La metto qui
Roma - Gli specialisti la chiamano performance visiva e si tratta di un aspetto quantomai fondamentale per la società moderna: i videoterminali informatici sono ormai ovunque e la salute degli occhi degli operatori informatici, intesa come condizione di benessere e non come semplice assenza di patologie, è diventata fondamentale. I datori di lavoro che non salvaguardano la salute visiva dei propri impiegati rischiano inoltre gravi complicazioni penali: con gli occhi, insomma, non c'è da scherzare.
È quanto riferisce a PI il dott. Bruno Piccoli, ergoftalmogolo dell'Università di Milano ed esperto di fama che partecipa ormai da anni al Work With Computing Systems, un gruppo di studio internazionale dedicato allo studio del connubio tra benessere psicofisico, medicina del lavoro e tecnologie digitali. Come ricorda in uno dei suoi numerosi studi, "l'astenopatia occupazionale", i disturbi oculari e visivi sul posto di lavoro, sono una pericolosa realtà che "può interferire con i processi cognitivi ed aumentare le possibilità di errori, anche fatali, in tutti quegli usi critici delle tecnologie informatiche: trasporti aerei, centrali elettriche e via dicendo".
"Chiunque utilizzi un computer in modo lavorativo", spiega Piccoli, "ovvero per almeno 20 ore settimanali, in un luogo di lavoro pubblico o privato, deve essere sottoposto per legge ad una serie di controlli obbligatori che implicano una valutazione di tipo medico e la stesura di un apposito documento per la previsione dei rischi". Il Decreto Legislativo 626 del 1994 ed il DL 242 del 1996, in linea con la Direttiva Europea 90/270, prescrivono infatti precise raccomandazioni nella prevenzione dei danni visivi che possono sopraggiungere dall'esposizione continua ai monitor.
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Roma - Gli specialisti la chiamano performance visiva e si tratta di un aspetto quantomai fondamentale per la società moderna: i videoterminali informatici sono ormai ovunque e la salute degli occhi degli operatori informatici, intesa come condizione di benessere e non come semplice assenza di patologie, è diventata fondamentale. I datori di lavoro che non salvaguardano la salute visiva dei propri impiegati rischiano inoltre gravi complicazioni penali: con gli occhi, insomma, non c'è da scherzare.
È quanto riferisce a PI il dott. Bruno Piccoli, ergoftalmogolo dell'Università di Milano ed esperto di fama che partecipa ormai da anni al Work With Computing Systems, un gruppo di studio internazionale dedicato allo studio del connubio tra benessere psicofisico, medicina del lavoro e tecnologie digitali. Come ricorda in uno dei suoi numerosi studi, "l'astenopatia occupazionale", i disturbi oculari e visivi sul posto di lavoro, sono una pericolosa realtà che "può interferire con i processi cognitivi ed aumentare le possibilità di errori, anche fatali, in tutti quegli usi critici delle tecnologie informatiche: trasporti aerei, centrali elettriche e via dicendo".
"Chiunque utilizzi un computer in modo lavorativo", spiega Piccoli, "ovvero per almeno 20 ore settimanali, in un luogo di lavoro pubblico o privato, deve essere sottoposto per legge ad una serie di controlli obbligatori che implicano una valutazione di tipo medico e la stesura di un apposito documento per la previsione dei rischi". Il Decreto Legislativo 626 del 1994 ed il DL 242 del 1996, in linea con la Direttiva Europea 90/270, prescrivono infatti precise raccomandazioni nella prevenzione dei danni visivi che possono sopraggiungere dall'esposizione continua ai monitor.
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