pietro89
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MENTRE LO SQUALO FA PROVE TECNICHE DI TV SU INTERNET (SKYLIFE DIVENTERA’ IL MYSPACE ITALIANO), MEDIASET HA INTENZIONE DI INIZIARE A FARE CONCORRENZA A SKY ANCHE SUL SUO STESSO TERRENO: IL SATELLITE…
Stefano Carli per “Affari & Finanza” di “la Repubblica”
Per il New York Times, che ha dedicato al tema un corposo articolo la scorsa settimana, ormai sono senza mezzi termini «gli ex amici». E in effetti ogni giorno che passa le strade di Rupert Murdoch qui in Italia e quelle di Silvio Berlusconi e della sua Mediaset divergono sempre più. Avevano cominciato ad allontanarsi già con il vecchio governo che elargiva sussidi al nascente digitale terrestre. Murdoch e la sua Sky Italia avevano protestato duramente, anche a Bruxelles ma, per esempio, non avevano parallelamente aperto l’altro fronte quello dell’Auditel, che non rileva che marginalmente i crescenti ascolti della pay tv via satellite.
Ora anche questa «cortesia» è venuta meno e la battaglia sull’Auditel sta arrivando alla resa dei conti (domani stesso, martedì, ci sarà un appuntamento cruciale presso l’Autorità per le Comunicazioni). Poi è arrivato il disegno di riforma del settore tv del ministro Paolo Gentiloni che, così com’è oggi, blocca di fatto il progetto del Biscione di usare la nuova piattaforma per fare la payperview e portare così la concorrenza a Sky nel cuore del suo business plan film e partite di calcio e la polemica è andata alle stelle. Fedele Confalonieri accusa la riforma Gentiloni di «esproprio» e il ministro di una posizione filoSky. Ma se sul piano «politico» l’universo Mediaset sembra attivissimo, sul fronte delle strategie industriali dà l’impressione di essere ferma. Certo, c’è stato il tentativo di affacciarsi in Germania candidandosi a rilevare ProSieben, l’ex gruppo Kirch, ma si è subito tirata indietro. Per il resto poco o nulla. Nulla di nuovo, in particolare, sui fronti più avanzati della convergenza, dell’Iptv, dove invece Murdoch è attivissimo.
Mediaset e Sky sono due grandi gruppi dell’entertainment tv. Producono e assemblano contenuti, li distribuiscono. Sono al centro di un settore che a livello mondiale è in fermento. C’è la convergenza con il mondo di Internet, la crisi (non ora, ma in una prospettiva di qualche anno) degli ascolti della tv tradizionale in chiaro e quindi la progressiva disaffezione degli investitori pubblicitari. Eppure le strategie sono all’opposto.
Murdoch sembra in pieno in questo fiume della convergenza multimediale. Anzi, per certi versi ne è uno dei protagonisti. Due anni fa ha dettato al suo gruppo, NewsCorp, le nuove strategie incentrate su Internet e i risultati si sono visti subito. Un anno fa, in Gran Bretagna, ha comprato Easynet, un Internet provider con una sua infrastruttura di rete, e ha iniziato a fornire accessi a banda larga ai suoi abbonati a BskyB praticamente gratis e sta partendo con un’offerta di telefonia Voip. Poi, la primavera scorsa, negli Usa ha comprato MySpace, il maggior sito di social networking, per circa 700 milioni di dollari, che ha in pratica già recuperato vendendo a Google l’esclusiva della pubblicità sul sito stesso per i prossimi tre anni. In Italia ha appena annunciato l’acquisizione di una quota di Casa.it, un portale di affari immobiliari, ma soprattutto ha iniziato la trasformazione del portale di Sky da semplice vetrina informativa in qualcosa di più.
Intanto gli ha cambiato il nome in Skylife.it, poi punta a farne una «community»: spazio web agli utenti per registrare nei server la loro pagina personale, con i loro video e le loro foto, i loro blog. Praticamente l’obiettivo di Skylife è di diventare il MySpace italiano. E anche un po’ di più. Presto per parlare di Iptv, ma intanto sul sito si possono vedere Sky Tg24 e le previsioni del tempo. Non è ancora un intero canale in rete, o un vero video on demand. Ma una prova tecnica di tv su Internet sicuramente sì.
