La premier e i soldi delle tv
Roba di ieri, la pubblicazione da parte della Premier League delle cifre relative alla distribuzione dei proventi dalla vendita dei diritti Tv. Roba ufficiale dunque estremamente noiosa, ma che vale la pena di riportare, copiando pari pari, con qualche considerazione finale. La squadra che ha ricevuto di più è il Manchester United, con 60.429.052 sterline. Dietro, il Chelsea (57.740.444), l’Arsenal (56.226.932), il Manchester City (55.534.799). Ultime: West Ham United (40.255.132), Birmingham City (39.836.792), Blackpool (39.080.036). Secondo quanto dichiarato dalla Premier League, il rapporto tra la prima e l’ultima, che è di 1,54 a 1, è il più positivo – cioé il più ridotto – tra quelli dei grandi campionati europei, se riferito ai dati più recenti per la Liga (12,5 a 1), Serie A (10 a 1), Ligue francese (3,5 a 1) e Bundesliga (2 a 1). La ripartizione delle somme erogate dalla Lega è la seguente: il 50% dei diritti televisivi viene distribuito in maniera eguale tra i 20 club, il 25% in base alla posizione finale in classifica (ogni posto vale 756.756 sterline: il West Ham ultimo ha avuto quella somma, il Manchester United primo ha avuto 20 volte tanto, 15.135.120) e l’ultimo 25% in base al numero di presenze in partite televisive. Per lo United, dunque, la distribuzione è questa: 13.819.031 di quota diritti tv identica a tutte le altre squadre, i 15.135.120 per il primo posto e 13.548.306 di “facility fees”, cioé 582.000 sterline per ogni passagio tv in diretta (26, il conto torna). Il totale dà 42.502.457 sterline: per arrivare alle 60.429.052 complessive bisogna aggiungere i 17.926.595 derivanti dalla distribuzione in parti uguali delle somme ottenute con la vendita dei diritti all’estero. In teoria, dunque, chi disputa un campionato di Premier League incassa come minimo 32.501.626 sterline (quota diritti nazionali più quota diritti internazionali più “premio” per l’ultimo posto) anche se per assurdo non andasse mai una volta in diretta tv. In aggiunta a questi numeri, proseguono i pagamenti triennali alle squadre retrocesse negli anni precedenti, chiamiamoli “di solidarietà”: nel 2010-11 15.031.094 a Hull City, Burnley, Portsmouth e Middlesbrough, ovvero 7.600.476 come quota uguale dei diritti nazionali e 7.430.627 di quelli internazionali. Cosa c’entrano però tre retrocesse nel 2009-10 con una (il Boro) che era scesa l’anno prima? Nulla: i 7.600.476 del Boro rappresentano il frutto del secondo anno di pagamenti secondo l’accordo iniziale che prevedeva un totale di 16 milioni in due anni, mentre Hull City, Burnley e Portsmouth ricevono cifra uguale ma come parte del nuovo regime quadriennale da 48 milioni. Cosa può insegnare questa struttura alla Lega di Serie A? Nulla, a dire il vero: perché per insegnare bisogna che ci sia qualcuno che vuole imparare, e perché, nonostante tutto, il divario nel rapporto di incassi tra prima e ultima, decisamente più alto da noi che non nella Premier League, non è stato accompagnato da un analoga separazione di valori sul campo. Il Genoa, decimo in Serie A, non ha più possibilità di vincere il campionato italiano di quante non ne abbia il Sunderland, decimo in Premier League, di vincere quello inglese, ma non ne ha certamente di meno; e anzi il Genoa certamente ha più possibilità in una partita singola di mettere in difficoltà il Milan che non il Sunderland di battere il Manchester United. E allora il divario nella distribuzione di denari resta più una questione di differenze di etica e di buon senso che non di separazione competitiva, almeno in campo nazionale.
Roberto Gotta
Fonte: Mister football del GS
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