Divertente paragonare gli ordini di scuderia a ladri e truffatori, davvero esilarante.
Ci si può sforzare e capire ciò che molti provano a spiegare, oppure insistere ottusamente nelle proprie tesi attraverso forzature belle e buone.
I piloti non corrono a piedi ma su un mezzo che viene costruito e sviluppato, nonchè pagato, da un team. Dietro le prestazioni di una vettura c'è il lavoro di centinaia di persone e tutti i risultati di qualsiasi pilota, oltre alle sue capacità, dipendono dall'abilità e dall'abnegazione di chi pensa e lavora per dargli modo di esprimerle.
Forzando nell'altro senso e ragionando nello stesso modo, anzi sempre un po' meglio, si potrebbe affermare che un pilota che rifiuti di rispettare ordini di scuderia o che danneggi il risultato della squadra o del compagno nella lotta al titolo guardando solo a sè stesso, non è un collaboratore leale ma piuttosto un sabotatore ingrato. Doppiamente discutibile il ragionamento del pilota quando si sa benissimo che certi driver partono con contratti da seconda guida e li firmano pure.
La verità è che gli ordini di scuderia non sono una prerogativa di oggi o di un team in particolare, ma ci sono sempre stati e li si è aboliti (sulla carta) nel 2003, a causa della Ferrari, che in certe cose è sempre stata troppo plateale, molto meno abile dei teams inglesi.
Se errore c'è stato, lo ha commesso la FIA nel 2003 (gestione Mosley) quando ha trasformato in ipocrisia legalizzata ciò che le squadre hanno sempre fatto e continuato a fare, sia prima che dopo.
E' ipocrita far finta di poter vietare ciò che tutti hanno sempre fatto (e fanno) per logica e necessità oggettiva, specialmente se si alza la voce solo quando l'episodio è plateale e soprattutto, quando riguarda una certa squadra, un team verso cui si ha un particolare astio.
Se c'è qualcosa da fare è usare il cervello....
In qualunque team, nel corso di un campionato, anche senza contratti di seconda guida, prima o poi arriva il momento della scelta del cavallo su cui puntare e dove uno dei piloti non deve danneggiare l'altro ma semmai supportarlo.