Sul fronte della distribuzione l’accordo con Fastweb è sicuramente in linea con le direttive di Rupert Murdoch e anche con il parere degli analisti: concentrarsi sui contenuti, sul rapporto diretto con gli abbonati, che sono il vero capitale, e non cristallizzarsi su un’unica piattaforma di distribuzione. Anzi, tenersi alla larga da eccessivi coinvolgimenti nell’infrastruttura. Per questo l’acquisizione di Easinet in Gran Bretagna è rimasto un caso senza seguito. E le voci di un’acquisizione di Fastweb, immediatamente smentite da entrambe le parti, sarebbero incongrue con questa strategia. Senza contare il fatto che Sky Italia, acquisendo Fastweb, si troverebbe automaticamente quotata e dovrebbe rinunciare alla possibilità di lanciare un’Ipo e ottenere quindi risorse dal mercato.
Dall’altra parte, che cosa sta facendo Mediaset? Tutt’altro. Le sue iniziative inquadrabili nel contesto della «convergenza» sono in buona sostanza pari a zero. E poiché tutte le nuove iniziative e gli sviluppi delle nuove tecnologie ricadono sotto la sfera di influenza di Ives Confalonieri, il figlio di Fedele, è difficile immaginare che questa «indifferenza» possa essere frutto di un errore manageriale.
Mediaset, dunque, non crede all’Iptv. Ma non è vero, invece, che sia del tutto ferma. Anche se quello che fa è lontano dal clamore che susciterebbe se invece, per esempio, si comprasse un portale. Si parla ogni tanto del suo interessamento per Endemol: che è già una cosa che emozionerebbe di più i mercati. Ma poi non se ne fa più nulla.
La cosa curiosa è che questa apparente immobilità di Mediaset sembra essere apprezzata dai mercati. Un recentissimo report di JpMorgan porta il giudizio da «stabile» a «sovrappesare», ossia «comprare». E alla base di questa lusinghiera valutazione, proprio mentre Confalonieri grida all’esproprio, è che Mediaset non sta immobilizzando risorse. Insomma, investe poco e porta a beneficio degli azionisti (Fininvest e il mercato) i suoi floridi profitti. Quindi, in una visiona breve-medio termine, diciamo di qui ai prossimi 12-18 mesi, è un titolo che guadagnerà. E infatti Jp Morgan alza anche il target price dell’azione. E non è la sola.
Quindi Mediaset sta continuando a fare il suo lavoro di macchina da soldi. Ma non è vero che non pensi anche al futuro. Alcune settimane fa ha infatti stretto un contratto con Eutelsat per l’utilizzo di un trasponder sul nuovo satellite Hot Bird. A che serve?
E qui è forse la chiave. Il digitale terrestre ha due forti limiti. Uno tecnologico-economico: coprire l’80% della popolazione si fa con costi accettabili in relazione ai ricavi prevedibili; il resto no. Per quel 20% finale il satellite è l’unica soluzione. Il secondo limite è normativo. Se la Gentiloni passa così com’è Mediaset non può sviluppare la sua payperview, i canali Premium, oltre il livello attuale. Sul satellite avrebbe invece la totale libertà di mettere tutti i canali pay che vuole, senza vincoli.
LA SFIDA BERLUSCONI-MURDOCH SI INGROSSA – MENTRE LO SQUALO FA PROVE TECNICHE DI TV SU INTERNET (SKYLIFE DIVENTERA’ IL MYSPACE ITALIANO), MEDIASET HA INTENZIONE DI INIZIARE A FARE CONCORRENZA A SKY ANCHE SUL SUO STESSO TERRENO: IL SATELLITE…
Stefano Carli per “Affari & Finanza” di “la Repubblica”
Per il New York Times, che ha dedicato al tema un corposo articolo la scorsa settimana, ormai sono senza mezzi termini «gli ex amici». E in effetti ogni giorno che passa le strade di Rupert Murdoch qui in Italia e quelle di Silvio Berlusconi e della sua Mediaset divergono sempre più. Avevano cominciato ad allontanarsi già con il vecchio governo che elargiva sussidi al nascente digitale terrestre. Murdoch e la sua Sky Italia avevano protestato duramente, anche a Bruxelles ma, per esempio, non avevano parallelamente aperto l’altro fronte quello dell’Auditel, che non rileva che marginalmente i crescenti ascolti della pay tv via satellite.
