediaset e Rai?
Se per l'Italia il problema della vendita dei diritti tv non rappresenta un problema insormontabile, il calcio nostrano si dovrebbe interrogare fortemente sulla propria penetrazione nei mercati esteri. Mp&Silva, l'advisor della Lega, ha garantito per il triennio 2012-2015 351 milioni. In Premier, nella stagione 2012-2013, la cifra era pari a 446 milioni, mentre per il prossimo triennio - e solo per il mercato asiatico - i club inglesi incasseranno 1,5 miliardi. Facile spiegare il motivo di questa forbice. Un big match inglese viene visto da 3 milioni di persone in Indonesia, contro i 440 mila di una partita di pari livello italiana. E negli States non va meglio: 1.6 milioni di ascoltatori per la Premier, 150 mila per la A (fonte studio Value Partners).
Non tiriamo. Per due motivi. La Premier studia gli orari delle partite in base al palinsesto delle televisioni asiatiche: il derby di Manchester alle 13.30 è in prime time in Cina. Noi al lunch match ci piazziamo magari un Chievo-Atalanta e - con tutto il rispetto - la differenza è palese. E i nostri incontri di cartello vanno alla sera. e le tv italiane sono contente, mentre all'est è notte. C'è il mercato americano in cui va di moda il calcio spagnolo. Ridurre il tutto a un problema di orari è però riduttivo. L'altra questione, grande, è la mancata valorizzazione del nostro prodotto. Basterebbe inventare o copiare qualche format per presentare il nostro campionato, concedere ai network stranieri interviste dei giocatori più rappresentativi che militano nel nostro campionato. Certo, poi è difficile spiegare a un cinese per quale motivo capita che gli stadi italiani possano avere qualche settore chiuso o perché i nostri impianti sono vecchi e fatiscenti, ma il valore medio delle partite del nostro campionato non ha nulla da temere nel confronto con la maggior parte di gare straniere.
Dalla vendita dei diritti tv, in Italia, non si può ottenere di più, Sky e Mediaset hanno visto ridursi il loro fatturato e il numero di abbonati. Il nostro calcio manca di una programmazione ad ampio raggio, visione sembra essere una parola proibita. La Lega ha lo sguardo basso, intenta a regolare i propri conti interni senza saper governare il presente e senza un programma per il domani. Così, si tira a campare. Sempre meglio che tirare le cuoia, come direbbe qualcuno, ma le cuoia in Europa rischiano di tirarle i nostri club.
,Ma per quale motivo per SkyItalia si dice, ma non son sicuro, cambiare gli orari della Serie A ed uniformarli a quelli della Premier per esempio sarebbe un danno?
Cioè Sky su quale supposizione pensa che gli abbonati calerebbero se le partite venissero trasmesse col format della Premier League?
Probabilmente ci sarebbe un calosolo appunto con la sovrapposizione delle partite della Premier, però vedete qual è l'unico modo per aumentare a dismisura l'audience delle partite della Serie nei mercati asiatici e americani, quello dit rasmetterle in orari consoni a quei paesi.
Quindi sarà sempre una coperta corta. C'è d anotare comunque che le partite trasmesse con l'orario consono italiano sono spesso in comeptizione e parlo sorpattutto dei big match con quelle della Liga e sappiamo che le aprite del reale del Barcellona sulpautv straniere hanno quasi sempre la precedenza, quindi io penso che sarebbe corretto comunque uniformarsi agli orari inglesi, percèh ormai quei mercati asiatici e americani sono fodnamentali epr la crescita del nostro campionato e di cosneguenza del merchandising.
Italia-Resto del Mondo sui diritti TV
di Davide Terruzzi
I motori sono accesi, le grandi manovre sono iniziate. La vendita collettiva dei diritti tv è un tema che non appassiona quanto un episodio da moviola, ma è vitale per il futuro dei nostri club, sempre dipendenti dagli introiti garantiti dalle televisioni. Sky e Mediaset versano attualmente nelle casse delle società di Serie A 865 milioni netti a stagione, una cifra considerevole che pone il nostro campionato al secondo posto nella speciale classifica degli incassi televisivi tra le principali leghe. Solo la Premier guadagna maggiormente: il nuovo contratto, entrato in vigore all'inizio di questa stagione, garantisce quasi 2 miliardi di euro ad anno.
