Switch off e Tivù Sat: quando conviene avere cittadini poco o male informati
La vergongnosa scienza della disinformazione
Il solito pasticcio all’italiana: tra due mesi parte (o meglio dovrebbe partire) la nuova piattaforma satellitare gratuita Tivù Sat fondata da RAI, Mediaset e La 7; ma, almeno per ora, nessuno ne sa nulla, o quasi. Ufficialmente la nuova piattaforma Tivù Sat avrà la funzione di dare copertura televisiva via satellite a quel 4% d’Italia che non riceverà il segnale digitale terrestre; ufficialmente veicolerà solo i canali gratuiti; ufficialmente non farà alcuna concorrenza a SKY; ufficialmente i ricevitori sat omologati avranno la logica mhp e il sistema di crypting applicato sarà il Nagra, guarda caso una situazione identica a quanto già accade per i canali pay su digitale terrestre.
Qui finiscono le notizie certe: nulla si sa sui criteri di distribuzione delle card (quasi sicuramente bisognerà essere in regola con il canone RAI), nulla si sa sui prezzi dei ricevitori. Ma bastano già per capire facilmente che la concorrenza a SKY verrà fatta, eccome. È evidente che oggi, per far entrare i decoder Tivù Sat nelle case, bisognerà “sdoganare” la piattaforma come se ci fossero solo valenze di utilità pubblica. Tra qualche mese si scoprirà, poi, che è possibile infilare nel ricevitore Tivù Sat anche le card di Mediaset Premium e vedere i programmi pay che ineluttabilmente arriveranno anche su questa piattaforma. Inutile, ovviamente, “confondere le acque” informando subito il mercato che l’intenzione finale è quella. Anzi, meglio ancora non comunicare troppo (di qui il silenzio che regna attorno a Tivù Sat), così non si rischia di essere al centro di eventuali polemiche dei soliti “oppositori a tutti i costi”.
La storia, anche recente, dovrebbe metterci sull’avviso: gli stessi attori solo pochi anni fa hanno formulato promesse assolutamente non mantenute, che però sono state determinanti per spingere gli italiani a dotarsi di ricevitore digitale terrestre. Mediaset, per esempio, nel 2004 aveva lanciato i propri servizi sul digitale terrestre addirittura con lo slogan “Nasce la TV del futuro: multicanale, gratuita, interattiva”; a poco più di quattro anni di distanza (siamo quindi in un futuro abbastanza prossimo), abbiamo davanti agli occhi la situazione: il numero di canali “free” è cresciuto di poco; la banda che avrebbe dovuto essere destinata, anche nei progetti governativi, ai contenuti gratuiti è stata occupata dai canali a pagamento che, malgrado le promesse, si sono materializzati e si sono moltiplicati a dismisura; quanto all’interattività, meglio tacere: il nulla, come noi avevamo largamente previsto sin da allora.
E ancora: al lancio dell’offerta a pagamento Premium, Federico Di Chio di Mediaset aveva garantito - a nostra specifica domanda – che non c’era alcuna volontà di entrare in competizione con SKY: non crediamo che la nervosa SKY di oggi sia d’accordo con questa affermazione. Sempre Mediaset ci aveva “condito” con slogan seducenti come “Paghi solo quello che vedi”; e invece, come è noto, si è passati in un paio di stagioni dal modello pay per view a quello più classico pay TV ad abbonamento; addirittura con le ultime card non è possibile acquistare la partita in pay per view se non si ha un abbonamento a Premium Gallery, in perfetto modello SKY.
Allo stesso modo, la piattaforma Tivù Sat verrà spacciata come un meritorio investimento necessario per tutelare quella piccolissima parte della popolazione che resterebbe scoperta dal terrestre. Ma la banda disponibile via satellite è molto superiore a quella, limitata e disomogenea a livello nazionale, a disposizione del digitale terrestre: ogni operatore sa che una seria strategia di pay TV passa per un numero di canali elevato e una copertura nazionale che il digitale terrestre non avrà presto, ma che Tivù Sat può avere nel giro di pochi mesi, risolvendo in un botto i limiti di crescita di Mediaset Premium. Tanto più che in alcune aree, come la Campania, in cui lo spegnimento di alcuni canali analogici dovrebbe avvenire entro il 2009, la copertura terrestre ancora oggi è pressoché inesistente. Vedremo quindi presto Tivù Sat cambiare pelle, riguardare tutta Italia (anche la parte coperta dal segnale terrestre) e integrare i servizi di pay TV già presenti sul digitale terrestre con il quale condividerà la card. Giustamente i produttori di decoder si stanno attrezzando in tal senso e già si fregano le mani.
Non è uno scandalo che il progetto sia questo: anzi, accogliamo con favore una piattaforma satellitare in competizione con SKY monopolista, una novità che non potrà fare che bene ai consumatori e ai loro diritti e risistemare almeno in parte un’anomalia di abuso di posizione dominante che dura da troppi anni. Piuttosto riteniamo indegno che questi intenti vengano nascosti nella fase di lancio, così da agganciare i sostegni allo switch off e da coinvolgere l’emittente pubblica, finanziata con il canone, in un progetto che di pubblico sembrerebbe avere poco. Saranno poi gli stessi canali RAI (Uno, Due e Tre) e Mediaset (Rete 4, Canale 5 e Italia 1) a essere usati come “gancio”, visto che quasi sicuramente, con la partenza di Tivù Sat, verranno oscurati su SKY e resi disponibili solo sulla nuova piattaforma. Questo, insieme alle promesse di un’offerta iniziale totalmente gratuita, spingerà molti utenti (anche già clienti SKY) ad acquistare il ricevitore e quindi a consolidare una base installata iniziale necessaria per poter allestire una proposta pay TV di qualsiasi tipo. Che alla base di tutto ci sia una vera e propria scienza di non informare è abbastanza chiaro. L’opinione pubblica, in questa situazione, è facile da pilotare. Informare vuol dire permettere alle persone di usare la propria intelligenza, vuol dire lasciare che i cittadini possano fare i ragionamenti che abbiamo fatto in questa pagina e vivere le “nuove proposte” con consapevolezza e il giusto livello di distacco. Senza informazione il nostro mercato resterà il più stupido d'Europa, con il mix di prodotto più basso e con la più bassa propensione all’adozione di tecnologie innovative: tutti lamentano queste “tare” italiane, ma nessun operatore fa nulla per cambiare la situazione.
E, per favore, che non ci vengano ad accusare di disfattismo o “qualunquismo digitale”: la vergogna della cattiva informazione tecnologica è agli atti e davanti agli occhi di tutti. L’ultimo esempio: è iniziato il processo di spegnimento delle frequenze analogiche, con grande informazione sul fatto che basta acquistare un decoder o prendere un nuovo TV per essere a posto con le nuove trasmissioni. Ma nessuno - sottolineiamo nessuno - ha detto quello che ai più esperti è evidente: il passaggio al digitale farà buttare via milioni di videoregistratori VHS e DVD basati su tuner solo analogico; macchine che -cosa ancora più assurda - sono liberamente in vendita ancora oggi. Informare signifi cherebbe creare malcontento e bloccare la vendita dei DVD Recorder obsoleti: non ci sono vantaggi per “lor signori” e quindi non si fa. Ma almeno non facciano finta ogni volta di muoversi per il bene della collettività: non ci caschiamo più.
Gianfranco Giardina
aflettori@leditore.it
Questi sono i furbi del teatrino!....
