Di esempi ce ne sono innumerevoli, non solo nell'ambito della serialità (Gomorra, Romanzo Criminale, Montalbano, Faccia D'Angelo), ma anche teatrale/televisivo (I Legnanesi, per non parlare di Gilberto Govi ed ovviamente degli immensi Eduardo e Fo) e cinematografico (da piccolo mi appassionai nell'ascolto del bergamasco rurale, genuino, con L'albero degli zoccoli).Penso che al sud la capiscano senza problemi, comunque si da fastidio anche a me una fiction completamente in dialetto su un canale nazionale.
Non sto qui a disquisire sulla importanza della rappresentazione nella lingua locale, che rende il prodotto più autentico e credibile. Duole invece leggere, nei post precedenti, della dequalificazione, o riduzione, di un prodotto letterario di altissimo livello, ad una" fiction in dialetto", anch'essa di pregio, non foss'altro per la maestria dei registi (Luchetti, Saverio Costanzo, Alice Rohrwacher, che proprio napoletani non sono), la credibilità degli attori, la specificità del racconto, il livello di trattazione di temi sociologici e politici. Per i siciliani ed i bergamaschi che hanno difficoltà a comprendere il napoletano la regia mette a disposizione sottotitoli di default di cortesia.
Scrivo questo con amarezza, pensando ai ferici strali, sempre su questo forum, dei numerosissimi puristi dei prodotti d'oltreoceano che, a loro dire, devono essere seguiti necessariamente in lingua originale, altrimenti noi poveri digiunanti di lingue anglofone commettiamo reati di lesa maestà idiomatica e di oltraggio alla pellicola..
Ma, per voi, ne L'amica geniale, "ind' o rion s'adda parla'" l'italiano dell'accademia della Crusca. Alla faccia della purezza idiomatica e del rispetto del prodotto.
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