Va anzitutto detto che la legge Maccanico del ‘97, che aveva stabilito che nessun singolo soggetto privato poteva detenere più del 20% delle concessioni nazionali quale operatore televisivo (perciò non più di 2 reti a soggetto privato), aveva concesso una proroga per le reti non assegnatarie di concessione, in relazione ad un “congruo sviluppo” della diffusione satellitare e comunque fino a quando l’AGCom non avesse predisposto il “Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze”, attraverso il quale si sarebbe dovuto mirare a distribuire razionalmente le frequenze a livello nazionale; questo discorso in particolare riguardava Rete4 (per il limite del 20% ovvero non più di 2 reti di cui sopra) e Tele+Nero, alle quali non era stata riconosciuta una concessione per trasmettere in analogico terrestre.
Quindi Europa7, anzitutto ha ottenuto una concessione per trasmettere in analogico terrestre quale operatore nazionale e comunque non perché migliore di Rete4 a livello di programmazione (come talvolta è stato detto, perché qui non c’entra la qualità della programmazione), ma perché un unico soggetto, nello specifico Mediaset, non poteva essere titolare di 3 concessioni nazionali.
Però E7 che non deteneva frequenze a livello nazionale (al contrario di altri soggetti che già trasmettevano), non avendo avuto una regolare concessione di tali frequenze, non poteva accendere impianti a suo piacimento sui canali che le parevano, pena operare al di fuori della legge.
Non si può neanche affermare che E7 si poteva acquistare le frequenze o poteva operare come circuito nazionale di più emittenti locali perché E7 aveva avuto una concessione quale operatore tv nazionale e lo Stato, detentore delle frequenze e concessionario delle medesime, doveva procedere a fare l’assegnazione, reperendo le frequenze in particolare grazie allo spazio che avrebbe dovuto essere stato lasciato libero da Rete4 e Tele+Nero. Ma l’AGCom ha fatto melina per circa 3 anni, e poi è successo tutto quello che sappiamo: era l’AGCom che doveva darsi una mossa subito già nel 1999/2000.
Poi, bisogna tener conto che nel 2001, Berlusconi era arrivato al Governo del Paese e si trovava a dover risolvere la faccenda in sospeso dovuta al fatto che la Corte Costituzionale aveva fissato il limite improrogabile del 31/12/2003 per il passaggio esclusivo di Rete4 e Tele+Nero a modalità di trasmissione alternative all’analogico terrestre.
E così nel 2003, il ministro delle comunicazioni Gasparri presenta un disegno di legge per il riordino del sistema televisivo e l'introduzione della trasmissione in tecnica digitale terrestre in sostituzione della modalità analogica. La legge fu approvata dal Parlamento, ma il Presidente della Repubblica Ciampi la rinvia alle Camere, contestando le problematiche concernenti la pluralità dell'informazione, e ribadendo il concetto di stabilire un termine certo per il regime transitorio introdotto proprio dalla sentenza della Corte Costituzionale, che con la legge Gasparri sarebbe stato spostato di un anno e senza indicazioni certe su come operare nel caso per quella data non si fosse raggiunta la pluralità indicata dalla Corte.
Così, per evitare uno stallo legislativo e per poter garantire a Rete4 di continuare a trasmettere via etere, il governo Berlusconi vara un decreto legge (n. 352/03), trasformato in legge nel febbraio 2004. Il decreto prevede che le "reti eccedenti", quindi anche Rete4 e Tele+Nero, possano proseguire le trasmissioni sulle frequenze da loro impiegate, sia nell'analogico sia eventualmente in digitale, fino al termine di una verifica sullo sviluppo delle reti in DTT.
Poi, la legge Gasparri viene approvata definitivamente nell'aprile 2004, in concreto legittimando le situazioni in essere, e prevedendo (art.23) che la licenza d’operatore di rete televisiva è rilasciata, su domanda, ai soggetti che esercitano legittimamente l’attività di diffusione televisiva, in virtù di titolo concessorio od anche essendo in possesso (ed avendo avuto il riconoscimento) della sussistenza dei requisiti previsti per ottenerel’autorizzazione per la sperimentazione delle trasmissioni in digitale terrestre.
Quanto ai limiti al cumulo di programmi/canali televisivi che un singolo soggetto di mercato può detenere si stabilisce (art.15) che uno stesso fornitore di contenuti (anche attraverso società qualificabili come controllate o collegate), non può essere titolare d’autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20 per cento del totale dei programmi televisivi irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale mediante le reti previste dal medesimo piano.
Per la fase transitoria (art.25, c.8), fino alla completa attuazione del piano di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale, il limite al numero complessivo di programmi per ogni soggetto è del 20 per cento ed è calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati, in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale: il che significa che un singolo soggetto, ad es. qualora i programmi televisivi irradiati in DTT a livello nazionale sono 50, ne potrà trasmettere fino a 10; perciò non solo è salva Rete4, ma Mediaset (com’è accaduto) potrà aumentare il numero di canali trasmessi di sua proprietà.
A completamento del discorso l’art.25, c. 11 stabilisce che il periodo di validità delle concessioni e delle autorizzazioni per le trasmissioni in tecnica analogica in ambito nazionale, che siano consentite ai sensi del comma 8 suddetto è prolungato, su domanda dei soggetti interessati, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale.
Inoltre, è previsto che, allo scopo di agevolare la conversione del sistema dalla tecnica analogica alla tecnica digitale, la diffusione dei programmi televisivi prosegue con l’esercizio degli impianti legittimamente in funzione alla data d’entrata in vigore della presente legge, compresi anche quelli in proroga temporanea, nell’attesa della completa riallocazione delle frequenze in base ai piani di razionalizzazione delle stesse miranti al passaggio definitivo alla trasmissione esclusiva in DTT.
__________________________________________
I giudici del Consiglio di Stato a gennaio hanno riconosciuto che le pretese d’Europa7 giuridicamente parlando sono fondate, ma hanno stabilito che Europa7 ha diritto ad ottenere dallo Stato un risarcimento pari a solo circa € 1.040.000 (contro una richiesta di almeno € 2.000.000.000) in quanto Europa7 "non poteva ignorare i caratteri specifici della situazione di fatto nella quale maturò il bando"; cioè il danno reale, rispetto alle concrete prospettive d’operatività negli anni trascorsi, è stato ritenuto economicamente limitato rispetto alle pretese, ma la questione è che E7 voleva l’assegnazione di frequenze per trasmettere.
La richiesta del risarcimento è derivata solo dall’inadempienza dall’AGCom che non aveva fatto il piano fino al 2002, e poi dal 2003 dal sopravvenire di provvedimenti dell’ex governo Berlusconi che ha procrastinato una situazione mai risolta e che doveva essere solo temporanea; ma il discorso delle richieste di risarcimento è secondario rispetto al nocciolo delle questioni e nessuno potrebbe pensare seriamente che un imprenditore televisivo si metta a fare tutta questa grancassa giusto per avere dei risarcimenti e senza la benché minima reale intenzione di fare televisione, nonostante gli investimenti fatti in tal senso e a cui era obbligato per legge, in virtù dell’ottenimento di una concessione che lo obbligava a trasmettere una volta ottenute le frequenze.