pietro89
Digital-Forum Friend
- Registrato
- 16 Maggio 2006
- Messaggi
- 25.155
vi riporto l'intervista che la stampa ha fatto a Piersilvio Berlusconi, vicedirettore di Mediaset, tra le altre cose parla di digitale terrestre, sky e della tv in generale....
Piersilvio Berlusconi: basta favori a Sky
«Mediaset non è in crisi, alla Rai non invidio nulla»
MILANO. «Pensiamo a investimenti che escano dalla tv generalista. In primo luogo insistendo con il digitale terrestre, dove assieme ad altri editori proporremo nuovi canali. Poi stiamo lavorando a offerte per Internet». Il futuro di Mediaset, visto dalla scrivania - e dagli otto schermi sempre accesi - del vicepresidente Piersilvio Berlusconi, è chiaro: «La televisione deve rinnovarsi per competere con le nuove piattaforme».
Dottor Berlusconi, la tv non è in buona salute. Tra l’ottobre 2002 (prima dell’arrivo di Sky) e l’ottobre 2006, le reti generaliste hanno perso in prima serata un milione e mezzo di spettatori. Mediaset è in crisi? «E’ un fenomeno che riguarda la tv in generale, ma Mediaset è in crescita. In autunno, nella fascia di pubblico più interessante, quella tra i 15 e i 64 anni, Canale 5 è costantemente la prima rete. Nel raffronto con l’autunno 2005 il totale dei telespettatori, satellite compreso, cala. La Rai cala mentre Mediaset è in crescita».
Resta il fatto che in assoluto meno gente vede la tv.
«Perché aumenta il consumo di Internet, di videogiochi, di Ipod. E’ un fenomeno che si sta verificando in tutto il mondo, America compresa».
E come volete contrastarlo?
«Stiamo lavorando a progetti per tutte le piattaforme, a partire da Internet».
Come?
«Ipotizzando di creare “communities”, comunità virtuali sul web. Tutti potranno proporre contenuti che poi verranno intrecciati con quelli delle nostre tv. Presto potrebbero esserci importanti novità».
Possibili anche accordi con Telecom?
«Solo commerciali, nient’altro. Magari potremmo portare l’offerta Premium attraverso la banda larga».
Pensa a qualche modello in particolare?
«Myspace è Youtube sono esempio a cui guardare, ma con l’aggiunta della forza delle reti e dei contenuti Mediaset».
E il satellite?
«Non lo escludiamo. Stiamo considerando ogni possibilità».
Ma per la tv non c’è anche un problema di qualità dell’offerta?
«Mi creda, la televisione italiana è ottima, noi e Rai siamo al top nel confronto con gli altri Paesi europei».
E tutte le polemiche sul livello dei programmi?
«Beh, forse chi fa servizio pubblico dovrebbe pensare a una tv diversa e non rincorrere quella commerciale. Ma questo non c’entra con la qualità dei programmi».
In che senso?
«Meglio parlare di programmi fatti bene o male e ce ne sono per ogni genere, che si parli di fiction o di reality».
Ci sono programmi fatti male anche in Mediaset?
«Ci sono, nomi non voglio farne».
Ma c’è un programma che si è pentito di aver fatto?
«No, piuttosto mi sono rammaricato per buone idee realizzate male».
Nessuna autocritica, allora?
«Un minimo di mea culpa va fatto per quanto la tv generalista spende per il calcio, decisamente troppo. Visto che ormai le partite sono visibili in diretta su quasi tutte le piattaforme».
Quindi volete ridiscutere gli accordi?
«E’ un argomento delicato, senza dubbio il valore dei diritti che noi abbiamo acquistato oggi è diminuito. Basta pensare a Calciopoli, alla Juve in serie B con una drastica riduzione del bacino di tifosi interessati alla serie A o all’esclusiva della domenica pomeriggio non rispettata. Sarebbe giusto rivedere l’intesa. Con la Lega è aperta una discussione che ci vede disponibili a più soluzioni».
