
Di Guillermo del Toro. Film fantastico che vincerà come miglior film straniero agli Oscar. O, quantomento, è quello che mi auguro. Secondo episodio di una trilogia, va inevitabilmente comparato col già interessantissimo La spina del diavolo e sarà giudicabile meglio dopo il terzo. Tralasciando gli evidenti legami col precedente, è un film che funziona perfettamente per conto suo.
Del Toro usa stavolta il fantasy, come ne La spina del diavolo usava l'horror, servendosi ancora dei bambini come fuga puramente poetica (ma con un quadro storico che fa solo da eco, dato che il linguaggio è quello della fiaba, forse appunto per questo suggestivo e straziante) dalle brutture della storia. Il modello più evidente (o meglio, la cosa più simile al quale accostarlo), non per temi ma per approccio e struttura, è Shyamalan e soprattutto il suo ultimo, ottimo, Lady in the Water.
Ora è una bambina (ne La spina era un bambino) ad immettersi nel labirinto della storia, che scorre lontana e vicina (i ribelli fuori, un padrino terribile a casa), contrapponendo la fuga legata ad un passato triste e/o magico ad un presente granguignolescamente violento, insistentemente senza scampo. Tranne che per chi ha la forza di combatterlo, nel reale o nell'immaginario.
Grande lavoro sui personaggi (le divagazioni servono questo scopo, fra gli altri), fra i quali al capitano malvagio si contrappone un'umanità buona, volenterosa e combattente. Belle prove di Sergi López, Maribel Verdú e della piccola Ivana Baquero.
Con un budget di soli sette milioni di euro, i vari reparti tecnici (effetti speciali, scenografie e trucco eccellenti) si segnalano tutti per efficacia e qualità nel creare un'atmosfera magica e cruenta di enorme impatto. Non solo perché paragonato all'aridità dei recenti Le cronache di Narnia ed Eragon, questo è il più bel fantasy che si vede da tempo. Per dirla in soldoni, sono tornato ai tempi nei quali, bambino, mi gustavo La storia infinita.
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