(Il Cavalier Berlusconi - da Lapresse)
Ora anche questa «cortesia» è venuta meno e la battaglia sull’Auditel sta arrivando alla resa dei conti (domani stesso, martedì, ci sarà un appuntamento cruciale presso l’Autorità per le Comunicazioni). Poi è arrivato il disegno di riforma del settore tv del ministro Paolo Gentiloni che, così com’è oggi, blocca di fatto il progetto del Biscione di usare la nuova piattaforma per fare la payperview e portare così la concorrenza a Sky nel cuore del suo business plan film e partite di calcio e la polemica è andata alle stelle. Fedele Confalonieri accusa la riforma Gentiloni di «esproprio» e il ministro di una posizione filoSky. Ma se sul piano «politico» l’universo Mediaset sembra attivissimo, sul fronte delle strategie industriali dà l’impressione di essere ferma. Certo, c’è stato il tentativo di affacciarsi in Germania candidandosi a rilevare ProSieben, l’ex gruppo Kirch, ma si è subito tirata indietro. Per il resto poco o nulla. Nulla di nuovo, in particolare, sui fronti più avanzati della convergenza, dell’Iptv, dove invece Murdoch è attivissimo.
Mediaset e Sky sono due grandi gruppi dell’entertainment tv. Producono e assemblano contenuti, li distribuiscono. Sono al centro di un settore che a livello mondiale è in fermento. C’è la convergenza con il mondo di Internet, la crisi (non ora, ma in una prospettiva di qualche anno) degli ascolti della tv tradizionale in chiaro e quindi la progressiva disaffezione degli investitori pubblicitari. Eppure le strategie sono all’opposto.
(Sorridente il brizzolato ministro Gentiloni - U.Pizzi)
Murdoch sembra in pieno in questo fiume della convergenza multimediale. Anzi, per certi versi ne è uno dei protagonisti. Due anni fa ha dettato al suo gruppo, NewsCorp, le nuove strategie incentrate su Internet e i risultati si sono visti subito. Un anno fa, in Gran Bretagna, ha comprato Easynet, un Internet provider con una sua infrastruttura di rete, e ha iniziato a fornire accessi a banda larga ai suoi abbonati a BskyB praticamente gratis e sta partendo con un’offerta di telefonia Voip. Poi, la primavera scorsa, negli Usa ha comprato MySpace, il maggior sito di social networking, per circa 700 milioni di dollari, che ha in pratica già recuperato vendendo a Google l’esclusiva della pubblicità sul sito stesso per i prossimi tre anni. In Italia ha appena annunciato l’acquisizione di una quota di Casa.it, un portale di affari immobiliari, ma soprattutto ha iniziato la trasformazione del portale di Sky da semplice vetrina informativa in qualcosa di più.
Intanto gli ha cambiato il nome in Skylife.it, poi punta a farne una «community»: spazio web agli utenti per registrare nei server la loro pagina personale, con i loro video e le loro foto, i loro blog. Praticamente l’obiettivo di Skylife è di diventare il MySpace italiano. E anche un po’ di più. Presto per parlare di Iptv, ma intanto sul sito si possono vedere Sky Tg24 e le previsioni del tempo. Non è ancora un intero canale in rete, o un vero video on demand. Ma una prova tecnica di tv su Internet sicuramente sì.
Sul fronte della distribuzione l’accordo con Fastweb è sicuramente in linea con le direttive di Rupert Murdoch e anche con il parere degli analisti: concentrarsi sui contenuti, sul rapporto diretto con gli abbonati, che sono il vero capitale, e non cristallizzarsi su un’unica piattaforma di distribuzione. Anzi, tenersi alla larga da eccessivi coinvolgimenti nell’infrastruttura. Per questo l’acquisizione di Easinet in Gran Bretagna è rimasto un caso senza seguito. E le voci di un’acquisizione di Fastweb, immediatamente smentite da entrambe le parti, sarebbero incongrue con questa strategia. Senza contare il fatto che Sky Italia, acquisendo Fastweb, si troverebbe automaticamente quotata e dovrebbe rinunciare alla possibilità di lanciare un’Ipo e ottenere quindi risorse dal mercato.
