Parte dalla Danimarca la crociata anti-cash: ora il denaro è virtuale
La rivoluzione dei pagamenti, Copenaghen ha deciso: dal 2016 si useranno solo le carte digitali e il telefonino. In Canada la Banca centrale non stampa più banconote. L'Italia, però, resta indietro.
La legge di Moore non è mai stata approvata in Parlamento, neanche con la fiducia, ma è pienamente in vigore e i suoi effetti sono ovunque: prevede che la potenza dei microprocessori raddoppi ogni diciotto mesi. La progressione della tecnologia accelera a una rapidità esponenziale, penetra nelle nostre vite, cancella abitudini e interi settori industriali, ma ne crea di nuovi capaci di una crescita esplosiva.
È successo anni fa alla musica, che si è progressivamente smaterializzata fino a entrare nei cellulari, ma ora sta per succedere al denaro. In questi giorni il governo danese ha proposto una misura che forse in futuro verrà ricordata come il punto di non ritorno: nel 2016, commercianti e imprese avranno diritto per legge di rifiutare pagamenti in monete e banconote di carta o in metallo. Ad eccezione di medici, dentisti, negozi di alimentari e pochi altri servizi essenziali, sarà obbligatorio saldare con un mezzo elettronico se richiesto da chi incassa. Banche e imprese potranno risparmiare i rischi e le spese, molto ingenti, che ora sostengono per gestire e trasportare il denaro fisico.
Non è del tutto una novità, ovviamente. Già oggi in Svezia gli autobus non accettano pagamenti in contanti e la diffusione di carte digitali di ogni tipo, con il rarefarsi della moneta fisica in circolazione, fa sì che le rapine di banca siano crollate da 110 nel 2008 a 16 nel 2011. In Canada la banca centrale ha smesso un anno e mezzo fa di stampare banconote, anche per incoraggiare i pagamenti con carta. In Kenya un terzo della popolazione è abbonato a M-Pesa, il sistema di bonifici via telefono con cui si versano salari o bollette, da poco esportato anche in Romania. E persino in Somaliland, tra Etiopia, Somalia e Eritrea, nel 2012 il numero di pagamenti via telefonino è stato pari a quello di pagamenti per carta di credito in Italia nel 2013: in entrambi i casi, 34 per abitante.
Ma c’è sempre un momento in cui tutto accelera e la qualità tecnologica cambia. Nella musica la Sony incastonò i compact disk in piccoli lettori con cui si poteva correre nel parco, ma pochi anni dopo la Apple di Steve Jobs distrusse quel modello con l’iPod: il contenuto non solo diventava più piccolo, ma si smaterializzava e portava con sé nuovi modi di ascoltare, produrre e vendere una canzone.
Con il denaro sta succedendo lo stesso, e la sola certezza è che abbiamo visto solo l’inizio. In Italia, per la verità, giusto quello. Con la Grecia, questo resta il Paese nel quale le transazioni elettroniche rappresentano la quota più bassa in Europa: appena il 13% del totale, contro una media del 40%. Nel frattempo però c’è un italiano che sta già guidando quella che ha tutta l’aria di essere la prossima rivoluzione tecnologica nel denaro immateriale, così come l’innovazione dei lettori digitali in Mp3 presero il posto di quelli di compact disk.
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http://www.repubblica.it/economia/2...anti-cash_ora_il_denaro_e_virtuale-114486514/
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Aggiungo (tanto per rendere compatibile l'articolo citato con il tema di questa discussione) che, per realizzare tutto questo, servirebbero delle certezze più solide (almeno in Italia) per quanto riguarda il mondo del lavoro.
Qui non tocca né alle banche né ai cittadini.
Le certezze sul lavoro le può dare solo la politica.
L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sulla pensione.
Nel senso che il lavoro è un diritto (perché il diritto all'esistenza è fondamentale ed inalienabile). La pensione arriva in base al percorso lavorativo che uno ha fatto.
Se uno non ha fatto un percorso lavorativo che gli permetta di avere "diritto alla pensione" o ad altri servizi, allora lo Stato (e solo lo Stato) ha violato i diritti di quella persona.
Nessuno ha chiesto di nascere; di conseguenza lo Stato deve garantire assistenza e supporto dal primo all'ultimo istante di vita ad ogni suo cittadino.
Questa sarebbe una vera società di diritti.
Se fosse possibile avere un percorso lavorativo senza (o con pochissime) interruzioni, lineare e soprattutto compatibile con il percorso formativo della persona, "diritti" come la pensione o l'accesso ai servizi bancari o della sanità arriverebbero di conseguenza.
Io introdurrei due nuovi "reati":
- la sotto-occupazione (una sorta di moderna "schiavitù");
- la mala-occupazione (mansioni non pienamente compatibili con il percorso formativo, anche se il settore fosse quello corretto).
Risolvibili con tre codici alfanumerici (simili al codice fiscale) che dovrebbero identificare in modo univoco:
- il percorso formativo della persona;
- la categoria del lavoro;
- il lavoro specifico.
Il lavoratore potrebbe decidere in qualunque momento di rinunciare alla piena compatibilità di questi tre codici e quindi di dedicarsi ad un lavoro che magari non sia consono al proprio percorso formativo o alle proprie aspirazioni.
Ma, allo stesso modo, in qualunque momento potrebbe decidere di far valere le proprie ragioni e chiedere di ripristinare la situazione di piena compatibilità dei tre codici (magari cambiando azienda).
Inoltre, si potrebbe pensare all'introduzione di questo piccolo stratagemma:
prima di essere licenziato o di dimettersi, il lavoratore deve avere già la garanzia di un contratto con un'altra azienda.
Con questa piccola (ma efficace) soluzione si eviterebbero tante situazioni drammatiche o periodi di disoccupazione eccessivamente prolungati a cui il lavoratore magari non pensava di andare incontro.
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Chiaro che la moneta elettronica non è la soluzione di tutti i mali.
Al momento il concetto di "uguaglianza" non è completamente attuato nella nostra società.
Anzi, direi che "al momento non siamo uguali proprio per niente", soprattutto a livello di diritti e opportunità.
Dovremmo esserlo, ma non lo siamo.
Non basta una tessera o un bancomat.
Dietro ci vuole tutto un discorso di formazione culturale ed etica.
Bisogna prima insegnarlo il concetto di uguaglianza, in modo che possa essere appreso, assimilato e vissuto concretamente dalle persone.
Ma soprattutto ci vuole la consapevolezza che potrebbero essere necessari anni (se non decenni) per realizzare una società simile.
E bisognerebbe essere tutti dalla stessa parte.
Insomma, siamo ancora all'inizio.
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