Copio e incollo la spiegazione di Ambesi:
La sezione del tribunale di arbitrato sportivo (TAS) creata ad hoc per esaminare il caso ha rigettato il ricorso di CIO, WADA e ISU contro la mancata sospensione dell’atleta da parte dell’agenzia antidoping russa (RUSADA) o, come sarebbe meglio dire, contro la rimozione della sospensione da parte dell’agenzia antidoping russa.
La pronuncia del CAS è stata motivata dal fatto che:
A) La pattinatrice, in quanto ancora quindicenne, fa parte di una categoria protetta ai sensi del codice antidoping vigente.
B ) Il regolamento antidoping di RUSADA e WADA non prevede regole relative alla sospensione cautelare di persone protette.
C) In base ai principi sovrani di equità e proporzionalità, la sospensione avrebbe creato un danno irreparabile all’atleta, che, peraltro, non è risultata positiva nel corso dei Giochi Olimpici di Pechino.
D) La notifica tardiva del controllo antidoping effettuato in data 25 dicembre non rappresenta una colpa dell’atleta e ha pregiudicato la sua possibilità di elaborare una strategia difensiva.
Kamila VALIEVA sarebbe risultata positiva a un controllo antidoping effettuato il 25 dicembre ed esaminato da un laboratorio svedese. La sostanza incriminata sarebbe la trimetazidina, che, da regolamento, non può essere assunta all'interno e fuori dalla competizioni.
Il comitato olimpico russo è stato informato riguardo la positività dell'atleta in data 8 febbraio, ma non è chiaro come alcuni media anglofoni abbiano potuto divulgare la notizia in anticipo