(I Murdoch papà e figlio - U.Pizzi)
Dall’altra parte, che cosa sta facendo Mediaset? Tutt’altro. Le sue iniziative inquadrabili nel contesto della «convergenza» sono in buona sostanza pari a zero. E poiché tutte le nuove iniziative e gli sviluppi delle nuove tecnologie ricadono sotto la sfera di influenza di Ives Confalonieri, il figlio di Fedele, è difficile immaginare che questa «indifferenza» possa essere frutto di un errore manageriale.
Mediaset, dunque, non crede all’Iptv. Ma non è vero, invece, che sia del tutto ferma. Anche se quello che fa è lontano dal clamore che susciterebbe se invece, per esempio, si comprasse un portale. Si parla ogni tanto del suo interessamento per Endemol: che è già una cosa che emozionerebbe di più i mercati. Ma poi non se ne fa più nulla.
La cosa curiosa è che questa apparente immobilità di Mediaset sembra essere apprezzata dai mercati. Un recentissimo report di JpMorgan porta il giudizio da «stabile» a «sovrappesare», ossia «comprare». E alla base di questa lusinghiera valutazione, proprio mentre Confalonieri grida all’esproprio, è che Mediaset non sta immobilizzando risorse. Insomma, investe poco e porta a beneficio degli azionisti (Fininvest e il mercato) i suoi floridi profitti. Quindi, in una visiona breve-medio termine, diciamo di qui ai prossimi 12-18 mesi, è un titolo che guadagnerà. E infatti Jp Morgan alza anche il target price dell’azione. E non è la sola.
Quindi Mediaset sta continuando a fare il suo lavoro di macchina da soldi. Ma non è vero che non pensi anche al futuro. Alcune settimane fa ha infatti stretto un contratto con Eutelsat per l’utilizzo di un trasponder sul nuovo satellite Hot Bird. A che serve?
E qui è forse la chiave. Il digitale terrestre ha due forti limiti. Uno tecnologico-economico: coprire l’80% della popolazione si fa con costi accettabili in relazione ai ricavi prevedibili; il resto no. Per quel 20% finale il satellite è l’unica soluzione. Il secondo limite è normativo. Se la Gentiloni passa così com’è Mediaset non può sviluppare la sua payperview, i canali Premium, oltre il livello attuale. Sul satellite avrebbe invece la totale libertà di mettere tutti i canali pay che vuole, senza vincoli.
(Confalonieri & Gentiloni)
In più c’è un terzo aspetto da considerare. La nuova normativa sui diritti tv, se andrà in porto come si prevede, vieta le «esclusive totali». Come quella, per intendersi, che ha permesso a Mediaset di comprare i diritti della Juve o del Milan per tutte le piattaforme di trasmissione. Nella nuova versione ogni soggetto potrà partecipare alle aste solo per le piattaforme che gestisce direttamente. Insomma, con la nuova normativa Mediaset non potrebbe acquisire, come ha fatto l’estate scorsa, i diritti del calcio per il satellite perché il satellite non ce l’ha. Tra poco potrebbe non essere più così.
Ma per Mediaset il satellite potrebbe non essere solo uno strumento ma una strategia vera e propria.
«Anche in Italia, come in molti altri paesi europei, e per ultima, adesso la Francia spiega Augusto Preta, direttore generale di It Media ci si sta orientando verso il ‘free sat’. Vuol dire che si utilizza il satellite per completare la copertura digitale di un territorio per la tv in chiaro». Il satellite da piattaforma per antonomasia della tv a pagamento a tecnologia chiave per la «vecchia» tv gratuita. Una svolta sia per le strategie di un gruppo come Eutelsat che per le polemiche sulla potenzialità del digitale terrestre. Un’accelerazione di cui Preta e It Media hanno già iniziato a tener conto abbassando, nell’ultima revisione, di settembre, le stime sulla crescita della tv via cavo, che in Italia è ovviamente solo Iptv.
Come in Francia Eutelsat sta offrendo anche in Italia i suoi trasponder. E in questo sta incrociando la strada di Sky, che ha offerto di ospitare gratis sulla sua piattaforma i canali in chiaro di Rai, Mediaset e di altri ancora. Ma la gratuità ha un contraltare: chi va con Sky deve usare il suo sistema di crittazione e a quel punto sarebbe difficile organizzare su quel satellite, accanto ai canali in chiaro, un’offerta di pay tv. E Mediaset ha intenzione di iniziare a fare concorrenza a Sky anche sul suo stesso terreno. Presto.