E sui programmi quali novità dobbiamo aspettarci?
«Stiamo pensando a una nuova organizzazione del palinsesto in prima serata. Da tempo Affari tuoi ha iniziato a sforare le 21 e Striscia si è dovuta adeguare. Premesso che se la Rai tornasse alla normalità in pochi giorni, lo garantisco, noi ci adegueremmo, stiamo ragionando se rendere strutturali questi orari di programmazione e ripensare la prima serata».
Striscia diventerebbe il vero programma di prima serata?
«Di fatto è già così. E’ il programma successivo che potrebbe essere accorciato riportando la seconda serata a orari più fruibili dai telespettatori. Certo è che dobbiamo uscire da una situazione ibrida con orari poco sinceri verso il pubblico».
C’è un programma che invidia alla Rai?
«No, nessuno».
E un artista che strapperebbe alla tv pubblica?
«Fiorello, senza dubbio».
Dottor Berlusconi, veniamo ai conti. I risultati approvati ieri non sono esaltanti...
«Pensiamo di chiudere l’anno con un utile di circa 550 milioni di euro. Una cifra in calo rispetto ai 603 milioni del 2005, ma che ci conferma leader fra le televisioni europee».
Quali sono le cause di questa frenata?
«Un primo semestre difficile per la raccolta pubblicitaria. Le ragioni sono note: Olimpiadi, elezioni e Mondiali di calcio non ci hanno certo favorito. La seconda parte dell’anno, però, è in grande recupero».
Cala la pubblicità e i costi aumentano. E’ così?
«Quest’anno crescono del 4% come previsto dal budget. Per il 2007 c’è ancora poca visibilità sulla raccolta pubblicitaria, ma stiamo lavorando per avere comunque un utile superiore a quello di quest’anno».
E come pensa di riuscirci?
«Avremo una crescita dei costi televisivi pari allo 0. Stiamo preparando un palinsesto competitivo e ricco, ma grazie a un lavoro di efficienza i costi non saliranno».
Ma il calo della pubblicità si spiega soltanto con fatti contingenti come Olimpiadi o Mondiali?
«E’ innegabile che oggi la concorrenza sia più alta. A causa proprio delle nuove tecnologie e di un’offerta sempre più vasta. E’ naturale che i clienti pubblicitari esplorino anche questi nuovi mezzi di comunicazione, ma non potranno mai rinunciare alla quantità di pubblico della tv generalista».
Oltre alla Rai, quindi, aumentano i concorrenti?
«Parlare ancora di duopolio è una visione miope. Oggi la tv commerciale è attaccata su più fronti, andrebbe invece difesa, protetta perché rappresenta la fetta più grande dell’industria televisiva e dei contenuti del nostro Paese».
Lei parla di attacchi. Nella categoria rientra anche il disegno di legge del ministro Gentiloni?
«Pensare che ci sia oggi in discussione una legge che mette a rischio il sistema audiovisivo italiano è assurdo. Non ha senso parlare solo di limiti alla pubblicità tv e non di tutte le risorse per la tv».
Cioè?
«Bisogna considerare l’insieme delle risorse che affluiscono al mercato televisivo, intendo quelle della pubblicità, degli abbonamenti per la pay tv e del canone. Di questa cifra totale Mediaset e Rai hanno una quota pari al 33-34% e Sky del 29%. Quindi ci sono già tre player sul mercato con quote praticamente identiche. E anche nel resto d’Europa i principali player sono tre, non di più. Sarebbe quindi una legge vecchia, che non guarda al futuro».
Suo padre ha detto che la legge Gentiloni farebbe chiudere le reti Mediaset. Non c’è allora possibilità di dialogo con il governo?
«Mi attengo alla posizione decisa dal gruppo. Ho già detto troppo, ci siamo dati la consegna del silenzio».
Torniamo al ruolo di Sky. Non se ne è parlato a proposito del disegno di legge Gentiloni, perché?
