TV, SWITCH OFF: UN DISASTRO PREMEDITATO? LA REALTA’ DELLE TV LOCALI E NAZIONALI INDIPENDENTI NON SEMBRA ESSERE CASUALE
05/08/2010 - L'associazione CNT-TPD (Coordinamento Nazionale Televisioni - Terzo Polo Digitale) ha diffuso un pungente comunicato stampa che sintetizza il panorama attuale televisivo nel momento delicato del passaggio al digitale terrestre, che di seguito riportiamo integralmente:
Mai le televisioni locali e quelle nazionali indipendenti hanno attraversato un periodo così buio come questo, sorto all’indomani dell’avvio dello switch off. Il CNT-TPD sta portando avanti una battaglia per denunciare sottili giochi ben armeggiati dietro le quinte che vengono mascherati come provvedimenti per venire incontro agli indirizzi e alle raccomandazioni dell’Unione Europea. In realtà, paiono essere l’occasione per spezzare le reni ai piccoli e medi editori e per consentire al duopolio RAI-MEDIASET, a cui si è aggiunto di recente anche SKY, di poter dominare il nuovo mercato, forse anche in maniera più incisiva di quanto avvenuto nell’era analogica. Siamo al “trio-polio”. Le azioni infauste e gravemente lesive sono molte, troppe. Potremmo iniziare dalla cattiva gestione della transizione tecnologica, con i ritardi nella predisposizione dei tavoli tecnici, le inerzie ed inefficienze degli Ispettorati Territoriali, l’assegnazione delle frequenze digitali a pochi giorni dallo spegnimento dell’analogico, con conseguenti “oscuramenti” fisiologici riguardo ai quali i tecnici delle emittenti hanno dovuto fare salti mortali per cercare di stabilizzare la copertura nei rispettivi territori. Potremmo proseguire con il grande caos della numerazione automatica dei canali (c.d. LCN) che, priva di qualsiasi regola, ha generato enormi conflitti di attribuzione creando confusione negli utenti e totale disordine nel posizionamento con emittenti minori o appena nate in lotta con quelle di maggiore notorietà per guadagnarsi visibilità. Conseguenza: disaffezione del pubblico, perdita di audience, danni economici e di immagine. Ora arriva uno schema di normazione ma anch’esso appare “misterioso”, probabilmente studiato sottobanco in nome del conflitto di interessi, dei trust politico-industriali, di spartizioni a tutto danno di chi resta indipendente e privo di “agganci”. Sarebbero quasi pronti anche i bandi con cui verranno invitati i fornitori di servizi di media audiovisivi a presentare le domande per l’attribuzione del numero. Una storia infinita fatta per prendere tempo e “stabilizzare” il caos a tutto vantaggio dei pesci grossi.
Rimanendo in campo tecnico, c’è poi la frittata del nuovo Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze (PNAF) digitali piombato nel bel mezzo dello switch off, e che non era davvero nella scala delle priorità. Evidentemente bisognava garantire migliore qualità e copertura ai soliti incumbents, mascherando l’operazione come una mossa a garanzia della banda larga e delle telecomunicazioni (tanto raccomandate dall’UE); conseguenza, rimescolare le frequenze e costringere le tv locali e nazionali indipendenti a modificare nuovamente la loro copertura, con ampi margini di peggioramento, sia in qualità che diffusione. Paradossalmente, il MSE-Com che vantava probabili anticipi, è stato invece costretto a rinviare lo switch off nel Nord Italia posticipandolo di 40 giorni, mentre nel frattempo stanno piovendo ricorsi a go-go contro il nuovo PNAF. C’è poi il fronte economico, quello dei soldini tanto per intenderci. Premesso che lo switch off ha comportato un ingente sforzo che può dirsi “dissanguante” per la predisposizione di tutte le nuove strutture di emissione e illuminazione, poco o nulla è stato l’impegno del Governo per sostenere questo settore, anzi, si è assistito ad una progressiva chiusura dei rubinetti! Valga per tutte la cancellazione improvvisa e senza preavviso delle provvidenze (rimborsi spese telefoniche, agenzie di informazione e dei costi dell’energia elettrica), e la previsione della riduzione dei contributi (ex Legge 448/1998); non parliamo, poi, dei ritardi cronici con cui vengono liquidati quelli degli anni addietro, sempre per la cattiva gestione della procedura, Corecom in testa. Siamo ancora in attesa, infatti, dell’erogazione dei finanziamenti del 2008 e del bando per il 2010, che dovrebbero arrivare antro il prossimo mese (si spera). In un panorama così desolante, il Governo pare non comprendere che il comparto televisivo locale è un polmone dell’economia nazionale con circa 600 aziende e oltre 20.000 occupati. In un sistema economico proiettato verso il futuro, parte dell’Unione Europea, è impensabile che questa realtà rischi di morire. Si stima, infatti, che da questo inferno possano sopravvivere soltanto un centinaio di operatori, forse anche meno. Una previsione catastrofica contro la quale non possiamo restare indifferenti. Ridurre i costi dello Stato non significa tagliare senza un preciso piano di impatto economico. Accanirsi contro la tv minore, l’informazione e la cultura, come sta accadendo, è sintomo di un cancro nella gestione della macchina statale che falsamente di professa moderna e liberale. Per questo il CNT-TPD proseguirà il suo impegno e la sua battaglia in nome del pluralismo e della libera (vera) concorrenza.
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