Dagospia 05 Dicembre 2006
Stefano Carli per “Affari & Finanza” di “la Repubblica”
Per il New York Times, che ha dedicato al tema un corposo articolo la scorsa settimana, ormai sono senza mezzi termini «gli ex amici». E in effetti ogni giorno che passa le strade di Rupert Murdoch qui in Italia e quelle di Silvio Berlusconi e della sua Mediaset divergono sempre più. Avevano cominciato ad allontanarsi già con il vecchio governo che elargiva sussidi al nascente digitale terrestre. Murdoch e la sua Sky Italia avevano protestato duramente, anche a Bruxelles ma, per esempio, non avevano parallelamente aperto l’altro fronte quello dell’Auditel, che non rileva che marginalmente i crescenti ascolti della pay tv via satellite.
Ora anche questa «cortesia» è venuta meno e la battaglia sull’Auditel sta arrivando alla resa dei conti (domani stesso, martedì, ci sarà un appuntamento cruciale presso l’Autorità per le Comunicazioni). Poi è arrivato il disegno di riforma del settore tv del ministro Paolo Gentiloni che, così com’è oggi, blocca di fatto il progetto del Biscione di usare la nuova piattaforma per fare la payperview e portare così la concorrenza a Sky nel cuore del suo business plan film e partite di calcio e la polemica è andata alle stelle. Fedele Confalonieri accusa la riforma Gentiloni di «esproprio» e il ministro di una posizione filoSky. Ma se sul piano «politico» l’universo Mediaset sembra attivissimo, sul fronte delle strategie industriali dà l’impressione di essere ferma. Certo, c’è stato il tentativo di affacciarsi in Germania candidandosi a rilevare ProSieben, l’ex gruppo Kirch, ma si è subito tirata indietro. Per il resto poco o nulla. Nulla di nuovo, in particolare, sui fronti più avanzati della convergenza, dell’Iptv, dove invece Murdoch è attivissimo.
Mediaset e Sky sono due grandi gruppi dell’entertainment tv. Producono e assemblano contenuti, li distribuiscono. Sono al centro di un settore che a livello mondiale è in fermento. C’è la convergenza con il mondo di Internet, la crisi (non ora, ma in una prospettiva di qualche anno) degli ascolti della tv tradizionale in chiaro e quindi la progressiva disaffezione degli investitori pubblicitari. Eppure le strategie sono all’opposto.
Murdoch sembra in pieno in questo fiume della convergenza multimediale. Anzi, per certi versi ne è uno dei protagonisti. Due anni fa ha dettato al suo gruppo, NewsCorp, le nuove strategie incentrate su Internet e i risultati si sono visti subito. Un anno fa, in Gran Bretagna, ha comprato Easynet, un Internet provider con una sua infrastruttura di rete, e ha iniziato a fornire accessi a banda larga ai suoi abbonati a BskyB praticamente gratis e sta partendo con un’offerta di telefonia Voip. Poi, la primavera scorsa, negli Usa ha comprato MySpace, il maggior sito di social networking, per circa 700 milioni di dollari, che ha in pratica già recuperato vendendo a Google l’esclusiva della pubblicità sul sito stesso per i prossimi tre anni. In Italia ha appena annunciato l’acquisizione di una quota di Casa.it, un portale di affari immobiliari, ma soprattutto ha iniziato la trasformazione del portale di Sky da semplice vetrina informativa in qualcosa di più.
Intanto gli ha cambiato il nome in Skylife.it, poi punta a farne una «community»: spazio web agli utenti per registrare nei server la loro pagina personale, con i loro video e le loro foto, i loro blog. Praticamente l’obiettivo di Skylife è di diventare il MySpace italiano. E anche un po’ di più. Presto per parlare di Iptv, ma intanto sul sito si possono vedere Sky Tg24 e le previsioni del tempo. Non è ancora un intero canale in rete, o un vero video on demand. Ma una prova tecnica di tv su Internet sicuramente sì.
