Il Pdl fa credere di essere molto arrabbiato con Passera per via della famosa asta. Ma è un bluff, perché a Mediaset le nuove regole vanno benissimo e anzi ne esce avvantaggiata: come sempre
C'è qualche miliardo di euro sepolto nello spettro delle frequenze radio italiane. Tutto sta a trovarlo questo tesoro. Servirebbe una mappa dettagliata. Così si scoprirebbero sprechi e inefficienze e si potrebbero mettere all'asta le frequenze che adesso sono male o poco sfruttate. Ma l'Italia questa mappa non l'ha mai fatta, come denunciano i massimi esperti del settore e anche dall'Autorità garante delle comunicazioni (Agcom).
Lo spettro italiano è sempre stato una terra di frontiera: il soggetto più forte di volta in volta si accaparrava le frequenze migliori. A danno però della collettività: delle casse dello Stato e degli utenti. E' in questa cornice di lobby e carenze che va inquadrata la vicenda degli ultimi giorni. Un emendamento al decreto fiscale ha introdotto una novità che ai tempi del governo Berlusconi sarebbe apparsa un'eresia: un'asta per assegnare, a pagamento, nuove frequenze del digitale terrestre (a 700 MHz, con un bando fra quattro mesi). Il precedente governo aveva invece già fissato un concorso ("beauty contest") per darle gratis alle emittenti. Per una volta i signori della tv perdono e vince l'interesse dello Stato? Così parrebbe se ci si fermasse alla superficie. Se si scava più a fondo viene invece il sospetto che le lamentele di Mediaset siano strumentali, perché anche stavolta la società presieduta da Fedele Confalonieri ne esce bene: potrà infatti disporre gratis di una frequenza in più per la tv digitale terrestre.
Indirettamente lo ammette anche Paolo Romani (Pdl), ex ministro allo Sviluppo economico, quando tuona contro il suo successore Corrado Passera: "Così com'è congegnato, l'emendamento impedirà a Rai e a Mediaset di partecipare all'asta". Di vero c'è che le due emittenti hanno già quattro multiplex (frequenze) per il digitale terrestre e la Ue impone di averne al massimo cinque. Di vero c'è anche che Rai e Mediaset già detengono un'ulteriore frequenza, che finora però potevano usare per servizi diversi dalla normale tv. La novità viene dal nuovo Codice delle comunicazioni, approvato ad aprile: le due emittenti possono chiedere al ministero di usare quelle frequenze anche per la tv digitale terrestre. Ma non è vero che non possono partecipare all'asta: basta che non chiedano quell'autorizzazione e non arriveranno al tetto dei cinque multiplex prima dell'asta. E' evidente peraltro che Mediaset non ha interesse a partecipare: le conviene convertire gratis quella frequenza piuttosto che pagarne una all'asta. Per la Rai è diverso: la sua "quinta" frequenza è meno adatta a una copertura televisiva nazionale, mentre quella di Mediaset (guarda caso) è perfetta, come segnalato da Antonio Sassano, docente alla Sapienza e tra i massimi esperti di questi temi.
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E la Rai i propri problemi li conosce bene: "Le nostre frequenze hanno bisogno di essere protette dalle interferenze. Il ministero ci ha promesso una soluzione", spiegano dall'emittente pubblica: "Confidiamo nella nuova delibera Agcom che ripianificherà le frequenze per le tivù locali".
Ma non è solo questo il problema: "C'è anche il canale 11 del quinto multiplex: non garantisce la copertura di almeno l'80 per cento dell'Italia. Ci hanno dato poi alcuni canali non coordinati internazionalmente: se non si rimedia, in futuro c'è il rischio di interferenze a causa dei segnali provenienti dai Paesi vicini".
Insomma è un bel lavoro quello che aspetta gli uomini di Passera e i futuri membri dell'Agcom (quelli attuali scadono a maggio). Sul tavolo c'è anche la questione di Telecom Italia Media, che lamenta di avere ricevuto un multiplex in meno nella transizione al digitale terrestre e ha fatto ricorso al Tar del Lazio.
Poi ci sono gli sprechi. In Italia c'è un patrimonio di frequenze (intorno ai 400 MHz) adatte per la trasmissione di Internet su banda larga mobile. Adesso sono affidate alla Difesa, che però le usa poco e male (per i servizi di pubblica sicurezza), come denunciato al recente forum frequenze del Corriere delle Comunicazioni da Sassano e da Antonio Frullone della Fondazione Ugo Bordoni, braccio tecnico del ministero allo Sviluppo Economico. Poiché chi dovrebbe farlo presidia poco questo spazio, "addirittura è nato un commercio fiorente di telefoni cordless che permettono di comunicare su queste frequenze, illegalmente", ha detto Sassano. Secondo il quale lo Stato potrebbe guadagnare un miliardo di euro mettendole all'asta agli operatori mobili tra qualche anno. Gli esperti sostengono che anche nella banda tra i 3 e i 10 GHz ci sono risorse sprecate (al momento destinate, con scarsa efficienza, ai ponti radio dei servizi di operatori e ministeri).
Anche queste risorse prima o poi serviranno per i servizi innovativi della banda larga mobile di nuova generazione (tecnologia Lte, evoluzione dell'Umts/Hspa), che in Italia debutterà a fine 2012. L'Ue del resto chiede ai Paesi membri di liberare un GHz di frequenze (moltissimo) entro il 2015, per la banda larga. La giudica infatti un traino straordinario per la crescita economica. Uno degli aspetti innovativi del nuovo emendamento è che già prevede questo sviluppo: stabilisce che alcune delle nuove frequenze andranno alle tivù solo per pochi anni, così poi potranno essere aggiudicate agli operatori telefonici con una futura asta.
Ma non è detto che ci si riesca. Prima è necessario che gli operatori mobili ottengano la disponibilità delle frequenze che si sono aggiudicati a fine 2011 con l'asta da 4,2 miliardi di euro (per l'Lte). Tra queste, sono ancora occupate i 2.6 GHz (dalla Difesa) e, soprattutto, gli 800 MHz (dalle tivù locali). Romani aveva imposto di liberarle entro fine 2012 ma le locali chiedono tempo (oltre ai 174 milionidi indennizzo che lo Stato ha già promesso loro). Il precedente governo ha ignorato la proposta di Gentiloni e Sassano di usare il beauty contest per restituire alcune frequenze alle locali invece che per fare regali al duopolio. Così le locali avrebbero rinunciato alla guerra e la nuova banda larga sarebbe partita senza intoppi.
La futura asta 700 MHz potrebbe comunque sanare qualche pasticcio fatto in passato. Ma certo non basta. "E' una svolta nella giusta direzione, ma bisogna continuare risolvendo il problema alla radice", dice Nicola D'Angelo, consigliere Agcom. "Serve una "spectrum review", un ridisegno dello spettro italiano, che è sempre stato gestito male", aggiunge D'Angelo. Per mettere ordine e risolvere conflitti e abusi. Questa sì che, per l'Italia, sarebbe una prima volta.