«Non lo chieda a me. E’ davanti agli occhi di tutti che oggi ci sia un operatore che di fatto è monopolista sul satellite e che non ha limiti pubblicitari diversi da quelli della tv generalista. Non mi piace parlare di un’altra azienda. Dico però che oggi è in una condizione di favore. Oltretutto è straniera e destinata solo a chi può pagare. Anche per questo è importante lasciare allora che Mediaset, l’unico gruppo con un’offerta del tutto gratuita, sul mercato possa dire la sua. Anche perché...».
Che cosa?
«Anche perché l’operatore satellitare investe tanto nel calcio, ma per quanto riguarda gli altri prodotti, dalla fiction all’intrattenimento, investe cifre minime, imparagonabili a quelle di Rai e Mediaset».
Proprio ieri il cda di Mediaset ha dato il via libera al progetto per acquistare la tv tedesca Pro Sieben Sat. Che significato ha questa decisione?
«E’ solo una manifestazione di interesse preliminare non vincolante per esaminare a fondo la struttura dell’azienda. Certo vuol dire anche che siamo un gruppo che può dire la sua in campo internazionale. Lo abbiamo dimostrato con Telecinco e guardiamo a tutte le occasioni che ci sono sul mercato».
E’ il disegno di legge Gentiloni che vi spinge verso l’estero?
«Piuttosto è il contrario, sarebbe un freno. Con una tale spada di Damocle bisogna essere ancora più prudenti prima di decidere un’acquisizione di questa portata».
Quali potrebbero essere i tempi di questa operazione?
«Noi siamo veloci a decidere. Sono contento che il Cda abbia dato l’ok, ma ora bisogna soprattutto valutare se ci potrebbero essere vantaggiose sinergie industriali».
A che pensa in particolare?
«Il mercato tedesco è importante, potrebbero esserci economie di scala per acquisti di diritti e produzioni più sensibili di quanto capiti già oggi con la Spagna». Dopo le non facili esperienze del passato, quando governava Schroeder, vi preoccupa il clima politico? «Speriamo che non ci siano problemi. Altrimenti sarebbe un altro caso di conflitto di interessi al contrario. Contro di noi».
Piersilvio Berlusconi: basta favori a Sky
«Mediaset non è in crisi, alla Rai non invidio nulla»
MILANO. «Pensiamo a investimenti che escano dalla tv generalista. In primo luogo insistendo con il digitale terrestre, dove assieme ad altri editori proporremo nuovi canali. Poi stiamo lavorando a offerte per Internet». Il futuro di Mediaset, visto dalla scrivania - e dagli otto schermi sempre accesi - del vicepresidente Piersilvio Berlusconi, è chiaro: «La televisione deve rinnovarsi per competere con le nuove piattaforme».
Dottor Berlusconi, la tv non è in buona salute. Tra l’ottobre 2002 (prima dell’arrivo di Sky) e l’ottobre 2006, le reti generaliste hanno perso in prima serata un milione e mezzo di spettatori. Mediaset è in crisi? «E’ un fenomeno che riguarda la tv in generale, ma Mediaset è in crescita. In autunno, nella fascia di pubblico più interessante, quella tra i 15 e i 64 anni, Canale 5 è costantemente la prima rete. Nel raffronto con l’autunno 2005 il totale dei telespettatori, satellite compreso, cala. La Rai cala mentre Mediaset è in crescita».
Resta il fatto che in assoluto meno gente vede la tv.
«Perché aumenta il consumo di Internet, di videogiochi, di Ipod. E’ un fenomeno che si sta verificando in tutto il mondo, America compresa».
E come volete contrastarlo?
«Stiamo lavorando a progetti per tutte le piattaforme, a partire da Internet».
Come?
«Ipotizzando di creare “communities”, comunità virtuali sul web. Tutti potranno proporre contenuti che poi verranno intrecciati con quelli delle nostre tv. Presto potrebbero esserci importanti novità».
Possibili anche accordi con Telecom?
