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Il punto di partenza può essere definito Kaufmaniano per lo spunto di purissimo surrealismo, basato su un paradosso logico: una scrittrice si trova ad interferire (ed a manifestarsi come voce narrante) nella vita di uno dei suoi personaggi. Nella fattispecie (ma lei non lo sa) questo personaggio è un uomo reale, in carne ed ossa, che sente ("subisce") una voce per lui sconosciuta ma, a quanto pare, in grado di conoscerlo meglio di se stesso, e di prevenire e indirizzare il suo destino.
Il film non si ferma tuttavia al pretesto iniziale, interessante ma certamente esile.
Harold (il protagonista, Will Ferrell) si rivolge (come credo farebbe chiunque di noi) ad una psicologa, la cui diagnosi è ovvia ed immediata: "lei sente una voce? questa è schizofrenia". Eppure, non convinto di essere pazzo, insiste: ma se davvero esistesse questa voce che racconta la mia vita come fosse un libro, cose mi consiglierebbe?
La risposta della psicologa, buttata lì soltanto per esasperazione e per togliersi di torno Harold, rappresenta la prima svolta del film: "consulti un esperto di letteratura".
Il professore di letteratura (Hilbert/Dustin Hoffman) inizialmente fa ben poco per aiutare Harold a scoprire chi sia la misteriosa scrittrice, ma gli dà un consiglio utile: tutti i libri sono o tragedie o commedie, si tratta di scoprire se la vita di Harold sia l'una o l'altra, e se possibile indirizzarla verso la commedia. Harold ci prova; e proprio quando noi (già dal primo incontro con Ana) e Harold (molto, molto dopo di noi) siamo convinti che la commedia stia prendendo piede alla grande, il film svolta drammaticamente verso la tragedia, sbandando (in quanto film) paurosamente (devvero un po’ si pensa al Ladro di orchidee) ma rimanendo miracolosamente in piedi fino alla fine: e certo, così come il libro di Karen/Emma Thompson, non sarà un capolavoro assoluto, ma è senz'altro "o.k.", e ci si può accontentare.
Film che (cinematograficamente) viaggia costantemente sul filo del baratro e del disastro (e lo fa consapevolmente ed in maniera quasi irridente), tra i non pochi elementi di interesse che presenta c'è l'uso della voce narrante: quello che è un problema di molte trasposizioni libro-film, cioè cosa fare del narratore, come rendere cinematograficamente quel punto di vista onnisciente ed invisibile, e che il più delle volte viene banalmente reso con una voce fuori campo, qui viene capovolto mettendo la voce narrante direttamente al centro del ring, rendendola a tutti gli effetti un elemento drammatico ed un attore, in grado non solo di descrivere ma di indirizzare gli avvenimenti.
***1/2
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