Il mimetismo Hoffmann/Capote è in effetti sorprendente, soprattutto la voce - davvero incredibile. Che poi siano queste le performances che fanno davvero "grande" un attore - è tutto da vedere. Di sicuro è ben noto che piacciono all'Academy, la quale infatti puntualmente, stimolata nei punti giusti, ha reagito come dovere.
Resta comunque, innegabile, una grande prova di camaleontismo.
Il film ha un bell'inizio, soprattutto nel calarsi del raffinato e moralmente ambiguo (e non mi riferisco all'aspetto sessuale) Capote nella solida, rurale, diversissima realtà del Kansas.
Poi nella seconda parte la regia si annulla in una sequenza di quadri slegati e piuttosto piatti, un andirivieni da e verso la cella di Perry che mi sembra risolto in modo che ha molto più del banale che dell'essenziale.
Altro problema di questo film è che il racconto definitivo di questa storia è già stato fatto, ed è quel capolavoro poco conosciuto del grande (e poco conosciuto) Richard Brooks, In cold blood - A sangue freddo (****).
Anche se i film sono abbastanza diversi (il film di Brooks, sceneggiato con la collaborazione di Capote, non si focalizza sul personaggio di Capote), un confronto è abbastanza inevitabile: e basta vedere i primi 55 secondi del film di Brooks per vedere la diversità delle intelligenze registiche al lavoro.
Ed il cameo di Charles McGraw, nei panni del padre di Perry, in tre minuti si mangia tutto il film di Miller.
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