babbacall ha scritto:
Molto volentieri, quando vuoi !!!!
Ti reputo una persona molto intelligente e informata, nonostante qualche vizietto ideologico
Ti ringrazio per i complimenti, che ricambio...
Il vizietto ideologico che mi attribuisci, ovviamente, non lo riterresti tale se le nostre idee coincidessero sempre...
E, comunque, puoi stare tranquillo che se esponenti della parte politica ( in teoria... ) più vicini a me si comportano male, io sono il primo a dargli addosso ( anzi: con maggior vigore!... ).
babbacall ha scritto:
Aggiungo che mi sono riletto ora la teoria delle aspettative razionali dal manuale. Premetto:
1) non mi ricordavo di averla fatta all'esame, d'altronde sono passati diversi anni, e
2) non mi ricordavo fosse così complessa la materia.
Riconoscere questo è già un grande passo: la verità non ce l'ha in tasca nessuno, me compreso, ovvio...
babbacall ha scritto:
E' una teoria dei c.d. "nuovi classici" che depone per l'inefficacia della politica economica in particolar modo nel lungo periodo. Tuttavia a questa visione si contrappone quella dei nuovi keynesiani... nessuna delle due può dirsi effettivamente superata: sono due approcci differenti. Io debbo dire che ho sempre avuto un punto di vista keynesiano, forse anche perchè il docente del corso all'epoca spingeva soprattutto su quel versante.
La teoria keynesiana ha un limite evidente: è stato DIMOSTRATO dai fatti che non funziona....
Fino all'inizio degli anni '70 erano tutti keynesiani: poi c'è stata la grande crisi di quegli anni col fenomeno della "stagflazione" ( un ossimoro per quella teoria ) che tu, essendo studente di economia conoscerai sicuramente, ma che mi permetto di riassumere per chi si sta leggendo.
La stagflazione consiste nella contemporanea presenza, nel mercato, dei due grandi mali delle economie occidentali: la stagnazione (o recessione, e quindi disoccupazione dei lavoratori) e l’inflazione.
Nella visione di Keynes la disoccupazione è causata da un insufficiente livello della domanda. Viceversa, l’inflazione (cioè la crescita dei prezzi dei prodotti) è giustificata nella teoria keynesiana solamente quando il mercato raggiunge il pieno impiego. Solo allora l’eccesso della domanda rispetto all’offerta (che ha raggiunto il massimo livello, in termini reali), non potendo riversarsi sulla quantità reale (già al massimo), si riversa sui prezzi, determinandone un incremento e, quindi, un aumento del PIL nominale (dei prezzi, non delle quantità).
La teoria keynesiana non è più in grado di spiegare questo nuovo fenomeno della stagflazione, perché essa non ammette la presenza contemporanea di disoccupazione ed inflazione. Per Keynes, infatti, una situazione di disoccupazione è incompatibile con prezzi in aumento, bensì, al contrario, con prezzi in diminuzione, per effetto appunto della recessione.
Questo spiega anche il motivo delle politiche economiche completamente sbagliate e oltretutto destabilizzanti, che furono praticate in quegli anni. Infatti, sulla scia di Keynes, in un primo tempo, furono adottate politiche economiche (monetarie e fiscali) fortemente espansive. Ma gli effetti sui prezzi dei beni, di queste scelte politiche, furono devastanti, perché aggravarono ulteriormente la tendenza al rialzo dei prezzi già in atto all’interno dei sistemi economici, senza peraltro grossi rientri della disoccupazione, come invece speravano i governi.
E' per questo che da allora la teoria di Keynes ( che, invero, fino a quel momento era egregiamente servita a spiegare i fenomeni macro-economici ) venne progressivamente abbandonata ( nonostante successivi tentativi di ripescaggio...): si capì che le società moderne sono troppo complesse per poter essere inquadrate in uno schema tutto sommato semplice come quello keynesiano.