Dopo le due ore di dibattito tra i «Fantastici cinque» candidati alle primarie di centrosinistra si può affermare con assoluta certezza che ha vinto Sky. In una sola serata, sono di colpo invecchiati, irrimediabilmente, i talk politici: «Porta a porta», giusto per indicare il più longevo, sembra archeologia televisiva, vuota verbigerazione, «teatrino della politica»; ma anche gli altri non sono da meno. Qualcuno si è lamentato ritenendo che questo dibattito si sarebbe dovuto svolgere in Rai. Perché mai? La Rai ha ancora i mezzi, i giornalisti, l'entusiasmo per mettere in scena un simile apparato? La ragione principale, dicono i nostalgici, è che la Rai è Servizio pubblico. Da tempo sosteniamo che in tutta Europa Servizio pubblico è chi lo fa e non chi lo è. La Rai dimostri di essere ancora Servizio pubblico è poi ne riparliamo.
Dal punto di vista puramente televisivo, l'aspetto più interessante dello scontro fra i cinque è stato l'uso di un format, inserito nella splendida scenografia di «X Factor». Magari un po' rigido (ma cinque contendenti sono tanti), magari un po' da oliare, ma finalmente si è capito che la parola «format» non è una bestemmia. Il format permette l'attuazione di alcune regole fondamentali: di linguaggio e di comportamento. Per la prima volta abbiamo visto politici che non urlavano, che non si davano sulla voce, che non raccontavano balle (la paura di essere sbugiardati con il fact checking, la verifica delle notizie, quello che i giornalisti dovrebbero normalmente fare, li ha mantenuti nell'area del peccato veniale). Abbiamo visto un conduttore, Gianluca Semprini, guidare finalmente un dibattito senza remore, attento a far rispettare le regole condivise e controllare la pertinenza delle risposte. Per Sky lo show dei «Fantastic Five» è stata una vittoria (lo si è capito bene il giorno dopo, da come rosicavano la concorrenza e le mogli degli esclusi).
Aldo Grasso