«Solo commerciali, nient’altro. Magari potremmo portare l’offerta Premium attraverso la banda larga».
Pensa a qualche modello in particolare?
«Myspace è Youtube sono esempio a cui guardare, ma con l’aggiunta della forza delle reti e dei contenuti Mediaset».
E il satellite?
«Non lo escludiamo. Stiamo considerando ogni possibilità».
Ma per la tv non c’è anche un problema di qualità dell’offerta?
«Mi creda, la televisione italiana è ottima, noi e Rai siamo al top nel confronto con gli altri Paesi europei».
E tutte le polemiche sul livello dei programmi?
«Beh, forse chi fa servizio pubblico dovrebbe pensare a una tv diversa e non rincorrere quella commerciale. Ma questo non c’entra con la qualità dei programmi».
In che senso?
«Meglio parlare di programmi fatti bene o male e ce ne sono per ogni genere, che si parli di fiction o di reality».
Ci sono programmi fatti male anche in Mediaset?
«Ci sono, nomi non voglio farne».
Ma c’è un programma che si è pentito di aver fatto?
«No, piuttosto mi sono rammaricato per buone idee realizzate male».
Nessuna autocritica, allora?
«Un minimo di mea culpa va fatto per quanto la tv generalista spende per il calcio, decisamente troppo. Visto che ormai le partite sono visibili in diretta su quasi tutte le piattaforme».
Quindi volete ridiscutere gli accordi?
«E’ un argomento delicato, senza dubbio il valore dei diritti che noi abbiamo acquistato oggi è diminuito. Basta pensare a Calciopoli, alla Juve in serie B con una drastica riduzione del bacino di tifosi interessati alla serie A o all’esclusiva della domenica pomeriggio non rispettata. Sarebbe giusto rivedere l’intesa. Con la Lega è aperta una discussione che ci vede disponibili a più soluzioni».
E sui programmi quali novità dobbiamo aspettarci?
«Stiamo pensando a una nuova organizzazione del palinsesto in prima serata. Da tempo Affari tuoi ha iniziato a sforare le 21 e Striscia si è dovuta adeguare. Premesso che se la Rai tornasse alla normalità in pochi giorni, lo garantisco, noi ci adegueremmo, stiamo ragionando se rendere strutturali questi orari di programmazione e ripensare la prima serata».
Striscia diventerebbe il vero programma di prima serata?
«Di fatto è già così. E’ il programma successivo che potrebbe essere accorciato riportando la seconda serata a orari più fruibili dai telespettatori. Certo è che dobbiamo uscire da una situazione ibrida con orari poco sinceri verso il pubblico».
C’è un programma che invidia alla Rai?
«No, nessuno».
E un artista che strapperebbe alla tv pubblica?
«Fiorello, senza dubbio».
Dottor Berlusconi, veniamo ai conti. I risultati approvati ieri non sono esaltanti...
«Pensiamo di chiudere l’anno con un utile di circa 550 milioni di euro. Una cifra in calo rispetto ai 603 milioni del 2005, ma che ci conferma leader fra le televisioni europee».
Quali sono le cause di questa frenata?
«Un primo semestre difficile per la raccolta pubblicitaria. Le ragioni sono note: Olimpiadi, elezioni e Mondiali di calcio non ci hanno certo favorito. La seconda parte dell’anno, però, è in grande recupero».
Cala la pubblicità e i costi aumentano. E’ così?
«Quest’anno crescono del 4% come previsto dal budget. Per il 2007 c’è ancora poca visibilità sulla raccolta pubblicitaria, ma stiamo lavorando per avere comunque un utile superiore a quello di quest’anno».
E come pensa di riuscirci?
«Avremo una crescita dei costi televisivi pari allo 0. Stiamo preparando un palinsesto competitivo e ricco, ma grazie a un lavoro di efficienza i costi non saliranno».
Ma il calo della pubblicità si spiega soltanto con fatti contingenti come Olimpiadi o Mondiali?
