gianni0279 ha scritto:
Si, l'editoriale a pag. pagina 5 del direttore
"Sorrisi e canzoni TV N.19------ Programmi dal 3 al 9/5/08 Michele Placido il Mattatore"
Ecco l'editoriale in versione integrale:
Care lettrici, cari lettori, avverto soprattutto le prime: stavolta parlerò di calcio. Per carità, negli ultimi anni l'universo femminile si è molto avvicinato al mondo del pallone. Non sono più i tempi del «perché perché la domenica mi lasci sempre sola»: a parte che ormai si gioca tutti i giorni della settimana e a tutte le ore, basta andare una volta allo stadio per accorgersi che le quote rosa, lì, sono ampiamente rispettate.
Però se parliamo di calcio in tv, beh, qui le cose cambiano radicalmente, e solo la moltiplicazione dei televisori e dei decoder (per chi se li può permettere) riesce a garantire serate pacifiche a molte famiglie italiane.
Cari lettori, dunque. Io sono tra coloro che, se facendo zapping «vedono il verde» (quello del prato di uno stadio), si bloccano e dimenticano l'esistenza del telecomando. Può esserci Inter-Milan o Merate-Solbiatese, non cambia. Vanno bene anche certe partite della Premier League inglese o di oscuri campionati sudamericani in bassissima definizione. Mi basta il «verde», 22 scalmanati in mutande e un pallone che, a causa della distorsione orizzontale del 16:9, spesso assomiglia a quello del rugby. Va bene tutto, purché sia calcio.
Non fate finta di niente, so benissimo che molti di voi soffrono della mia stessa sindrome (e lo sanno anche i network televisivi, se è per questo). È una «malattia» assolutamente trasversale, che colpisce austeri capitani d'industria e giovani disoccupati, superciliosi intellettuali e studenti fuori corso, star dello spettacolo e pensionati del Bar Sport. In un Paese spaccato a metà su tutto (politica, lavoro, soldi, religione, etica pubblica) il calcio è la nostra unica, vera identità nazionale.
Ecco perché, a nome di tutti voi, vorrei rivolgere un accorato appello alla Rai. Si tratta di questo. Il calcio in tv è ormai un grande spettacolo visivo e sonoro (son et lumière): cento telecamere, mille replay da tutti gli angoli, primi piani pazzeschi, slow motion, rumori, urla, dettagli, pathos. La partita viene raccontata come un dramma popolare, come una storia epica in cui al gesto (tecnico) dell'eroe si affianca lo sguardo affranto dello sconfitto. È come una fiction, come un film, scandito dalle voci eccitate e sovratono dei telecronisti: «Sciabolata!», «Numero!», «Rete! Rete! Rete! Reteeè!», fino ai commenti programmaticamente di parte dove il grido «Gol» ha più «o» di quante sia possibile immaginare per un essere umano dotato di normale capacità toracica.
Bene. Tutto questo avviene su Sky, Mediaset, La7 e anche su alcune emittenti locali. La Rai, La tv di Stato, al contrario, concilia dolcemente il sonno. Campi lunghi interminabili, commento sussiegoso, il nome del giocatore quando tocca la palla. Zero pathos, zero passione. Ok, sto un po' esagerando, imploro Civoli, Cerqueti & C di non prendersela. Ma insomma, esiste una ragione al mondo per cui una partita di calcio debba essere trasmessa come se fosse un funerale di Stato? Colleghi dellaIM, per favore, sveglia. Anzi, svegliatemi.
Umberto Brindani
per "Tv Sorrisi e Canzoni"