Sul fronte della distribuzione l’accordo con Fastweb è sicuramente in linea con le direttive di Rupert Murdoch e anche con il parere degli analisti: concentrarsi sui contenuti, sul rapporto diretto con gli abbonati, che sono il vero capitale, e non cristallizzarsi su un’unica piattaforma di distribuzione. Anzi, tenersi alla larga da eccessivi coinvolgimenti nell’infrastruttura. Per questo l’acquisizione di Easinet in Gran Bretagna è rimasto un caso senza seguito. E le voci di un’acquisizione di Fastweb, immediatamente smentite da entrambe le parti, sarebbero incongrue con questa strategia. Senza contare il fatto che Sky Italia, acquisendo Fastweb, si troverebbe automaticamente quotata e dovrebbe rinunciare alla possibilità di lanciare un’Ipo e ottenere quindi risorse dal mercato.
Dall’altra parte, che cosa sta facendo Mediaset? Tutt’altro. Le sue iniziative inquadrabili nel contesto della «convergenza» sono in buona sostanza pari a zero. E poiché tutte le nuove iniziative e gli sviluppi delle nuove tecnologie ricadono sotto la sfera di influenza di Ives Confalonieri, il figlio di Fedele, è difficile immaginare che questa «indifferenza» possa essere frutto di un errore manageriale.
Mediaset, dunque, non crede all’Iptv. Ma non è vero, invece, che sia del tutto ferma. Anche se quello che fa è lontano dal clamore che susciterebbe se invece, per esempio, si comprasse un portale. Si parla ogni tanto del suo interessamento per Endemol: che è già una cosa che emozionerebbe di più i mercati. Ma poi non se ne fa più nulla.
La cosa curiosa è che questa apparente immobilità di Mediaset sembra essere apprezzata dai mercati. Un recentissimo report di JpMorgan porta il giudizio da «stabile» a «sovrappesare», ossia «comprare». E alla base di questa lusinghiera valutazione, proprio mentre Confalonieri grida all’esproprio, è che Mediaset non sta immobilizzando risorse. Insomma, investe poco e porta a beneficio degli azionisti (Fininvest e il mercato) i suoi floridi profitti. Quindi, in una visiona breve-medio termine, diciamo di qui ai prossimi 12-18 mesi, è un titolo che guadagnerà. E infatti Jp Morgan alza anche il target price dell’azione. E non è la sola.
Quindi Mediaset sta continuando a fare il suo lavoro di macchina da soldi. Ma non è vero che non pensi anche al futuro. Alcune settimane fa ha infatti stretto un contratto con Eutelsat per l’utilizzo di un trasponder sul nuovo satellite Hot Bird. A che serve?
E qui è forse la chiave. Il digitale terrestre ha due forti limiti. Uno tecnologico-economico: coprire l’80% della popolazione si fa con costi accettabili in relazione ai ricavi prevedibili; il resto no. Per quel 20% finale il satellite è l’unica soluzione. Il secondo limite è normativo. Se la Gentiloni passa così com’è Mediaset non può sviluppare la sua payperview, i canali Premium, oltre il livello attuale. Sul satellite avrebbe invece la totale libertà di mettere tutti i canali pay che vuole, senza vincoli.
LA SFIDA BERLUSCONI-MURDOCH SI INGROSSA – MENTRE LO SQUALO FA PROVE TECNICHE DI TV SU INTERNET (SKYLIFE DIVENTERA’ IL MYSPACE ITALIANO), MEDIASET HA INTENZIONE DI INIZIARE A FARE CONCORRENZA A SKY ANCHE SUL SUO STESSO TERRENO: IL SATELLITE…
Stefano Carli per “Affari & Finanza” di “la Repubblica”
Per il New York Times, che ha dedicato al tema un corposo articolo la scorsa settimana, ormai sono senza mezzi termini «gli ex amici». E in effetti ogni giorno che passa le strade di Rupert Murdoch qui in Italia e quelle di Silvio Berlusconi e della sua Mediaset divergono sempre più. Avevano cominciato ad allontanarsi già con il vecchio governo che elargiva sussidi al nascente digitale terrestre. Murdoch e la sua Sky Italia avevano protestato duramente, anche a Bruxelles ma, per esempio, non avevano parallelamente aperto l’altro fronte quello dell’Auditel, che non rileva che marginalmente i crescenti ascolti della pay tv via satellite.