«E’ innegabile che oggi la concorrenza sia più alta. A causa proprio delle nuove tecnologie e di un’offerta sempre più vasta. E’ naturale che i clienti pubblicitari esplorino anche questi nuovi mezzi di comunicazione, ma non potranno mai rinunciare alla quantità di pubblico della tv generalista».
Oltre alla Rai, quindi, aumentano i concorrenti?
«Parlare ancora di duopolio è una visione miope. Oggi la tv commerciale è attaccata su più fronti, andrebbe invece difesa, protetta perché rappresenta la fetta più grande dell’industria televisiva e dei contenuti del nostro Paese».
Lei parla di attacchi. Nella categoria rientra anche il disegno di legge del ministro Gentiloni?
«Pensare che ci sia oggi in discussione una legge che mette a rischio il sistema audiovisivo italiano è assurdo. Non ha senso parlare solo di limiti alla pubblicità tv e non di tutte le risorse per la tv».
Cioè?
«Bisogna considerare l’insieme delle risorse che affluiscono al mercato televisivo, intendo quelle della pubblicità, degli abbonamenti per la pay tv e del canone. Di questa cifra totale Mediaset e Rai hanno una quota pari al 33-34% e Sky del 29%. Quindi ci sono già tre player sul mercato con quote praticamente identiche. E anche nel resto d’Europa i principali player sono tre, non di più. Sarebbe quindi una legge vecchia, che non guarda al futuro».
Suo padre ha detto che la legge Gentiloni farebbe chiudere le reti Mediaset. Non c’è allora possibilità di dialogo con il governo?
«Mi attengo alla posizione decisa dal gruppo. Ho già detto troppo, ci siamo dati la consegna del silenzio».
Torniamo al ruolo di Sky. Non se ne è parlato a proposito del disegno di legge Gentiloni, perché?
«Non lo chieda a me. E’ davanti agli occhi di tutti che oggi ci sia un operatore che di fatto è monopolista sul satellite e che non ha limiti pubblicitari diversi da quelli della tv generalista. Non mi piace parlare di un’altra azienda. Dico però che oggi è in una condizione di favore. Oltretutto è straniera e destinata solo a chi può pagare. Anche per questo è importante lasciare allora che Mediaset, l’unico gruppo con un’offerta del tutto gratuita, sul mercato possa dire la sua. Anche perché...».
Che cosa?
«Anche perché l’operatore satellitare investe tanto nel calcio, ma per quanto riguarda gli altri prodotti, dalla fiction all’intrattenimento, investe cifre minime, imparagonabili a quelle di Rai e Mediaset».
Proprio ieri il cda di Mediaset ha dato il via libera al progetto per acquistare la tv tedesca Pro Sieben Sat. Che significato ha questa decisione?
«E’ solo una manifestazione di interesse preliminare non vincolante per esaminare a fondo la struttura dell’azienda. Certo vuol dire anche che siamo un gruppo che può dire la sua in campo internazionale. Lo abbiamo dimostrato con Telecinco e guardiamo a tutte le occasioni che ci sono sul mercato».
E’ il disegno di legge Gentiloni che vi spinge verso l’estero?
«Piuttosto è il contrario, sarebbe un freno. Con una tale spada di Damocle bisogna essere ancora più prudenti prima di decidere un’acquisizione di questa portata».
Quali potrebbero essere i tempi di questa operazione?
«Noi siamo veloci a decidere. Sono contento che il Cda abbia dato l’ok, ma ora bisogna soprattutto valutare se ci potrebbero essere vantaggiose sinergie industriali».
A che pensa in particolare?
«Il mercato tedesco è importante, potrebbero esserci economie di scala per acquisti di diritti e produzioni più sensibili di quanto capiti già oggi con la Spagna». Dopo le non facili esperienze del passato, quando governava Schroeder, vi preoccupa il clima politico? «Speriamo che non ci siano problemi. Altrimenti sarebbe un altro caso di conflitto di interessi al contrario. Contro di noi».