Stupenda, interessantissima e purtoppo ultima puntata della stagione per LA TORRE DI BABELE, programma che dovrebbe tornare anche per la prossima.
Il dubbio è che questi programmi vengano visti da chi sa già conosce i vari temi trattati , quelli che non le sanno, continuano a non a guardarli (ritenendo magari più affidabili certi articoli da social).
Per quanto riguarda la programmazione,forse qualcuno preferiva le precedenti gestioni Telecom/Cecchi Gori? Io rimpiango solo quella brasialiana quando si chiamava ancora TMC e trasmetteva tanto sport.
Non decanta mai e perde peso il vecchio detto secondo cui "le cose belle finiscono sempre troppo presto": è il caso de "La torre di Babele",nato in sordina, trattato inizialmente da certuni come il goffo tentativo di stiracchiare una stimata carriera al pari di tal altri adoratori dei virtuosismi dei traini,dello share,del pubblico di riferimento,del brand e via dicendo come un velleitario modo di fare tv d'antan per un'epoca in cui vige trionfante il nuovo per il nuovo e il pensare la tv - oggi definita lineare - espressione del "vecchio" laddove solo quella rinchiusa nei vieti acronimi del tipo OTT avrebbe pieno statuto e validità per fruitori "ggiovani" e non più adusi alla cosiddetta tv tradizionale.
Sbaglieremmo se valutassimo e ragionassimo solo in termini di meri ascolti e di confronti con la concorrenza, incapsulando i singoli programmi solo nel recinto molto costrittivo dei "target" : qualcuno un tempo al sentire questi come altri termini vasocostrittivi del genere "trend negativo" e, mutatis mutandis, oggigiorno "followers" e "influencer" avrebbe provato e oggi proverebbe conati di vomito e si adonterebbe facilmente.
Si potrebbero infatti sciorinare a iosa casi di programmi (di vario genere) durati se non lo spazio di un battito d'ali di farfalla, quasi quanto: programmi depennati per millemila ragioni, spesso e volentieri non direttamente riconducibili alla loro qualità,vieppiù inversamente proporzionali alla pregevolezza della fattura.
Nel caso in specie,il programma di Corrado Augias ha ottenuto - anche a detta del conduttore - soddisfacenti riscontri di pubblico: soggiacendo alla logica del cosiddetto "share" non si può che esserne lieti e parimenti offuscati da un velo di tristezza, considerando che quella di lunedì è stata l'ultima puntata di una serie venata dall'amabile follia nel volere a tutti i costi credere che sia ancora possibile, in una civiltà di nativi digitali (molti dei quali ammaliati quand'anche non ottenebrati dagli infestanti "social") produrre trasmissioni basate su illuminate conversazioni a due improntate su temi di vasta portata, con un linguaggio costellato di citazioni, coltissimo e attraversato, per non dire solcato da venature ironiche e autoironiche; una delle quali si è rinvenuta proprio nel discorso di commiato di Augias, nell'umanissima consapevolezza di non poter fare calcoli e affidamenti temporali più del necessario.
E' stata una lucida e ben riuscita sana follia quella del direttore di rete Andrea Salerno a credere e puntare ad un siffatto programma collocandolo in prima serata, contraddicendo quanti gli davano del pazzo per questa scelta; altrettanto se non maggiormente apprezzabile l'idea di Augias di invitare personaggi di assoluto spessore come Alessandro Barbero,Antonio Scurati, Ascanio Celestini,Umberto Galimberti: e reinvitarne alcuni come Ezio Mauro e Luciano Canfora,facendo non bene ma benissimo; peraltro le citazioni e l'eloquio di Canfora (si potrebbe dire lo stesso di Galimberti) sono un piacere nel piacere.
E poco importa se a vedere "La torre di Babele" sia stato preferibilmente un pubblico di già avvertiti e già consapevoli: solo chi si fa sottomettere alle logiche funzionali (tempi,modalità,linguaggi) dei social, o perchè ritiene che siano imprescindibili o perchè convintamente li abbraccia o perchè spera in qualche captatio benevolentiae, vuol dire che ha già perso.
Meglio aver tracciato la propria strada e seguirla,senza rincorrere mete impossibili ma perseguendo una linea magari retrò, con il gusto di non avviticchiarsi e facendo entrare nell'alveo e nel solco degli "Apostrophes" di una volta,idee e cultura senza abbandonarsi alla grancassa: cercando - secondo le felici parole di Augias - di trovare quelle "fiammelle che possano rischiarare" gli angoli nascosti della storia,che sia minuscola o maiuscola.
200 di questi anni, Corrado Augias: Ad Maiora!