(Il Cavalier Berlusconi - da Lapresse)
Ora anche questa «cortesia» è venuta meno e la battaglia sull’Auditel sta arrivando alla resa dei conti (domani stesso, martedì, ci sarà un appuntamento cruciale presso l’Autorità per le Comunicazioni). Poi è arrivato il disegno di riforma del settore tv del ministro Paolo Gentiloni che, così com’è oggi, blocca di fatto il progetto del Biscione di usare la nuova piattaforma per fare la payperview e portare così la concorrenza a Sky nel cuore del suo business plan film e partite di calcio e la polemica è andata alle stelle. Fedele Confalonieri accusa la riforma Gentiloni di «esproprio» e il ministro di una posizione filoSky. Ma se sul piano «politico» l’universo Mediaset sembra attivissimo, sul fronte delle strategie industriali dà l’impressione di essere ferma. Certo, c’è stato il tentativo di affacciarsi in Germania candidandosi a rilevare ProSieben, l’ex gruppo Kirch, ma si è subito tirata indietro. Per il resto poco o nulla. Nulla di nuovo, in particolare, sui fronti più avanzati della convergenza, dell’Iptv, dove invece Murdoch è attivissimo.
Mediaset e Sky sono due grandi gruppi dell’entertainment tv. Producono e assemblano contenuti, li distribuiscono. Sono al centro di un settore che a livello mondiale è in fermento. C’è la convergenza con il mondo di Internet, la crisi (non ora, ma in una prospettiva di qualche anno) degli ascolti della tv tradizionale in chiaro e quindi la progressiva disaffezione degli investitori pubblicitari. Eppure le strategie sono all’opposto.
(Sorridente il brizzolato ministro Gentiloni - U.Pizzi)
Murdoch sembra in pieno in questo fiume della convergenza multimediale. Anzi, per certi versi ne è uno dei protagonisti. Due anni fa ha dettato al suo gruppo, NewsCorp, le nuove strategie incentrate su Internet e i risultati si sono visti subito. Un anno fa, in Gran Bretagna, ha comprato Easynet, un Internet provider con una sua infrastruttura di rete, e ha iniziato a fornire accessi a banda larga ai suoi abbonati a BskyB praticamente gratis e sta partendo con un’offerta di telefonia Voip. Poi, la primavera scorsa, negli Usa ha comprato MySpace, il maggior sito di social networking, per circa 700 milioni di dollari, che ha in pratica già recuperato vendendo a Google l’esclusiva della pubblicità sul sito stesso per i prossimi tre anni. In Italia ha appena annunciato l’acquisizione di una quota di Casa.it, un portale di affari immobiliari, ma soprattutto ha iniziato la trasformazione del portale di Sky da semplice vetrina informativa in qualcosa di più.
Intanto gli ha cambiato il nome in Skylife.it, poi punta a farne una «community»: spazio web agli utenti per registrare nei server la loro pagina personale, con i loro video e le loro foto, i loro blog. Praticamente l’obiettivo di Skylife è di diventare il MySpace italiano. E anche un po’ di più. Presto per parlare di Iptv, ma intanto sul sito si possono vedere Sky Tg24 e le previsioni del tempo. Non è ancora un intero canale in rete, o un vero video on demand. Ma una prova tecnica di tv su Internet sicuramente sì.
Sul fronte della distribuzione l’accordo con Fastweb è sicuramente in linea con le direttive di Rupert Murdoch e anche con il parere degli analisti: concentrarsi sui contenuti, sul rapporto diretto con gli abbonati, che sono il vero capitale, e non cristallizzarsi su un’unica piattaforma di distribuzione. Anzi, tenersi alla larga da eccessivi coinvolgimenti nell’infrastruttura. Per questo l’acquisizione di Easinet in Gran Bretagna è rimasto un caso senza seguito. E le voci di un’acquisizione di Fastweb, immediatamente smentite da entrambe le parti, sarebbero incongrue con questa strategia. Senza contare il fatto che Sky Italia, acquisendo Fastweb, si troverebbe automaticamente quotata e dovrebbe rinunciare alla possibilità di lanciare un’Ipo e ottenere quindi risorse dal mercato.
(I Murdoch papà e figlio - U.Pizzi)
Dall’altra parte, che cosa sta facendo Mediaset? Tutt’altro. Le sue iniziative inquadrabili nel contesto della «convergenza» sono in buona sostanza pari a zero. E poiché tutte le nuove iniziative e gli sviluppi delle nuove tecnologie ricadono sotto la sfera di influenza di Ives Confalonieri, il figlio di Fedele, è difficile immaginare che questa «indifferenza» possa essere frutto di un errore manageriale.
