Copperfield
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Da gahan
Il film del debuttante Andrey Zvyagintsev, trionfatore fra le polemiche a Venezia 2003, è freddo - con le sue tessiture di azzurro/grigio ed i suoi giochi d'acqua, elemento essenziale e di chiusura - e "mistico", ma nel senso buono dei due termini. Narrato è un percorso insolito per protagonisti e per la loro situazione, nella quale da un passato dipinto per brevissimi cenni essenziali si giunge a sfuggenti aggiunte, fino ad un finale che chiude un percorso stilistico alto ed aperto allo spettatore. L'arrivo del padre nella vita dei due ragazzini giunge brusco: non si sa nulla del perché li avesse lasciati, del perché sia tornato, di dove voglia condurli né da dove tragga i suoi guadagni, chi chiami durante le soste del viaggio o cosa si celi nella valigetta che disseppellisce. Siam portati a pensare che arriverà un punto nel quale troveremo soddisfazione alla nostra curiosità, ma quel punto viene ritardato di continuo stuzzicando e, alla fine, non giunge affatto. La sensazione di circolare completezza visiva e narrativa, importante anche e soprattutto a livello simbolico, è forte solo alla fine col ritorno alla torre. Il ritorno interroga senza dare risposte, imponendo una prospettiva neutra costruita con lo sdoppiamento caratterizzativo dei due giovani protagonisti - il piccolo Ivan Dabronravov (Ivan) e Vladimir Garin (Andrey) -, chiavi di una visione ambigua e per questo fascinosa. Lodevoli la fotografia di Mikhail Kritchman e le insolite musiche di Andrey Dergatchev.
Voto: *** ½
![ritorno_locandina.jpg](http://www.maschiselvatici.it/immagini/ritorno_locandina.jpg)
Il film del debuttante Andrey Zvyagintsev, trionfatore fra le polemiche a Venezia 2003, è freddo - con le sue tessiture di azzurro/grigio ed i suoi giochi d'acqua, elemento essenziale e di chiusura - e "mistico", ma nel senso buono dei due termini. Narrato è un percorso insolito per protagonisti e per la loro situazione, nella quale da un passato dipinto per brevissimi cenni essenziali si giunge a sfuggenti aggiunte, fino ad un finale che chiude un percorso stilistico alto ed aperto allo spettatore. L'arrivo del padre nella vita dei due ragazzini giunge brusco: non si sa nulla del perché li avesse lasciati, del perché sia tornato, di dove voglia condurli né da dove tragga i suoi guadagni, chi chiami durante le soste del viaggio o cosa si celi nella valigetta che disseppellisce. Siam portati a pensare che arriverà un punto nel quale troveremo soddisfazione alla nostra curiosità, ma quel punto viene ritardato di continuo stuzzicando e, alla fine, non giunge affatto. La sensazione di circolare completezza visiva e narrativa, importante anche e soprattutto a livello simbolico, è forte solo alla fine col ritorno alla torre. Il ritorno interroga senza dare risposte, imponendo una prospettiva neutra costruita con lo sdoppiamento caratterizzativo dei due giovani protagonisti - il piccolo Ivan Dabronravov (Ivan) e Vladimir Garin (Andrey) -, chiavi di una visione ambigua e per questo fascinosa. Lodevoli la fotografia di Mikhail Kritchman e le insolite musiche di Andrey Dergatchev.
Voto: *** ½