Le tv unite contro i pirati della Rete (Gazzetta dello Sport)
Mediaset, La7 e Sky sfidano la decisione del gip: «Il calcio rischia l'azzeramento».
Il dissequestro dei siti Internet che trasmettono gratis le partite del campionato italiano ha provocato un terremoto tra le televisioni. Per una volta, Mediaset, La7 e Sky sono unite sullo stesso fronte contro la decisione del gip Nicola Clivio del Tribunale di Milano, che rischia di innescare effetti devastanti. Il 27 gennaio scorso, dopo una denuncia di Sky, la Procura di Milano aveva dato mandato di sequestrare due siti web italiani perché consentivano agli utenti di collegarsi con siti cinesi che a loro volta prendevano dalla tv cinese le immagini del campionato italiano, della serie B e anche di altri sport in onda su Sky. Ieri l'altro il dissequestro. Secondo il gip una partita non rientra nella tutela penale sui diritti d'autore, ma la legge risale al 1946, quando la partita si vedeva allo stadio e basta. Non c'erano né registi né commentatori in diretta né la loro creatività, opera dell'ingegno. In più, secondo il gip, i server sono in territorio cinese: il danno alle tv italiane c'è, ma può essere perseguito soltanto nel civile.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Tullio Camiglieri, in qualità di vicepresidente Frt (Federazione Radio Televisione) - è anche capo della Comunicazione di Sky - , a nome delle tv private nazionali tuona: «Questa decisione apre un precedente gravissimo, perché il valore del calcio rischia l'azzeramento». E chiede «il sostegno del Ministero degli Esteri per capire quali possano essere gli strumenti per contrastare un fenomeno che ha origini in paesi extraeuropei». E il Ministero ha dato la propria disponibilità a collaborare. «Difficile pensare — continua — che le tv possano continuare a pagare centinaia di milioni un prodotto che si vede gratis. Serve un intervento forte e immediato del Governo, del Parlamento e delle autorità per reprimere ogni forma di pirateria che mette a rischio gli investimenti delle aziende, con i problemi di sviluppo e di occupazione che seguirebbero. Oggi a correre il rischio è il calcio, ma un domani potrebbe essere il cinema: in discussione c'è tutta l'industria culturale del Paese, che potrebbe non avere più tutela».