Insomma, il nostro calcio non se la passa male tra le mura domestiche, ma le preoccupazioni e i pensieri sono già rivolti per la vendita dei diritti collettivi per il prossimo triennio. La Lega, su proposta di sette club tra cui la Juventus, ha ascoltato nei giorni scorsi le proposte di Sky, Mediaset e dell'advisor Infront. I rappresentanti del canale di Murdoch hanno richiesto l'introduzione di un pacchetto esclusivo di partite (i big match) da vendersi separatamente, facendo presente che pagano quasi il doppio rispetto a Mediaset (561 milioni contro 268) per trasmettere quasi gli stessi incontri. Una proposta che non può piacere agli uomini del Biscione che hanno fatto intendere di essere pronti a ritirarsi qualora passasse la proposta dei rivali-colleghi. E poi c'è Infront, l'advisor della Lega. Che poi qualcuno potrebbe parlare di quella Infront presieduta da Bogarelli, ex uomo Finivest e fondatore di Milan Channel, che ha come vice Locatelli, altro uomo storicamente legato alla società di Berlusconi, quella Infront che gestisce le attività commerciali di alcuni club - Genoa Palermo Lazio Milan Cagliari - che hanno tirato la volata a Maurizio Beretta. Potrebbe, appunto, perché se questi sono dati di fatto, i sospetti di favori rappresentano chiacchiere senza prove. C'è Infront, si diceva, che ha avanzato la sua proposta. 900 milioni a stagione per il triennio 2015-2018, 930 milioni per il 2018-2021. Un totale di 5,5 miliardi. Garantiti dal fondo Bridgepoint, principale azionista della società internazionale presieduta dal nipote di Blatter. Con la possibilità di aprire un canale ufficiale della Lega su cui trasmettere le partite - esperimento non riuscito all'estero e che torna di moda a ogni giro - qualora le società decidessero di mettersi in proprio. Con una richiesta specifica: estendere l'attuale contratto tra Lega e Infront fino al 2021.
Una proposta che potrebbe ingolosire la maggior parte delle società che potrebbero contare per i prossimi anni su cifre uguali o leggermente superiori rispetto a quelle percepite attualmente. La paura è che le due emittenti, Sky e Mediaset, facciano cartello e abbassino le cifre dell'accordo di fronte anche a un calo cospicuo dei rispettivi abbonati. Altri attori sulla scena non sembrano spuntare, per mesi si è a lungo vociferato dello sbarco in Italia di Al Jazeera, uno sbarco che sembra essere destinato a non avvenire mai. La palla, ora, sembra nelle mani di Sky: quanto è disposta a mettere sul tavolo? L'interrogativo, vero, pare essere però un altro. Perché la Lega deve avvalersi della consulenza - che costa 35 milioni per il triennio 2012-2015 -, di un advisor quando può tranquillamente contrattare con gli attori televisivi che si riducono a tre: Sky, Mediaset e Rai?
Se per l'Italia il problema della vendita dei diritti tv non rappresenta un problema insormontabile, il calcio nostrano si dovrebbe interrogare fortemente sulla propria penetrazione nei mercati esteri. Mp&Silva, l'advisor della Lega, ha garantito per il triennio 2012-2015 351 milioni. In Premier, nella stagione 2012-2013, la cifra era pari a 446 milioni, mentre per il prossimo triennio - e solo per il mercato asiatico - i club inglesi incasseranno 1,5 miliardi. Facile spiegare il motivo di questa forbice. Un big match inglese viene visto da 3 milioni di persone in Indonesia, contro i 440 mila di una partita di pari livello italiana. E negli States non va meglio: 1.6 milioni di ascoltatori per la Premier, 150 mila per la A (fonte studio Value Partners).
Non tiriamo. Per due motivi. La Premier studia gli orari delle partite in base al palinsesto delle televisioni asiatiche: il derby di Manchester alle 13.30 è in prime time in Cina. Noi al lunch match ci piazziamo magari un Chievo-Atalanta e - con tutto il rispetto - la differenza è palese. E i nostri incontri di cartello vanno alla sera. e le tv italiane sono contente, mentre all'est è notte. C'è il mercato americano in cui va di moda il calcio spagnolo. Ridurre il tutto a un problema di orari è però riduttivo. L'altra questione, grande, è la mancata valorizzazione del nostro prodotto. Basterebbe inventare o copiare qualche format per presentare il nostro campionato, concedere ai network stranieri interviste dei giocatori più rappresentativi che militano nel nostro campionato. Certo, poi è difficile spiegare a un cinese per quale motivo capita che gli stadi italiani possano avere qualche settore chiuso o perché i nostri impianti sono vecchi e fatiscenti, ma il valore medio delle partite del nostro campionato non ha nulla da temere nel confronto con la maggior parte di gare straniere.
Dalla vendita dei diritti tv, in Italia, non si può ottenere di più, Sky e Mediaset hanno visto ridursi il loro fatturato e il numero di abbonati. Il nostro calcio manca di una programmazione ad ampio raggio, visione sembra essere una parola proibita. La Lega ha lo sguardo basso, intenta a regolare i propri conti interni senza saper governare il presente e senza un programma per il domani. Così, si tira a campare. Sempre meglio che tirare le cuoia, come direbbe qualcuno, ma le cuoia in Europa rischiano di tirarle i nostri club.