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“Aveva il collo storto”…..L’intervista inizia proprio mentre Michele Misseri mette piede in casa, c’è fretta ma deve essere il più possibile dettagliata perché possa essere utilizzata quasi come verbale, in caso di necessità.Parla Misseri, parla tutto d’un fiato, è come i bambini che recitano le poesie che guai ad interromperli!Racconta di nuovo come ha ucciso Sarah.Una grossa corda, nuova di zecca, su una sedia. Michele si stende sul pavimento e mima l’imbracatura fatta per calarla nel pozzo. Parla Misseri, sfoglia il suo memoriale scritto e riscritto sui quaderni, mentre il Maresciallo del paese consegna plichi e scartoffie alla figlia Valentina. Valentina una figlia compita, disposta ad accudire il padre-strangolatore. “Adesso per un po’ me lo godo mio padre” e intanto ha fatto allestire il set con cavi, fari al quarzo e monitor prima che il padre venisse catapultato, con il suo fagotto di plastica, dalla cella in casa. Così ha avuto inizio l’intervista esclusiva mandata in onda giovedì 31 maggio su Canale 5 a Matrix. Le due giornaliste, Ilario Cavo e Maria Corbi, presenti casualmente, come la corda, nella casa di Via Deledda, come due faine imbeccano Misseri se dimentica qualche pezzo del “suo” mosaico, “il sogno, il sogno” la voce della Corbi “Ah si, il sogno: allora ho sognato Sarah che mi ha detto perché hai accusato ingiustamente Sabrina?”. Questa volta ce la mette tutta, più di così non può, Misseri è un contenitore omnicomprensivo, il suo racconto è compulsivo, ha l’ansia di un cane senza collare che ha perso il padrone. Misseri riprende forma, è tornato ad essere l’orco. L’orco parla e straparla e sovrappone il racconto di come le ha premuto sugli occhi con la descrizione puntigliosa di come si pota una vigna e poi riprende a mimare l’imbracatura, perché quella cosa la sa, quella si, la sa bene e la vorrebbe ripetere, poi esagera, “era facile sollevarla da terra” come uno sgabello.In studio le due inviate di guerra tornate dal fronte sono orgogliose del loro lavoro.Sembrava perso l’orco Misseri ed invece è bastato poco per ritrovarlo.Anche loro più di così non potevano. La sigla di chiusura, i titoli di coda. Scene che hanno toccato lo stomaco, l’informazione piegata alla contraffazione e quella corda, acquistata nel pomeriggio, su quella sedia come gli abiti di scena nei camerini degli attori.Un pubblico umiliato, offeso nell’intelligenza e quella frase offerta come garanzia della verità “Aveva il collo storto”.Abbiamo provato vergogna, noi, abbiamo provato vergogna