Il problema principale dell'Italia sono gli alti interessi che lo stato deve pagare per finanziarsi. L'aspetto drammatico della situazione è la necessità di rinnovare di continuo i debiti passati (1900mld di €), oltre quelli nuovi che derivano dagli anticipi per le spese correnti e dal disavanzo. In presenza di spread come quelli che si pagano ormai da molti mesi, il pareggio di bilancio non serve a più di tanto, visto che il debito che pesa maggiormente non è il disavanzo di gestione ma la somma di quelli accumulati in passato ed ingigantitisi negli anni a causa degli interessi.
Ai mercati non interessa il debito di una stato, quanto la garanzia di solvibilità, per rientrare di capitali ed interessi investiti (o da investire). L'Italia ha un problema di non sviluppo, cioè non produce ricchezza con lo stesso ritmo degli altri paesi europei da troppo tempo. Il treno l'abbiamo perso nel 1995, ma abbiamo allegramente fatto finta che non fosse così fin quando la crisi del 2008 ha evidenziato tutti i nostri limiti e problemi, che non spariscono certamente negandoli, ma che peggiorano quando i mercati vedono che non si fa nulla per rimediarvi.
Se l'Italia non inizia a riprendere la corsa (all'economia), i mercati non si convinceranno ad investire su di noi per via solo delle parole rassicuranti di tizio o caio. Le tasse a pioggia sono servite a mettere in sicurezza i conti, ma il sacrificio sarà stato perfettamente inutile e tra pochi mesi saremo daccapo, senza provvedere a far cose utili per la crescita l'economia.
Purtroppo, euro ed Europa non hanno una politica economica unica, anche perchè ciò che servirebbe a chi è in difficoltà, sia come poltiche che come gestione della BCE, contrasta, almeno nel breve periodo, con le convenienze di chi per ora scoppia di salute e trova comodissimo pagare poco o niente per gli interessi sul proprio debito. Come se non bastasse, a Settembre ci siamo assunti un (folle) impegno di pareggio bilancio entro il 2013, cosa che nel contesto richiede ulteriori aumenti di tasse che rallentano la possibilità di agire per la crescita. Nel mentre, l'Europa sembra indirizzata all'armonizzazione fiscale, che è nuovamente una difesa ad oltranza del valore dell'euro e che si tradurrà in ulteriori impegni gravosi per gli Stati che hanno problemi, inguaiandoli ulteriormente.
Non pensare a come agevolare l'uscita dal tunnel dei paesi in difficoltà ma pensare al rigore dei loro conti, significa adottare una terpia tecnicamente giusta, non fosse che il paziente è già debole e rischia così di morire per la medicina... prima di essere guarito.
La delocalizzazione produttiva in aree extra cee, attuata negli ultimi 30 anni, senza alcuna vera difesa del "made in Italy" (con la scappatoia della "temporanea esportazione", in Italia se va bene s'inscatola) combinata con una dimensione microscopica della maggior parte delle imprese italiane, porta ad una totale inadeguatezza alla globalizzazione e non può richiamare qui investitori con nuovi capitali. Anche aver affossato le spese per ricerca ed innovazione è stata una follia, perchè è proprio l'innovazione che poteva fare la differenza, specialmente quando è stato evidente che la produzione di massa è cosa che non attiene più all'occidente... e noi siamo un paese manifatturiero scarso di materie prime.
Negli USA, dopo aver lasciato fallire Lehmann Brother si sono accorti di aver innescato un disastro. Hanno allora preferito aggravare il disavanzo stampando 2000 mld di dollari per darli alle banche, mentre in Europa, anziche "rilanciare la mossa", ci si è arroccati a difendere l'euro, col bel risultato che in USA la borsa è tornata ai livelli pre crisi, mentre in Europa siamo sotto del 50%. Inoltre, alcuni Stati del vecchio continente (tra cui noi) sono obiettivamente così deboli ed attaccabili che la speculazione ci sguazza. Il bel risultato è che ora la crisi USA la stanno postando da noi (Europa), che non l'avevamo prodotta ma di cui pagheremo anche la loro parte.
Personalmente non vedo nè scappatoie nè ragioni di ottimismo, men che meno che l'Italia possa farcela da sola, dove le "liberalizzazioni" che partono dal basso, pur giuste, sono un qualcosa che può influire in modo così modesto sulla situazione da risultare perfino trascurabile. Senza una presa di coscienza complessiva che l'Europa e l'euro possono fallire non ne usciremo. La liquidità sul mercato, indispensabile per "sciogliere una situazione cristallizzata" non tornerà certo attraverso il rigore o le banche europee che depositano alla BCE, piuttosto che fra loro, facendo circolare. Se non torna la liquidità e continuano le politiche di rigore imposte, associate al doversi arrangiare da soli, dal singolo stato al singolo individuo, non so come andrà a finire, ma certo non bene.
Detto questo, credo proprio che sia troppo tardi per le proteste, anche giuste, nel senso che ora, la piazza non possa più produrre nulla di positivo ma solo apportare ulteriori problemi all'immagine dell'Italia. Come si suol dire "non c'è più trippa..." e bisogna fare anche un esamino di coscienza, ripensando a quando non si voleva dar retta a chi metteva in guardia circa le favole e favolette che si raccontavano nel presunto paese di bengodi, o quando, anche a fronte delle difficoltà reali si continuava a dar fiducia a chi non la meritava, perchè in fondo, ogni popolo ha sempre il governo che si merita e di ciò, prima o poi, sconta le conseguenze.