Mediaset, dunque, non crede all’Iptv. Ma non è vero, invece, che sia del tutto ferma. Anche se quello che fa è lontano dal clamore che susciterebbe se invece, per esempio, si comprasse un portale. Si parla ogni tanto del suo interessamento per Endemol: che è già una cosa che emozionerebbe di più i mercati. Ma poi non se ne fa più nulla.
La cosa curiosa è che questa apparente immobilità di Mediaset sembra essere apprezzata dai mercati. Un recentissimo report di JpMorgan porta il giudizio da «stabile» a «sovrappesare», ossia «comprare». E alla base di questa lusinghiera valutazione, proprio mentre Confalonieri grida all’esproprio, è che Mediaset non sta immobilizzando risorse. Insomma, investe poco e porta a beneficio degli azionisti (Fininvest e il mercato) i suoi floridi profitti. Quindi, in una visiona breve-medio termine, diciamo di qui ai prossimi 12-18 mesi, è un titolo che guadagnerà. E infatti Jp Morgan alza anche il target price dell’azione. E non è la sola.
Quindi Mediaset sta continuando a fare il suo lavoro di macchina da soldi. Ma non è vero che non pensi anche al futuro. Alcune settimane fa ha infatti stretto un contratto con Eutelsat per l’utilizzo di un trasponder sul nuovo satellite Hot Bird. A che serve?
E qui è forse la chiave. Il digitale terrestre ha due forti limiti. Uno tecnologico-economico: coprire l’80% della popolazione si fa con costi accettabili in relazione ai ricavi prevedibili; il resto no. Per quel 20% finale il satellite è l’unica soluzione. Il secondo limite è normativo. Se la Gentiloni passa così com’è Mediaset non può sviluppare la sua payperview, i canali Premium, oltre il livello attuale. Sul satellite avrebbe invece la totale libertà di mettere tutti i canali pay che vuole, senza vincoli.
(Confalonieri & Gentiloni)
In più c’è un terzo aspetto da considerare. La nuova normativa sui diritti tv, se andrà in porto come si prevede, vieta le «esclusive totali». Come quella, per intendersi, che ha permesso a Mediaset di comprare i diritti della Juve o del Milan per tutte le piattaforme di trasmissione. Nella nuova versione ogni soggetto potrà partecipare alle aste solo per le piattaforme che gestisce direttamente. Insomma, con la nuova normativa Mediaset non potrebbe acquisire, come ha fatto l’estate scorsa, i diritti del calcio per il satellite perché il satellite non ce l’ha. Tra poco potrebbe non essere più così.
Ma per Mediaset il satellite potrebbe non essere solo uno strumento ma una strategia vera e propria.
«Anche in Italia, come in molti altri paesi europei, e per ultima, adesso la Francia spiega Augusto Preta, direttore generale di It Media ci si sta orientando verso il ‘free sat’. Vuol dire che si utilizza il satellite per completare la copertura digitale di un territorio per la tv in chiaro». Il satellite da piattaforma per antonomasia della tv a pagamento a tecnologia chiave per la «vecchia» tv gratuita. Una svolta sia per le strategie di un gruppo come Eutelsat che per le polemiche sulla potenzialità del digitale terrestre. Un’accelerazione di cui Preta e It Media hanno già iniziato a tener conto abbassando, nell’ultima revisione, di settembre, le stime sulla crescita della tv via cavo, che in Italia è ovviamente solo Iptv.
Come in Francia Eutelsat sta offrendo anche in Italia i suoi trasponder. E in questo sta incrociando la strada di Sky, che ha offerto di ospitare gratis sulla sua piattaforma i canali in chiaro di Rai, Mediaset e di altri ancora. Ma la gratuità ha un contraltare: chi va con Sky deve usare il suo sistema di crittazione e a quel punto sarebbe difficile organizzare su quel satellite, accanto ai canali in chiaro, un’offerta di pay tv. E Mediaset ha intenzione di iniziare a fare concorrenza a Sky anche sul suo stesso terreno. Presto.
Dagospia 05 Dicembre 2006