edinson ha scritto:
@erconte e MIAMiMIAMI
Ancora più confuso. Devo dire che la spiegazione di erconte non fa una grinza; sono anche curioso della "soluzione" di MIAMIMIAMI.
Devo dire però che migliore risposta potrebbe aversi interpellando l'AGCOM, sempre che rispondano.
Mi spiace l'orario ma sono appena rientrato da una definibile "chiacchierata contrastante". Questa citazione dovrebbe essere sufficiente.
(Cit.) "... 3. Recesso successivo all’adempimento
La nozione fornita dai primi due commi dell’art. 1373 c.c. viene però indebolita da eccezioni contenute anzitutto nello stesso codice.
Per quanto concerne i contratti non di durata, nell’appalto il committente può recedere pur se sia iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno (art. 1671 c.c.) 12.
Vi sono poi i casi di recesso del compratore dal contratto di vendita, a misura o a corpo, per sproporzione del prezzo, ai sensi degli artt. 1537, c. 2°, e 1538, c. 2°, c.c. 13. Qui il compratore recede da un contratto che ha già prodotto i suoi effetti reali.
Il c. 4° dell’art. 1373 permette in ogni caso alle parti di disciplinare il recesso in modo difforme dalle previsioni dei primi due commi.
La nozione di recesso perde così i caratteri sopra delineati e si estende ad ogni fattispecie in cui la manifestazione unilaterale di volontà esclude gli effetti del contratto, ancorché realizzati.
Una parte della dottrina ritiene che l’unilaterale volontà intesa alla caducazione degli effetti contrattuali già prodotti, invece che all’impedimento di effetti non ancora realizzati, debba essere ricondotta non alla nozione del recesso ma a quella della condizione risolutiva meramente potestativa, non vietata dall’art. 1355 c.c., che si riferisce soltanto alla condizione sospensiva 14.
Una condizione risolutiva meramente potestativa è vista, ad esempio, dalla maggioranza degli autori nel riscatto della cosa venduta (artt. 1500 ss. c.c.), grazie al quale viene cancellato l’effetto traslativo della vendita e il venditore riottiene così la proprietà della cosa venduta. Non manca però chi qualifica l’atto di esercizio del riscatto come un recesso dal contratto di vendita 15.
Le due nozioni, di recesso e di condizione risolutiva potestativa, non sono in realtà completamente sovrapponibili.
Nel recesso l’effetto caducatorio si verifica quando la manifestazione di volontà del recedente perviene all’indirizzo del destinatario (infra, § 11), mentre l’avveramento dell’evento dedotto in condizione, e dipendente da una mera volontà della parte di per sé non necessariamente intesa alla risoluzione del contratto, produce automaticamente l’effetto risolutivo, che perciò non deriva dall’esercizio di un diritto potestativo. Ciò spiega perché, verificatasi la condizione, un’espressa rinuncia della parte interessata può impedire lo scioglimento del contratto, che, per contro, con la dichiarazione di recesso si verifica immediatamente e senza possibilità di revoca (infra, § 4) 16.
In definitiva col recesso, e non con la condizione, la caducazione degli effetti contrattuali già realizzati costituisce effetto negoziale e non automatico 17.
Alla stregua di questa più estesa nozione di recesso, risolutivo e non solamente impeditivo, alla parte può essere sempre attribuito dal contratto il potere di porne nel nulla gli effetti, ancorché, secondo una recente dottrina 18, il recesso da un contratto già eseguito da un certo tempo, da stimare in considerazione della natura e dell’oggetto negoziale, sia da ritenere inefficace perché contrario alla clausola generale di buona fede.
Sempre accogliendo questa più estesa nozione, si ammetterà potersi esercitare il recesso non soltanto dai contratti ad effetti obbligatori ma anche in quelli ad effetti reali; questi si producono immediatamente in forza del principio consensuale canonizzato nell’art. 1376 c.c., risultando in tal modo ipotizzabile una fase esecutiva, e perciò una volontà della parte intesa a paralizzare l’efficacia del contratto, soltanto se questa sia sottoposta a condizione sospensiva o a termine 19.
In conclusione il recesso nella sua accezione estesa può essere ricondotto all’ampia categoria degli «atti che scrivono la parola fine su qualcosa di giuridicamente rilevante» 20.
È da aggiungere che non con tutti i tipi contrattuali è compatibile la nozione del recesso. Ad esempio la transazione può essere sottoposta a condizione sospensiva o risolutiva, ma non a recesso, che renderebbe incerta la volontà di prevenire la lite o porvi termine 21. ..." (M.B.)